Le blue chip dell’Ibex 35 hanno riportato la percentuale più elevata di risoluzioni retributive contestate dagli azionisti, con il 60,6% contro il 45,5% del 2020
Secondo Daniele Vitale di Georgeson, lo scorso anno gli investitori hanno concesso alle società un certo margine di manovra sugli stipendi spinti dalla situazione contingente
Secondo Daniele Vitale, head of governance Uk and Europe di Georgeson, gli investitori hanno infatti concesso alle società un certo margine di manovra sulle retribuzioni lo scorso anno, spinti dal complesso contesto contingente (quella pandemico) che stavano affrontando. Ma nel 2021 la situazione si è capovolta, con un gran numero di gestori patrimoniali pronti ad assumere posizioni più dure per il timore di uno scollamento tra il modo in cui le aziende trattavano i dirigenti e il modo in cui consideravano azionisti e altre parti interessate.
Jean-Philippe Desmartin, head of responsible investment di Edmond de Rothschild asset management, ha spiegato al Financial Times come gli investitori desiderassero una maggiore trasparenza sul fronte degli stipendi dei dirigenti, soprattutto nei settori in cui i prezzi delle azioni hanno maggiormente sofferto. Blackrock, invece, ha punito le aziende che hanno apportato modifiche alle metriche di valutazione delle performance precedentemente concordate al fine di gonfiare stipendi e bonus (concessi, quindi, anche quando gli obiettivi finanziari venivano mancati). La società, spiega il quotidiano economico-finanziario britannico, ha votato contro il management sul 33% delle proposte “say-on-pay” (uno strumento di controllo degli azionisti e degli stakeholder; letteralmente “dichiara lo stipendio”, si legge sul sito di Borsa Italiana, indica il tentativo di introdurre maggiori forme di trasparenza sulle retribuzioni di varia natura dei manager di società pubbliche e private, ndr) in Europa nei 12 mesi fino a giugno, contro il 26% dell’anno precedente.