Si terrà il 24 gennaio alle ore 15.00 il primo voto del Parlamento in seduta comune per eleggere il successore di Sergio Mattarella al Quirinale
Ramenghi: “Draghi ha dimostrato la capacità di unire un quadro politico frammentato e promuovere la stabilità, ruolo che potrebbe continuare a svolgere come presidente”
A sommarsi all’attuale momento di incertezza, continua Ramenghi, è anche il fatto che il processo di elezione risulta “piuttosto complesso e cerimonioso”. Ricordiamo che, ai sensi dell’art. 83 della Costituzione, il presidente viene eletto dal Parlamento in seduta comune dei suoi membri integrato da tre delegati per ogni Regione (soltanto la Valle d’Aosta ne ha uno) eletti dal Consiglio regionale in modo da assicurare la rappresentanza delle minoranze. La votazione avviene a scrutinio segreto e risulta eletto chi nei primi tre scrutini ha ottenuto la maggioranza dei due terzi dell’assemblea e, dopo il terzo scrutinio, la maggioranza assoluta. “Sia le coalizioni di centrosinistra che di centrodestra hanno circa 400 voti ciascuna, con un leggero vantaggio per il centrodestra. Quindi, entrambi mancano della maggioranza assoluta. E sarà necessario un accordo”, avverte Ramenghi.
Il punto, continua, è che la stabilità del governo “non sarebbe scontata con un altro primo ministro” in quanto la maggioranza “potrebbe diventare più sottile” rallentando “le sue ambizioni riformiste”. Senza dimenticare che “qualsiasi slittamento nella credibilità del governo” o qualsiasi “ritardo nel soddisfare le richieste della Commissione europea per l’introduzione del fondo di ripresa, potrebbero avere implicazioni sulle discussioni politiche dell’Ue”. Secondo Ramenghi, dunque, un trasloco di Draghi al Quirinale potrebbe avere i suoi vantaggi. Questo perché “il nuovo presidente resterà in carica per sette anni”, il che “potrebbe rappresentare “il miglior risultato a lungo termine”. In più, il premier ha dimostrato “serietà e capacità di unire un quadro politico frammentato e promuovere la stabilità, un ruolo che potrebbe continuare a svolgere come presidente. Ma questi benefici sarebbero più visibili solo a lungo termine”, conclude Ramenghi.
Come spiega a We Wealth Carlo Altomonte, professore di politica economica europea dell’Università Bocconi, gli investitori – dal canto loro – desiderano stabilità. “Lo scenario preferito è che al Colle vada chiunque purché non si tocchi il governo e l’autorevolezza di Draghi a Palazzo Chigi”. Nell’ipotesi in cui Draghi vada al Colle, spiega invece l’esperto, quello a cui gli investitori vorrebbero assistere è un accordo che, oltre al suo voto, preveda anche un’intesa tra le forze politiche per un primo ministro che possa poi garantire la continuità del governo fino alla scadenza naturale della legislatura, in particolare per l’implementazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. “Sono gli unici due scenari, insomma, che potrebbero tollerare. Il primo, per ovvi motivi. Ma anche il secondo, se comunicato bene, potrebbe non dare luogo a eccessiva volatilità. Tutto il resto è un salto nel buio”. Se uno dei due si realizzasse, conclude Altomonte, lo Spread Btp-Bund non dovrebbe subire particolari scossoni. “Nello scenario in cui ci fosse instabilità, invece, potrebbe sicuramente alzarsi. Se poi a questo si associasse la riduzione degli acquisti massivi della Banca centrale europea a fine marzo, rischiamo di assistere anche a una salita molto violenta”.