L’inflazione, l’occupazione e l’andamento dei contagi hanno dato segnali non ancora univoci sul rafforzamento della ripresa economica americana. La riduzione degli acquisti dei titoli potrebbe essere già annunciata in questa riunione, ma alcuni analisti ritengono più probabile un approccio attendista
La pressione esercitata sulla
Federal Reserve dall’inflazione e dal ritmo dei nuovi casi di Covid-19 si è allentata nelle ultime settimane. Si apre con queste premesse l’incontro del 21-22 settembre, che dovrebbe fornire i primi segnali sul percorso che imboccherà il
tapering. Al momento, la Fed sta procedendo con acquisti di titoli netti per 120 miliardi di dollari al mese, un livello fissato nei momenti più drammatici della pandemia che da tempo più lontani. La riduzione del ritmo di acquisti sarebbe il primo passo verso la normalizzazione della politica monetaria. A Jackson Hole il presidente della Fed, Jerome Powell, aveva già indicato che tale riduzione sarebbe avvenuta entro l’anno se la rotta dell’economia Usa si fosse mantenuta coerente con le previsioni. Qualora i falchi dovessero prevalere, il tapering potrebbe e iniziare già da novembre. Un altro elemento da considerare sarà l’entità della riduzione: se più rapida, intorno ai 30 miliardi di dollari, o più moderata, sui 15 miliardi. Non si tratterebbe, in ogni, di un restringimento delle condizioni finanziarie, dal momento che il bilancio della Fed continuerebbe ad espandersi, benché a ritmo più ridotto.
Gli ultimi dati macroeconomici hanno mostrato segnali contrastanti. L’aumento dell’inflazione, che la Fed ha sempre attribuito a fattori transitori, si è raffreddato ad agosto passando al 5,3% dal 5,4% registrato nei due mesi precedenti. Anche l’inflazione di fondo è rallentata dal 4,3 a l 4%, grazie soprattutto all’andamento dei prezzi delle auto usate. Sul fronte dell’occupazione, tuttavia, i posti di lavoro creati ad agosto sono stati ben al di sotto delle previsioni: 235mila contro i 720mila attesi (peggior dato da aprile). Ad aver frenato le assunzioni è stato un costante aumento dei casi di Covid per tutto il mese di agosto (+140%). La buona notizia è che a partire dalla prima settimana di settembre i contagi hanno ripreso la via della diminuzione: da inizio mese al 19 settembre il calo è stato del 37%. Sono questi alcuni dei dati sui quali il Federal open market committee sarà chiamato a confrontarsi, prima di decidere la prossima mossa.
Secondo Filippo Diodovich, senior strategist di IG Italia, il destino del tapering non sarà formalmente chiarito nel corso di questa riunione, nonostante la preferenza per una riduzione anticipata espressa da alcuni presidenti delle Fed locali. Lo scenario più probabile sarebbe dunque un “riferimento a inizio del tapering entro fine 2021 ma senza fornire precise indicazioni, che implicitamente significherebbe un avviso a novembre per una partenza a dicembre”, ha affermato Diodovich. Agendo in questo modo la Fed potrebbe “prendere ancora tempo per valutare lo stato di salute del mondo del lavoro, le pressioni inflazionistiche, la ripresa economica, gli sviluppi della pandemia e anche i possibili rischi per la stabilità finanziaria a causa del collasso del gigante del settore immobiliare cinese Evergrande”.
Oltre al percorso del tapering gli investitori osserveranno con attenzione eventuali cambiamenti nella tabella di marcia prevista per i prossimi rialzi dei tassi. Lo scorso giugno la Fed aveva indicato i primi inasprimenti a partire dal 2023. Un sondaggio degli economisti condotto a inizio settembre dal Financial Times e dalla Chicago Booth School of Business aveva mostrato, però, come la maggioranza degli esperti si aspettasse un primo rialzo già l’anno prossimo. Per capire come la Fed intenderà procedere andranno osservate con attenzione le
nuove previsioni sull’inflazione, che lo scorso giugno erano state riviste al rialzo: al 3% per il 2021 e al 2,1% per il 2022. “Nel report di settembre ci potrebbero esserci ulteriori aumenti” ha affermato Diodovich, questi sposterebbero “l’attenzione verso un’inflazione più persistente che richiederà nei prossimi mesi un processo molto accelerato di riduzione degli stimoli monetari e un possibile rialzo dei tassi d’interesse nel secondo semestre 2022”.
Un’indicazione sui tassi potrà essere individuata nel prossimo grafico dot plot sulle aspettative dei membri del Fomc (dal 2021 al 2023): si potrebbe osservare uno spostamento della “mediana delle aspettative per un rialzo del costo del denaro nel 2022, un segnale molto hawkish per i mercati” ha affermato lo strategist di IG Italia, “molto dipenderà dai voti dei membri neutrali (Clarida, Mester e Daly)”.
“La riduzione degli acquisti di bond da parte della Banca centrale statunitense non dovrebbe modificare le condizioni monetarie, che rimarrebbero accomodanti”, ha commentato l’Ufficio Studi di Copernico Sim, “un rialzo dei tassi di interesse da parte delle Fed è molto lontano nel tempo e, come emerso in precedenti riunioni, la riduzione di acquisti non implicherebbe un rialzo dei tassi imminente”.
L’inflazione, l’occupazione e l’andamento dei contagi hanno dato segnali non ancora univoci sul rafforzamento della ripresa economica americana. La riduzione degli acquisti dei titoli potrebbe essere già annunciata in questa riunione, ma alcuni analisti ritengono più probabile un approccio attendist…