- Nel primo semestre il dollaro si è deprezzato a una velocità che non si osservava dal 1973, arrivando intorno a 1,17 sull’euro
- È stallo alla Camera sul “One big beautiful bill”, il maxi-disegno di legge su tasse e spesa pubblica patrocinato da Trump
Prima la guerra dei dazi avviata da Donald Trump e il suo continuo andirivieni, che hanno alimentato l’incertezza sull’economia americana. Poi il confronto (ancora aperto) tra il tycoon e il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, sulle sforbiciate ai tassi d’interesse. Fino al via libera del Senato Usa al “One big beautiful bill”, il disegno di legge fiscale e di spesa che contiene tutte le priorità di politica interna del tycoon, a partire da un robusto taglio delle tasse. Sono solo alcuni dei fattori all’origine della caduta del dollaro, che nel primo semestre si è deprezzato a una velocità che non si osservava dal 1973, arrivando intorno a 1,17 sull’euro. Quello a cui stiamo assistendo, secondo Gabriel Debach, market analyst di eToro intercettato da We Wealth, è in realtà un “graduale processo di erosione del dominio del dollaro”.
La rimonta dell’euro sul dollaro
Secondo i dati dell’Atlantic Council, la quota del biglietto verde nelle riserve globali è di fatto scesa sotto il 57%. In molti indicatori, dai pagamenti cross-border alla composizione del debito sovrano, si registrano tra l’altro segnali di de-dollarizzazione selettiva. “Non è un caso che la forza dell’euro oggi coesista con una debolezza implicita del dollaro. Più che un cambio forte, l’euro-dollaro riflette una perdita di egemonia sistemica: il centro si sposta, i flussi si diversificano, le riserve si riposizionano”, afferma Debach. “Non un crollo improvviso. Ma un’erosione lenta, metodica, strategica”.
Il Dollar index scivola a 97 punti
L’indice del dollaro ponderato sul commercio globale è sceso a 114,91, sulla media mobile a 50 mesi. L’indice verso le economie avanzate è tornato ai minimi dal 2022. Quello verso i mercati emergenti è sui minimi dallo scorso agosto, in calo del 5% da inizio anno. Il Dollar index ha rotto invece al ribasso la soglia dei 97 punti. “Il biglietto verde perde slancio proprio mentre nuove potenze, e le loro banche centrali, diversificano le riserve. E non lo fanno solo verso l’euro. Lo fanno, soprattutto, verso l’oro”, sostiene l’analista.
L’effetto del Big beautiful bill
Intanto, dopo un travagliato percorso al Senato, è stallo alla Camera sul “One big beautiful bill”, il maxi-disegno di legge su tasse e spesa pubblica patrocinato da Trump. I repubblicani dovrebbero comunque avere i numeri per far passare la manovra ma, nel momento in cui questo articolo viene scritto, non hanno ancora trovato la quadra. Secondo Debach, il passaggio alla Camera non dovrebbe cambiare la sostanza, ma la reazione del mercato resta inequivocabile. “Quello che sulla carta dovrebbe essere uno stimolo pro-crescita viene letto non come slancio, ma come squilibrio”, afferma l’analista. “La curva dei Treasury tiene, ma il dollaro no. Perché in gioco non c’è più solo l’equilibrio macro, c’è la fiducia sistemica”, dice l’esperto.
Debach: “Il dollaro non è più una bussola”
Per l’analista il biglietto verde avrebbe smesso di essere una bussola. “Non segue più il differenziale dei tassi. Ignora i fondamentali monetari. È diventato un termometro della fiducia o della sua erosione. E, oggi, la fiducia scricchiola”, dichiara Debach, spiegando come le pressioni restino orientate al ribasso ma si sottovaluta il potenziale di ritorni tattici legati alla combinazione tra dazi selettivi, reshoring industriale e resilienza del ciclo interno. “Anche perché, in un mondo senza ancore solide, il dollaro resta il centro di gravità finanziario. Più fragile, più discusso, ma ancora dominante”, le parole dell’analista.
Goldman Sachs: euro-dollaro a 1,25 nel 2025
Intanto, in Europa la spesa pubblica cresce, i vincoli di bilancio si allentano e le regole fiscali diventano materia negoziale. “Per ora, è la narrazione americana ad avere il ritmo, il tono e la scena, ma i mercati osservano entrambi. E la politica fiscale globale è sotto esame”, dice Debach. Nel suo ultimo Global Fx Trader, Goldman Sachs stima un cambio euro-dollaro a quota 1,25 nel 2025. Secondo Debach, se l’euro-dollaro dovesse superare quota 1,20, non sarebbe soltanto un breakout tecnico ma “il segnale di un nuovo equilibrio valutario globale che si sta formando lentamente: una Bce fragile ma stabile, un dollaro in ritirata, un’Asia che esporta deflazione, un’Europa che, nonostante tutto, torna ad attrarre flussi come porto sicuro secondario”.
In realtà, non è la prima volta che assistiamo a una dinamica simile. Anche sotto la prima amministrazione Trump, il cambio euro-dollaro aveva già registrato un rally poderoso: tra luglio 2017 e febbraio 2018 l’euro si era apprezzato di oltre il 20%, spingendosi fino in area 1,26. “La scintilla? L’escalation commerciale tra Stati Uniti e Cina. Oggi, con Trump tornato in campo e lo spettro di nuovi dazi unilaterali all’orizzonte, ma non solo, il mercato sembra riconoscere un pattern familiare. Non è solo una questione di flussi: è memoria. E quella memoria oggi lavora contro il biglietto verde”, afferma Debach.
Cosa significa per gli investitori europei
Questo scenario implica che il cambio è tornato a contare: chi produce in euro e vende in dollari vede i margini contrarsi, ma anche per chi investe in asset statunitensi c’è un doppio colpo di cui tenere conto. “Il primo è evidente: la performance dei titoli Usa, se riportata in euro, si assottiglia. Il secondo è più sottile, ma non meno rilevante: un dollaro debole riduce la sua funzione di porto sicuro. E obbliga a ripensare la diversificazione valutaria non solo come opportunità, ma come difesa”, dice l’analista. Poi conclude: “Di qui una regola che resta sempre valida, ma oggi più che mai urgente: diversificare non solo per settori o strumenti, ma anche per valute e geografie. Perché quando il centro perde forza gravitazionale, è l’intero sistema a dover ricalibrare le sue orbite”.
Domande frequenti su Euro-dollaro, la caduta del biglietto verde continuerà? Gli scenari
Nel primo semestre, il dollaro si è deprezzato rispetto all'euro a una velocità che non si vedeva dal 1973, arrivando a circa 1,17 sull'euro.
Goldman Sachs prevede che il cambio euro-dollaro raggiungerà 1,25 nel 2025.
Il 'One big beautiful bill' è un maxi-disegno di legge su tasse e spesa pubblica promosso da Trump. Attualmente, la sua approvazione è in stallo alla Camera.
La guerra dei dazi avviata da Donald Trump e il suo 'andirivieni', insieme al confronto tra Trump e il presidente della Federal Reserve, Jerom, hanno alimentato l'incertezza sull'economia americana.
Debach afferma che 'il dollaro non è più una bussola', suggerendo una perdita di affidabilità o prevedibilità del dollaro come indicatore economico.