Le banche italiane hanno completato la pubblicazione dei risultati del 2024 e il mercato ha accolto bene non solo i conti, ma anche la prospettiva che si possano completare le acquisizioni messe sul piatto dall’inizio dell’anno. Complessivamente, le prime cinque banche (Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banco Bpm, Bper e Mps) hanno incrementato gli utili dello scorso anno di un ulteriore 7%, arrivando a un totale record di 23,7 miliardi di euro.
Oltre ad annunciare grandi manovre di M&A, molti istituti si sono impegnati a migliorare la remunerazione offerta agli azionisti: Banco Bpm ha annunciato un payout cash dell’80%, in salita dal 67%, e distribuzioni straordinarie per 1 miliardo di euro. Bper Banca prevede di distribuire il 75% degli utili, rispetto al 61% distribuito nel 2024. Mps ha proposto di passare dal 50% al 75% e Pop Sondrio dal 55% al 63%. Al gruppo si aggiunge anche Unicredit, che però aumenterà solo il payout per la parte relativa ai dividendi (e non i buyback), portando la quota dal 40% al 50% degli utili.
Ad eccezione di Mps, tutte le maggiori banche italiane hanno battuto con ampio margine le performance dell’indice Ftse Mib, con Pop Sondrio (nel mirino di Bper) e Unicredit a brillare di più – con performance superiori al 30% da inizio anno.
Eppure, con il calo dei tassi in corso da parte della Banca centrale europea, il settore dovrebbe andare incontro a una fisiologica riduzione degli utili prodotti dalla principale voce di attivo, il margine d'interesse. Gli effetti di questo processo si sono già visti nel quarto trimestre, ha ricordato in un rapporto Morningstar Dbrs: l’utile combinato delle top 5 è calato del 10% rispetto al trimestre precedente, se si escludono le poste straordinarie, attestandosi a 4,3 miliardi di euro. Mentre il margine d'interesse si comprime (-1% fra terzo e quarto trimestre), con un minor divario fra costi di raccolta e ricavi sui crediti, il rallentamento economico europeo invita le banche ad aumentare gli accantonamenti, in attesa di un incremento delle insolvenze. Per il momento, però, il rapporto fra crediti deteriorati lordi e totale crediti è ulteriormente calato al 2,7%.
L'ipotesi che le banche italiane possano continuare a macinare utili anche con tassi più contenuti sarebbe rafforzata dalle operazioni di acquisizione, alcune delle quali fortemente orientate a espandere le entrate derivanti da altri servizi, come asset e wealth management. Un esempio è l’operazione di Banco Bpm sul gestore patrimoniale Anima, rilanciata dal Cda con un aumento dell'offerta a 7 euro ad azione, che il 28 febbraio sarà sottoposta all'assemblea degli azionisti.
“Il 2024 è stato un altro anno eccezionale per il settore bancario italiano, grazie a un contesto dei tassi più favorevole del previsto, alla crescita dei depositi e alla solidità della qualità degli attivi”, hanno commentato gli analisti di Scope Ratings in una nota. “Tuttavia, replicare questi risultati in uno scenario di tassi in calo e con limitate opportunità di crescita dei prestiti sarà sempre più difficile”.
Le banche italiane, come testimoniato in varie conference call, puntano a convincere gli analisti sul fatto che, con il margine d’interesse in declino, altre fonti di ricavo continueranno a portare linfa (e remunerazione). Da un lato, le commissioni sul wealth management e sulle polizze, dall'altro le maggiori entrate delle attività di trading e la crescita dei depositi, che riduce la necessità di finanziamento tramite emissioni obbligazionarie. Basterà a mantenere intatti gli utili record raggiunti?
M&A e commissioni per "sconfiggere" la Bce
“Il principale rischio”, afferma Scope, “è rappresentato da un possibile taglio dei tassi Bce più rapido del previsto”. Alcune previsioni sul tasso finale cui potrebbe tendere la Bce arrivano a scontare fino ad altri cinque tagli rispetto ai livelli attuali, come anticipano gli analisti di Bank of America. Se questo dovesse verificarsi, sarebbe proprio per evitare un rallentamento economico che, di norma, va di pari passo con un incremento delle insolvenze e delle perdite sui crediti. In questo scenario, le banche perderebbero sia margini sia entrate sui crediti in essere più esposti. Anche se la condizione di partenza è vicina a essere quella ideale, con utili record e crediti deteriorati molto bassi.
A questi fattori si aggiunge una solidità patrimoniale media (Cet 1 fully loaded) del 15,5%, elevata e in crescita annua di 40 punti base. Secondo Scope, però, non bisogna dimenticare che “la fase di implementazione del buffer di rischio sistemico potrebbe comportare un incremento dei requisiti di capitale di circa 58pb per il campione analizzato”. Anche qui, si tratterebbe di capitale da mettere in cascina e non più utilizzabile per remunerare gli azionisti o per fare nuove acquisizioni. Tutte ragioni che spingono gli analisti dell'agenzia di rating a mantenere una certa cautela sulle prospettive del settore.
Per far funzionare il piano delle banche italiane, però, la ricetta sembra chiara: acquisizioni, che fanno rima con economie di scala e tagli ai costi; e commissioni, con un prevedibile sforzo di trasformare conti correnti e conti deposito raccolti dalla clientela in prodotti di risparmio gestito che generano entrate ricorrenti e non esposte all'andamento dell'economia italiana.