Aurel Bacs, l’intervista
Monsieur Bacs, volgono al termine i primi sei mesi dell’anno. Nella persistente magnifica scia di “guanti bianchi” realizzati da Phillips Watches, spiccano i risultati di Hong Kong e New York. A conquistare il primo posto nella Grande Mela è un numero due, il mitico Numero Due di Roger Smith. La vetta del “Porto Profumato” è invece di Rexhep Rexhepi. Dal canto suo, la piazza di Ginevra è rimasta decisamente conservatrice, trincerata nella sua top ten di (quasi) soli Rolex e Patek. Cosa ci raccontano i top lot delle prime aste 2023? Davvero l’estremo oriente è l’unico oggi ad apprezzare la sfida rappresentata dagli indipendenti? Se ci si pensa bene, anche il Roger Smith di New York è ormai un classico. Oppure guardare ai soli top lot per capire il mercato è fuorviante?
È indubbio che Hong Kong e New York abbiano rubato la scena a Ginevra, ma a ben guardare nel dettaglio, le cose sono diverse. Se scelgo di mettere un Roger Smith in asta in un villaggio sperduto dell’Africa e qui fa la stessa cifra che avrebbe fatto in un’altra piazza, non posso dire che quello è diventato il mercato principale. Vi sono 1500-2500 collezionisti che partecipano a ogni nostra asta, ma solo 100-200 siedono in sala. Si tratta di un evento digitale, in definitiva. È vero che i top lot di Ginevra sono stati tutti Rolex e Patek (più un Biver), ma noi abbiamo l’ambizione di assortire cataloghi che non abbiano un Patek identico a un altro. Con 200 e oltre pezzi, l’asta di Ginevra è stata una delle più importanti di sempre: ha incassato oltre 55 milioni di dollari, più di New York e Hong Kong messe insieme. Il picco da 5-6 milioni non c’è stato, ma per valore complessivo è stata l’asta più importante.
Aurel Bacs mentre bandisce alcuni lotti
Al di là dei numeri uno, mi indicherebbe quali sono stati per lei i tre lotti più rappresentativi di Ginevra XVII (13 e 14 maggio), Hong Kong XVI (24-25 maggio), New York EIGHT* (10-11 giugno)? Quali le sue storie del cuore?
Nell’asta Hong Kong XVI, il numero uno è stato un orologio creato da Rexhep Rexhepi, mastro orologiaio trentenne la cui storia ha il sapore della favola hollywoodiana: emigrato dal Kosovo a Ginevra quando era bambino, fa il suo apprendistato da Patek Philippe e F.P. Journe. A cinque anni dalla sua prima produzione (50 pezzi per 60.000 euro) sfiora il milione di dollari. Ma sempre a Hong Kong, nella Imperial Sale del 23 maggio abbiamo venduto l’orologio di Puyi (o Pu Yi, ndr), l’ultimo imperatore: un Patek Calatrava del 1937 (6,6 mln). Per Phillips è l’aggiudicazione più importante della stagione. E anche se gli indipendenti hanno avuto una splendida performance, ancora una volta un Patek storico è in testa. Abbiamo scelto di proporre Pu Yi a Hong Kong; ma un orologio senza legami geografici si può vendere ovunque, preservando la sua performance. In un contesto globale e tech, si è come il circuito della Formula Uno: ci si sposta da un posto all’altro, ma a fare la gara sono sempre gli stessi protagonisti. A New York è successo l’inverso: numero uno è stato un Roger Smith (4,9 mln), numero due un Patek smaltato (1,1 mln) degli anni ’50. Il Roger Smith primo classificato a New York è il frutto della perseveranza del suo autore dopo il primo rifiuto di George Daniels (il maestro non accettò il primo prototipo del giovane aspirante orologiaio). Chiunque si sarebbe arreso, invece lui si rimise a lavorare nel garage dei genitori per cinque anni. Quasi quasi quando si tocca l’orologio se ne può sentire il sudore, le lacrime che cadevano sui movimenti alle 2 di notte. Il bello del nostro mondo non è l’aggiudicazione milionaria (che certo fa piacere per il fatturato), sono queste storie. Non facciamo trading di commodities…
Un giovanissimo Roger Smith al lavoro
Quanto si è emozionato a tenere in mano l’orologio di Pu Yi?
