Cambia la scadenza, ma non il risultato: anche il Btp a 30 anni ha registrato un massiccio eccesso di domanda il 16 febbraio: 26,5 miliardi di euro di richiesta per 5 miliardi collocati, che si traduce in un bid to cover di 5,3. L’emissione annunciata appena il giorno precedente, come avviene per le scadenze così lunghe, è stata principalmente assorbita dagli investitori istituzionali, che porteranno a casa una cedola annua del 4,5% appena al di sopra di quella offerta dal titolo decennale (rendimento 4,334% a fine giornata del 16 febbraio). Per un investitore al dettaglio che punta a detenere il titolo fino a scadenza 30 anni sembrano un’eternità, meno per assicurazioni o fondi pensione che mettono in cascina il rendimento gestendo portafogli a lunghissimo orizzonte.
La durata più lunga del titolo decennale e anche un pur minimo aumento nel rendimento, potrebbe offrire qualche performance in più nel caso di una liquidazione anticipata dell’obbligazione – in seguito all’atteso abbassamento dell’inflazione e dei tassi, in quanto i titoli obbligazionari aumentano di prezzo in modo inverso rispetto al loro rendimento. Come affermato da numerosi gestori ed analisti, la finestra d’opportunità per approfittare di un picco nei rendimenti ha reso i titoli di Stato l’asset class più gettonata nei portafogli professionali a inizio 2023. In questo ambito, i Btp sono fra i titoli più allettanti come rendimento fra quelli delle economie avanzate.
Banche e fund manager in prima fila per il Btp
L’ultima emissione è stata partecipata da circa 200 investitori: la maggiore quota del collocamento, ha fatto sapere il ministero dell’Economia e delle finanze, è stata sottoscritta dalle banche (40,4%), mentre i fund manager ne hanno sottoscritto il 24%. “Gli investitori con un orizzonte di investimento di lungo periodo”, ha aggiunto il Mef, “hanno acquistato una rilevante quota dell’emissione pari al 28,7% (in particolare il 10,5% è andato a fondi pensione e assicurazioni, mentre il 18,2% è stato allocato a istituzioni governative)”.
Più che all’ottica di lungo termine, ma alla speculazione sul rientro dei rendimenti nei prossimi mesi avranno pensato gli hedge fund, cui è andato il 6,5% dell’emissione del Btp a 30 anni. E’ un’operazione che potrebbe essere imitata anche da un investitore individuale? Il taglio minimo di questo Btp, pari a 1.000 euro come per tutti gli altri Buoni del Tesoro, lo rende accessibile eventualmente anche sul mercato secondario, a partire dalla data di emissione del 23 febbraio (Isin IT0005534141).
Per quanto riguarda la distribuzione geografica, il Btp a 30 anni ha riscosso un notevole successo anche all’estero, cui è andato il 57,3% dell’importo collocato, con particolare rilevanza del “Regno Unito (17,7%), Germania, Austria e Svizzera (9,6%), penisola iberica (7,2%), paesi scandinavi (6,1%), Francia (5,9%), Grecia (5,2%), Benelux (1,3%)”. In Nord America è andato il 3,1% e un marginale 1,2% è stato collocato ad altri investitori non europei.
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Btp e titoli di Stato, i prossimi appuntamenti in calendario
Le emissioni di titoli di Stato Italiani proseguiranno con le scadenze brevi (Btp Short) e i Btp€i indicizzati all’inflazione europea il 22 febbraio, mentre il 23 sarà il turno dei Bot e il 24 è in calendario l’asta di medio-lungo. Il momento più sponsorizzato per gli investitori ad dettaglio, annunciato con circa un mese di anticipo, è quello del nuovo Btp Italia indicizzato all’inflazione del Paese: il titolo sarà in collocamento al dettaglio fra il 6 e l’8 marzo.
Come affermato in un precedente approfondimento, l’opportunità di acquistare il Btp ancorato all’inflazione varia in base al futuro andamento dei prezzi (non agli aumenti, assai pesanti, ormai acquisiti). Scegliere la cedola fissa, nel caso vi fosse un ribasso dell’inflazione sui livelli attesi dal mercato sarebbe più conveniente. In un portafoglio diversificato, un bond che aumenta la cedola in relazione all’andamento dei prezzi può essere considerato un modo per riparare il risparmio da aumenti inattesi dell’inflazione.