- Finint Private Bank: “C’è stato un tempo in cui bastava dire America per evocare Silicon Valley, Nasdaq, dollaro forte e leadership globale. Oggi quel tempo sembra un po’ meno eterno”
- La vicenda DeepSeek, la startup cinese che ha recentemente scosso i mercati mondiali con il suo modello di intelligenza artificiale a basso costo, ha acceso i riflettori sull’avanzata di Pechino nel campo dell’innovazione
Le azioni americane continuano ad attraversare una fase di incertezza, nonostante diversi tentativi di rilancio: da inizio anno l’S&P 500 è in calo del 4,83%, il Nasdaq del -10,05%, il Dow Jones dell’1,84%. Il tutto mentre, tra i corridoi di Wall Street, inizia a serpeggiare una domanda: il cosiddetto “eccezionalismo americano” è giunto al capolinea? E, se così fosse, chi erediterà il trono e come ricalibrare i portafogli?
La leadership americana è in crisi
A fornire una prima risposta è il team di analisti di The Lighthouse, il nuovo ufficio studi di Finint Private Bank specializzato in analisi e ricerca sugli scenari economici e di mercato. “C’è stato un tempo in cui bastava dire America per evocare Silicon Valley, Nasdaq, dollaro forte e leadership globale. Oggi, quel tempo sembra un po’ meno eterno”, scrivono gli analisti, approfondendo quella che viene definita come la possibile “fine di un mito”. Indizi della crisi della leadership statunitense sembrerebbero emergere da tre fronti: quello tecnologico, quello fiscale e monetario e infine quello geopolitico.
La rimonta della Cina sull’Ai
Partiamo dal tech. La vicenda DeepSeek, la startup cinese che ha recentemente scosso i mercati mondiali con il suo modello di intelligenza artificiale a basso costo, ha acceso i riflettori sull’avanzata di Pechino nel campo dell’innovazione. “La Cina non solo insegue, ma talvolta sorpassa”, affermano gli analisti della banca private, citando l’Ai ma anche l’hardware quantistico e le auto a guida autonoma. Parallelamente, gli Usa stanno attraversando “una fase del ciclo in cui la politica monetaria della Federal Reserve non è ancora espansiva e tantomeno quella fiscale”, continuano gli analisti. Intanto, sullo sfondo, le conseguenze della guerra dei dazi restano “ancora tutte da esplorare”, avvertono.
“Ma il punto più trascurato – e forse più cruciale – è quello dei flussi finanziari globali. Per oltre un decennio, gli Usa hanno beneficiato di una straordinaria pioggia di capitali”, affermano i ricercatori. Ora, invece, iniziano a emergere segnali contrastanti: non di una fuga, rassicurano, ma di un rallentamento. E a tornare nel radar degli investitori sembrerebbe essere proprio la Cina. “Pechino sta giocando una partita diversa, fatta di stimoli mirati, ristrutturazioni settoriali e punti d’ingresso selettivi per il capitale estero”, sottolineano gli analisti. Ricordando ancora una volta il focus tecnologico. “Semiconduttori, Ai, cloud, green tech, auto. Lì si gioca il futuro, lì gioca la sua partita politica anche Xi Jinping, che sta riabilitando tutta l’élite tecnologica di casa senza la quale ha capito di non farcela. E lì stanno tornando anche i flussi degli investitori”, si legge nell’analisi.
Come investire con l’America in tilt
Questo scenario, secondo l’ufficio studi di Finint Private Bank, richiede innanzitutto una revisione del portafoglio dal punto di vista geografico. “L’Europa torna a contare, con asset locali che beneficiano di stimoli fiscali e di uno scenario a medio termine più favorevole. Anche la Cina non è più un tabù”, scrivono gli analisti, suggerendo tra l’altro di diversificare le fonti di crescita. “Non più solo Silicon Valley, ma anche Defence Valley (in Europa), Green Valley (in Asia) e magari Ai Valley in arrivo dalla Cina”. Ad approfondire il tema è anche una recente ricerca di Morningstar, secondo cui la sovraperformance delle azioni statunitensi degli ultimi 17 anni trova la sua principale spiegazione proprio nell’eccezionalismo americano. Ma tali tendenze, rivela l’analisi, raramente sono permanenti.
“Ignorare la diversificazione internazionale comporta il rischio di perdere potenziali vantaggi”, avvertono da Morningstar, evidenziando come le nazioni europee stiano attuando una serie di riforme fiscali e normative che potrebbero stimolare crescita economica e utili aziendali, innescando potenzialmente una rivalutazione delle azioni internazionali. “Una loro ponderazione in base alla capitalizzazione di mercato offre un punto di partenza ragionevole per mitigare il rischio e cogliere potenziali opportunità oltre i confini statunitensi”, si legge nell’analisi della società di rating.
Le prospettive per l’euro-dollaro
Sul fronte valutario infine, per gli esperti di Finint Private Bank l’era della supremazia del dollaro potrebbe essere a sua volta al capolinea. Come ricordato durante l’ultima puntata di Weekly Bell, la trasmissione di We Wealth che ogni lunedì mattina fa il punto sui mercati finanziari e gli appuntamenti macroeconomici della settimana, l’inizio del 2025 ha smentito molte delle previsioni di mercato formulate verso la fine dello scorso anno, tra cui proprio quelle sul dollaro: si credeva infatti che il protezionismo americano avrebbe sostenuto il dollaro, invece l’indice del biglietto verde è in calo. “La dinamica dollaro-euro potrebbe cambiare pelle”, concludono di conseguenza gli analisti della banca private.