L’analisi dei risultati suggerisce che la gestione attiva dei fondi d’investimento fatta dalle macchine rende di più di quella “umana”
Resta ancora da compiere il passo più importante per l’investitore finale: riuscire a battere il mercato, un compito che finora nemmeno l’IA è riuscita a realizzare
L’intelligenza artificiale è l’innovazione più calda del momento: dopo l’exploit di ChatGpt non si fa che parlare di come usarla per potenziare i business più disparati, si discute di come e quando sarà in grado di sostituire lavori fino ad oggi svolti dagli esseri umani. E mentre in molti si chiedono già su quali azioni investire per approfittare degli sviluppatori di IA più promettenti non si pensa che, già da qualche anno, l’intelligenza artificiale questo mestiere già lo fa: lo stock picking, la selezione delle azioni “vincenti”. I fondi d’investimento che sfruttano l’intelligenza artificiale per la definizione e l’esecuzione della loro strategia quali risultati hanno ottenuto?
Le premesse perché l’IA diventi un’acerrima contendente per i gestori di fondi umani, del resto, non mancano. Analizzare bilanci, notizie, valori di mercato sono tutte operazioni basate su fonti pubblicamente consultabili e analizzabili in modo sistematico. Una macchina, in teoria, potrebbe aver già trasformato in ordini di acquisto e vendita le ultime novità dell’universo investibile, prima ancora che un gestore umano abbia finito il suo caffè. Gli ulteriori sviluppi dell’intelligenza artificiale fanno immaginare un suo sempre più vasto utilizzo in questo campo. Ma, già oggi, alcune ricerche accademiche hanno mostrato che l’intelligenza artificiale può battere i gestori di fondi umani sul loro terreno: quello delle performance.
Uno degli studi più recenti “Man Versus Machine: On Artificial Intelligence and Hedge Funds Performance“, pubblicato nel 2022 sulla rivista scientifica Applied Economics, ha preso in esame le performance di 826 hedge fund attivi in Nord America e focalizzati sull’asset class azionaria nel periodo compreso fra il 2006 e il 2021. Il gruppo di ricercatori finlandesi e statunitensi hanno suddiviso il campione (estratto dai dati Preqin) in quattro categorie di crescente automazione: da quelli esclusivamente “umani” a quelli che fanno maggiormente leva sull’intelligenza artificiale. A quest’ultimo gruppo appartengono 36 fondi, definiti come fondi nei quali “viene dato semplicemente un input e un risultato desiderato, il modello determina il miglior corso d’azione attraverso una funzione matematica“.
Questo approccio basato in modo più spinto sull’IA è riuscito, nel corso del periodo di osservazione, a generare un rendimento medio dello 0,75% al mese, contro lo 0,25% realizzato dai fondi puramente a gestione umana: mezzo punto in più al mese. Più nel dettaglio la strategia guidata dall’IA genera “un risultato significativo statisticamente nella forchetta dei 50-56 punti base al mese”. I fondi puramente umani, in questo studio, non sono stati nemmeno i peggiori: in modo forse un po’ inaspettato gli hedge fund che hanno deluso di più sono quelli che sfruttano l’intelligenza artificiale solo in parte, ma lasciano il controllo finale delle decisioni all’uomo.
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L’IA può battere gli umani, ma non il mercato (almeno per ora)
Non è l’unica ricerca ad aver mostrato un chiaro vantaggio dell’IA nel mestiere dello stock picking. Un altro studio pubblicato lo scorso giugno su Finance Research Letters, “Do AI-powered mutual funds perform better?“, aveva concluso che “i fondi AI-powered non sovraperformano il mercato di per sé”, ma “fanno significativamente meglio delle loro controparti gestite da umani”. I dati utilizzati hanno preso in esame fondi comuni Usa nel periodo compreso fra il 2009 e il 2019.
Alla base di questo confronto vincente per i fondi la cui strategia viene definita dalle macchine ci sono i minori costi di transazione, una migliore selezione dei titoli azionari e una ridotta esposizione ai preconcetti comportamentali. In altre parole le macchine sono più razionali degli uomini e, come spesso viene raccontato, le emozioni sono statisticamente deleterie sulle performance di portafoglio.
Al netto dei costi, i fondi comuni basati sull’intelligenza artificiale, in questo secondo studio, hanno sovraperformato quelli “umani” del 5,8% all’anno – un dato sostanzialmente allineato ai risultati della precedente ricerca (48 punti base di sovraperfomance mensile, contro 50-56). E’ un vantaggio notevole che dovrebbe facilmente far propendere i clienti per i fondi basati sull’IA rispetto ai tradizionali fondi a gestione attiva umana.
Resta comunque il fatto forse più importante per l’investitore finale: nemmeno l’intelligenza artificiale, finora, è riuscita laddove gli umani hanno, sulla lunga distanza, sempre fallito: battere la media del mercato.