- I mercati azionari statunitensi sono estremamente concentrati: colossi come Apple, Microsoft e Nvidia superano anche interi indici europei come il Dax tedesco e il Ftse 100 britannico
- Falkencrone: “Non significa abbandonare completamente le azioni statunitensi, ma ampliare l’orizzonte di investimento, costruendo un portafoglio più equilibrato e resiliente per il futuro”
Le trattative sui dazi, tra le grandi economie mondiali, tornano sotto i riflettori dei mercati. Per l’Unione europea, in particolare, si avvicina la deadline del 9 luglio. Come riportato da Bloomberg, Donald Trump non intenderebbe estendere la scadenza. Dopo la nervosa distensione tra Stati Uniti e Cina, nel terzo trimestre dovrebbero quindi concretizzarsi gli accordi commerciali con gli alleati “tradizionali” di Washington: l’Europa, appunto, ma anche il Giappone. In questo contesto, secondo l’ultimo outlook trimestrale di Bg Saxo, i rischi di recessione oltreoceano sono destinati ad aumentare nel secondo semestre, in parte a causa di un rallentamento post-dazi dopo la corsa pre-dazi nel primo e all’inizio del secondo trimestre. Lo scenario di base degli analisti della società danese stima una lieve recessione nella seconda metà dell’anno. Ma cosa significa per chi ha Wall Street in portafoglio?
Wall Street: record di concentrazione
“La volatilità registrata all’inizio di quest’anno, in particolare a seguito delle brusche oscillazioni di mercato di aprile innescate dagli annunci dei dazi di Trump, offre un punto di controllo ideale per rivalutare la propria strategia di investimento”, sostiene Jacob Falkencrone, head of investor content di Bg Saxo. Attualmente, i mercati azionari statunitensi mostrano un livello di concentrazione mai osservato prima. Basti pensare che le cosiddette “Magnifiche 7” (Meta, Tesla, Alphabet, Amazon, Apple, Microsoft e Nvidia) rappresentano il 32% dell’indice S&P 500. “Per illustrare ulteriormente questa concentrazione, queste sette società superano collettivamente l’intero mercato azionario europeo”, aggiunge Falkencrone.
Singolarmente, colossi come Apple, Microsoft e Nvidia superano anche interi indici europei come il Dax tedesco e il Ftse 100 britannico. “Una concentrazione senza precedenti che aumenta significativamente i rischi di investimento per coloro che sono eccessivamente esposti a queste poche mega-cap statunitensi”, osserva l’analista. “Inoltre, l’ampio posizionamento degli investitori nelle Magnifiche 7 significa che durante fasi di stress del mercato o accresciuta volatilità, questi titoli diventano spesso i principali candidati per la vendita. L’ovvia conseguenza è che i portafogli con un’esposizione significativa a questi titoli possono subire fluttuazioni amplificate durante le turbolenze di mercato”, avverte Falkencrone.
L’indebolimento del dollaro Usa
C’è poi la questione dell’indebolimento del dollaro. Come approfondito da We Wealth, nel primo semestre il biglietto verde si è deprezzato a una velocità che non si osservava dal 1973, arrivando intorno a 1,17 sull’euro. Secondo Bg Saxo, la debolezza del dollaro continuerà fino alla fine dell’anno. Più precisamente, stima un cambio euro-dollaro a 1,25 entro dicembre, in linea con le previsioni condivise nell’ultimo Global Fx Trader di Goldman Sachs. “Questo riduce direttamente i rendimenti delle partecipazioni statunitensi per gli investitori europei, aggiungendo un ulteriore livello di complessità e rischio”, dice Falkencrone. “Al contrario, un dollaro più debole rappresenta un significativo fattore positivo per le azioni dei mercati emergenti”, spiega l’esperto.
Perché i mercati emergenti?
Storicamente, le azioni dei mercati emergenti sembrerebbero beneficiare del deprezzamento del dollaro, con il miglioramento della competitività, l’aumento degli afflussi di investimenti esteri e l’allentamento degli oneri del debito. “Diversi mercati emergenti offrono un notevole potenziale di crescita a valutazioni interessanti, circa 13 volte gli utili a termine”, aggiunge Falkencrone. “Paesi come India, Brasile, Indonesia e Messico hanno economie interne solide, un miglioramento dello slancio degli utili e valute sempre più stabili”.
Le prospettive per l’Europa
Altro caso quello delle azioni europee, che quest’anno hanno sovraperformato i mercati statunitensi: sebbene il gap si sia assottigliato, nel momento in cui l’articolo viene scritto l’Euro Stoxx 50 è in rialzo del 7,47% da inizio anno, a fronte del 7% dell’S&P 500. “L’Europa sta subendo lo stimolo fiscale più espansivo degli ultimi decenni, guidato dall’ambiziosa iniziativa tedesca per le infrastrutture e la modernizzazione da 500 miliardi di euro. Questo investimento strutturale pluriennale non è ancora completamente scontato dai mercati, il che offre un’interessante finestra di opportunità”, afferma Falkencrone.
Azioni europee: i settori da monitorare
Focalizzandosi sui singoli settori, l’analista evidenzia come infrastrutture, attrezzature industriali, costruzioni, energie rinnovabili e difesa restino nel mirino. “L’ambiziosa spesa per le infrastrutture della Germania avvantaggia fortemente i suoi leader industriali e dell’automazione, mentre lo slancio economico dinamico della Spagna e il fiorente settore bancario e delle energie rinnovabili presentano interessanti punti di ingresso. L’Italia offre valutazioni interessanti nei settori finanziario, delle utility e delle costruzioni, sostenute dal miglioramento dei fondamentali economici e da investimenti fiscali mirati”, conclude l’esperto.