Molto. È un orologio da brivido. Quando si prende in mano un oggetto come il Patek di Pu Yi, il cui cinturino in coccodrillo è quello originale del 1937, molto usurato, si tocca la Storia. Ha toccato per decenni il polso dell’ultimo imperatore. Quell’orologio ne ha sentito il panico, il sentimento della morte che poi si sarebbe rivelata lontana durante il suo tentativo di fuga in Giappone nel 1945. Durante gli anni di prigionia a Khabarovsk, Puyi e il suo interprete Georgy Permyakov – cui poi l’orologio verrà donato – diventano amici: quanti loro dialoghi avrà ‘ascoltato’? Spesso mi capita di accostare un orologio all’orecchio, quasi chiedendogli di sussurrarmi cosa ha vissuto, di raccontarmi le storie che ha udito. Come fosse una conchiglia del mare.
L’allestimento dell’esposizione pre asta dedicata all’ultimo imperatore, lo scorso maggio 2023
E dopo?
Poi l’orologio di Pu Yi rimase per 50 anni chiuso in un cassetto a Khabarovsk a casa del suo amico interprete, attraversando silenziosamente gli anni da Stalin a Brežnev a Kruscev a Gorbaciov, fino alla nascita dell’odierna Russia. Qualcuno ne scrisse su un importante giornale cinese nel 2002. In seguito, la famiglia che lo possedeva lo mise in vendita e lo acquistò lo ‘European private’ che ce lo ha proposto per l’asta della scorsa primavera. Il nuovo proprietario oggi è un altro privato.
Qual è stato invece il lotto più magico dell’apparente ‘fredda’ Ginevra?
Ne menziono due. Il primo è un indipendente, un orologio di Jean Claude Biver, che nemmeno un mese prima dell’asta aveva lanciato assieme a suo figlio Pierre il brand JC Biver. Il maestro decide di mettere in vendita il prototipo, togliendoselo letteralmente dal polso, per investire il ricavato nell’acquisto della strumentazione per la nuova azienda. Si trattava di un carillon tourbillon incredibile. Ma senza storia. E poi ha incassato quasi 1,3 milioni di franchi, fra le lacrime di incredulità dello stesso Biver, presente in sala. È stato un momento molto commovente.
Il Biver presentato durante la Geneva XVII. Tutte le foto sono cortesia di Phillips.
Il secondo è il Rolex Milgauss 6541, all’epoca un flop commerciale, ma oggi aggiudicato all’incredibile cifra di 146.000 dollari, poiché mai indossato per 70 anni. Un mistero: l’acquisto di un Rolex è un momento importante, non si può ‘dimenticare’ un Rolex. Eppure in questo caso è successo. Perché? Non lo sapremo mai.
La top ten di New York presentava ben due orologi da taschino: pensa che questo interesse è destinato a proseguire?
Non possiamo saltare a questa conclusione. Nella vendita ‘New York: Eight’ ce n’erano diversi. Due davvero speciali: il Roger Smith ‘Numero due’ e il Patek Philippe in oro rosa e giallo (317.500 dollari) del 1895, appartenuto in origine a un socio della Patek Philippe. L’Audermars Piguet in platino (635.000 dollari) era semplicemente sorprendente. Mentre tutti vogliono solo Daytona, Nautilus e Royal Oak, c’è ancora qualcuno disposto a spendere tanto per avere una grand complication di platino: siamo davanti a un meraviglioso anacronismo, un orologio fatto seguendo la piena concezione di Audemars Piguet a inizio ‘900, 100 anni dopo. Diciamo però che ‘una rondine non fa primavera’, anche se in questo caso le ‘rondini’ erano più di una.
*Ciascuna asta delle aste ammiraglie del dipartimento orologi di Phillips prende nel nome il numero della sua edizione