Dall’Economist a Bloomberg: la stima per l’attuale premier italiano è grande. Al punto che difficilmente spostare l’attuale equilibrio potrà apportare miglioramenti alla direzione politica del Paese, affermano i principali media stranieri
Fra le due possibili alternative, prevale il sostegno verso l’elezione di Mario Draghi come presidente della Repubblica, anche se questo potrebbe condurre a un governo più debole ed, eventualmente, a elezioni anticipate
“Ha guidato la ripresa da una profonda recessione. Ha messo in atto rigidi protocolli contro il coronavirus, rimanendo popolare per tutto il tempo. Ha dato all’Italia, nota per la sua instabilità politica, uno dei governi più stabili d’Europa”, ha scritto il Washington Post nei giorni a ridosso dell’elezione del presidente, “ma si scopre che la dipendenza dell’Italia da Draghi ha un lato negativo: tutto ciò che serve per ravvivare il caos politico è la speculazione sul fatto che potrebbe non rimanere a lungo in carica”. Il caos politico, in effetti, non ha tardato a manifestarsi – dopo giorni dominati dalla possibile candidatura dell’ex premier Silvio Berlusconi al Quirinale.
“Il governo di Draghi ha iniziato bene nell’attuazione delle riforme e degli investimenti necessari per assorbire il denaro in modo produttivo. Ma il suo desiderio, appena mascherato, di lasciare la residenza del primo ministro, Palazzo Chigi, per il più grande Quirinale, lo mette a rischio”, ha scritto l’Economist il 23 gennaio. “Se sarà eletto, sarà difficile trovare un successore capace di tenere insieme l’attuale coalizione ideologicamente eterogenea. Se non lo sarà, la sua posizione sarà ridimensionata, quindi potrebbe essere quasi altrettanto difficile per lui continuare a portare a termine lo stesso trucco”. Secondo il giornale britannico, in caso di elezione di Draghi al Colle il rischio principale è che il suo successore a Palazzo Chigi non si riveli all’altezza. “A meno che il presidente in carica, Sergio Matterella, non faccia un’inversione a U e accetti di rimanere fino alle prossime elezioni, è difficile vedere come questo voto possa finire bene per l’Italia”, la conclusione dell’Economist.
Anche il Financial Times ha manifestato una certa preoccupazione qualora Mario Draghi non dovesse riuscire a raccogliere il consenso del parlamento e salire al Colle: ”Un’elezione presidenziale divisiva che dovesse causare una crisi politica preoccuperebbe Bruxelles e i mercati finanziari”, ha scritto il quotidiano britannico, “dal Quirinale, Draghi potrebbe usare i suoi poteri e la sua autorevolezza per assicurare che i governi futuri mantengano le riforme sui binari giusti. Se la coalizione di governo dovesse decidere di non eleggerlo alla Presidenza della Repubblica il ruolo di Draghi ne uscirebbe molto scalfito”.
“I parlamentari e molti italiani temono un pasticcio che potrebbe portare a un’amministrazione decisamente meno efficace o addirittura alle elezioni anticipate, cosa che quasi nessuno vuole”, aveva scritto invece il New York Times lo scorso 18 gennaio, “il caos politico potrebbe far perdere all’Italia la migliore opportunità da generazioni per riforme di più ampia portata e modernizzazione, e mettere a repentaglio miliardi di fondi di ripresa europei”.
Per l’agenzia Bloomberg, la conferma di Draghi come premier rischia di trascinarlo “nel pantano delle lotte intestine politiche, come successe a Mario Monti, un altro rispettato tecnocrate. E sebbene sia molto apprezzato per la sua eroica difesa dell’euro durante la crisi del debito europeo e vanti alti indici di approvazione, è improbabile che Draghi cerchi un mandato popolare alle elezioni nazionali che dovrebbero svolgersi entro giugno 2023″.
Lo scorso dicembre l’ex direttore dell’Economist, Bill Emmott, aveva chiaramente preferito l’opzione Draghi al Quirinale, dovendo scegliere fra due alternative ‘imperfette’.
“In un mondo perfetto”, Mario Draghi “dovrebbe rimanere primo ministro per tutti i 6 anni del piano nazionale di ripresa e resilienza”, aveva scritto Emmott in un articolo pubblicato sul Financial Times, “ma se il risultato perfetto è irraggiungibile, è giusto optare per la migliore soluzione imperfetta: vale a dire che Draghi sia eletto presidente della Repubblica dal Parlamento a fine gennaio, e da lì per i prossimi sette anni vigilerà come capo dello Stato”.