Il costo dell’energia in aumento è un fardello per le imprese caratterizzate da elevati consumi di elettricità. Nel 2019, l’industria ha rappresentato il 22,7% dei consumi energetici italiani. Ma quali sono i settori più esposti all’aumento delle bollette? Secondo Enerdata, a livello comunitario quello della produzione dei metalli primari è il settore a maggiore intensità energetica, in quanto “richiede circa 27 volte più energia per produrre un’unità di valore aggiunto rispetto all’industria che produce macchinari” utilizzata come metro di paragone. “L’industria dei minerali non metallici è 17 volte più energy-intensive di quella dei macchinari e l’industria della carta lo è di 16 volte”, ha affermato Enerdata.
La recente impennata dei costi energetici a seguito dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia rappresenta una minaccia per la competitività europea e tedesca, ha dichiarato Thomas Toepfer, il direttore finanziario di Covestro, una multinazionale chimica basata a Leverkusen (Germania), citato dall’agenzia Dow Jones. “L’attuale livello dei costi energetici è una minaccia per la competitività delle industrie ad alta intensità energetica. Con un aumento dei prezzi dell’energia di otto o dieci volte, questa è una minaccia”.
I due settori più energivori in Borsa: siderurgico e chimico
Vediamo come questi settori, che potrebbero subire nuovi contraccolpi dovuti alla crisi energetica, hanno attraversato in Borsa questo 2022.
A livello europeo, le azioni dell’indice STOXX Europe Total Market Industrial Metals hanno registrato una performance particolarmente negativa a giugno, che ha in qualche modo ridimensionato una buona resistenza alle perdite generali dell’azionario osservate quest’anno. Da inizio 2022, il settore è in calo del 3,37% (lo Stoxx 600 nello stesso periodo è negativo per oltre il 14%), ma con un calo del 20% circa nel solo periodo compreso fra il 7 giugno e il 30 agosto.
Una dinamica simile si osserva anche nell’indice settoriale dell’industria siderurgica americana. Il NYSE American Steel Index contiene le perdite da inizio anno all’1,9% (contro un rosso dell’S&P 500 del 16,4%). Tuttavia, se si restringe lo sguardo agli ultimi 3 mesi l’indice siderurgico ha ceduto il 15,4%, contro il 3,5% dell’S&P 500.
L’industria chimica europea, riassunta nell’indice Stoxx Chemicals, mostra una performance da inizio anno negativa del 15,85%, superiore alla media del mercato e in parabola nuovamente calante da metà agosto in poi.
In America, il Dow Jones U.S. Chemicals Index vede un rosso del 12,54% da inizio anno, ma una perfomance inferiore a quella della media del mercato negli ultimi tre mesi (-9,3%).