Un gruppo di economisti della Commissione europea ha passato ai raggi X l’impatto dei lockdown, concludendo che i driver della recessione non fanno pensare ad effetti di lungo periodo
Una delle maggiori componenti che hanno zavorrato il Pil è stata la “crescita forzata dei risparmi”.
E’ quanto osservano nove economisti della Commissione europea in un nuovo intervento pubblicato sul sito del think-tank Cepr, VoxEU. Alla base dell’analisi, cui hanno collaborato cinque studiosi italiani, c’è una minuziosa scomposizione dei fattori che hanno provocato la recessione europea fra 2020 e 2021, così come le varie componenti che hanno influenzato l’andamento dei prezzi e gli scostamenti dalle previsioni della stessa Commissione sull’andamento del Pil.
Grazie all’osservazione di questi elementi, gli economisti hanno spiegato come le caratteristiche economiche chiave della pandemia siano state integrate nel modello DSGE utilizzato dalla Commissione europea per le sue previsioni. E, soprattutto, come questo modello aggiornato anticipi lo scenario di una ripresa rapida.
La prima componente incorporata nel modello (il cui contributo negativo alla crescita è segnato in verde chiaro nel grafico in basso) sono i “risparmi forzati” che hanno bloccato i consumi privati a partire dal primo trimestre del 2020.
Il secondo fattore è costituito dallo choc di domanda di lavoro, includendo però la differenza tra le ore effettivamente lavorate (funzione di produzione) e le ore pagate (reddito salariale) che dunque cattura gli interventi di sostegno adottati per minimizzare l’impatto sul reddito. Una delle peculiarità delle recessione dovuta al Covid, infatti, è stata “la drammatica contrazione delle ore lavorate” unita alla relativa stabilità delle persone occupate. Di solito, se diminuiscono le ore lavorate, contemporaneamente più persone perdono il lavoro. Con l’ultima crisi questo non è avvenuto grazie all’intervento pubblico e il modello è stato adattato per incorporare questo fenomeno.
In generale, i fattori più determinanti nella recessione del 2020 sono stati gli choc dovuti ai lockdown, che hanno interrotto forzatamente la produzione, e i “risparmi forzati”, che hanno colpito i consumi.
“Un terzo importante motore per l’andamento del Pil nel 2020 è stato l’impatto della pandemia sulla domanda globale e sul commercio” (in color magenta nel grafico), hanno proseguito gli studiosi, “con un calo della domanda di esportazioni”. Infine, nel secondo trimestre del 2020 in particolare, a zavorrare la crescita è stato anche il calo nella domanda di investimenti (risk premium”, in rosso).
Se le previsioni della Commissione europea non hanno colto in modo preciso quanto stava accadendo, è perché gli elementi citati in precedenza – come l’aumento del risparmio delle famiglie – non erano stati adeguatamente anticipati.
Le conclusioni dei nove economisti, però, lasciano ben sperare per il futuro: ciò che ha comportato un calo del Pil durante i lockdown dovrebbe rivelarsi per la maggior parte transitorio. La propensione a consumare, dunque, potrebbe risalire aiutata anche dal fatto che al forte calo delle ore lavorate non si siano affiancate perdite occupazionali altrettanto massicce.