Gabriele Faggioli: “Con il protrarsi dell’emergenza sanitaria si sta consolidando la consapevolezza sull’importanza della cybersecurity, non solo nelle organizzazioni di maggiori dimensioni ma anche in realtà meno strutturate”
Il 46% delle imprese italiane affida oggi l’organizzazione della sicurezza informatica alla figura del chief information security officer; che riporta nel 34% dei casi alla direzione IT e che può contare sul supporto di un team dedicato nel 78%
Gli attacchi cyber travolgono anche l’industria italiana. Secondo l’ultimo Osservatorio cybersecurity & data protection della School of management del Politecnico di Milano, ben il 31% delle grandi imprese ne rileva un incremento nell’ultimo anno. Una situazione che ha spinto il 60% a gonfiare il budget dedicato alle attività di sicurezza informatica. E che ha contribuito a spingere il mercato verso gli 1,55 miliardi di euro, per una crescita del +13% rispetto al 2020.
“Con il protrarsi dell’emergenza sanitaria si sta consolidando la consapevolezza sull’importanza della cybersecurity, non solo nelle organizzazioni di maggiori dimensioni ma anche in realtà meno strutturate”, dichiara
Gabriele Faggioli, responsabile scientifico dell’Osservatorio. “Il mercato ha ripreso a correre, cresce la diffusione dei chief information security officer nelle aziende, e sempre più realtà hanno adottato tecnologie e rivisto i processi per aumentare la sicurezza di fronte alle minacce crescenti”, racconta l’esperto. Mentre sullo sfondo, aggiunge, inizia a “emergere la spinta del Piano nazionale di ripresa e resilienza, linfa per gli investimenti in security e punto di riferimento per le organizzazioni con la nascita della nuova
Agenzia per la cybersicurezza nazionale”.
Il 46% delle imprese italiane, infatti, affida oggi l’organizzazione della sicurezza informatica alla figura del chief information security officer; che riporta nel 34% dei casi alla direzione IT e che può contare sul supporto di un team dedicato nel 78%. Il 58%, inoltre, ha delineato un
piano di formazione sulle tematiche relative alla sicurezza informatica e alla protezione dei dati personali e l’11% punta sulla formazione di specifiche funzioni più a rischio. Non manca tuttavia una quota del 30% che ha messo a punto azioni di sensibilizzazione meno strutturate e sporadiche e dell’1% che non ha previsto affatto attività di formazione. Tra l’altro, spiegano i ricercatori,
la crisi pandemica ha finito col rendere più complessa l’adozione di una visione olistica e strategica. Cala infatti di 11 punti la percentuale di imprese che gestiscono il rischio cyber nell’ambito di un processo integrato di risk management. Anche se resta invariata la quota di quelle che in generale lo affrontano (al 38%).
In questo contesto, come anticipato in apertura, il mercato tricolore della cybersecurity ha toccato gli 1,55 miliardi di euro. Ma il rapporto tra spesa in sicurezza informatica e prodotto interno lordo resta allo 0,08%, contribuendo a spingere la Penisola all’ultimo posto tra i paesi del G7. Eppure, come spiegava Faggioli, anche le istituzioni stanno dedicando una maggiore attenzione al tema. Basti pensare che la Missione 1 del Pnrr conta 623 milioni di euro di investimenti in presidi e competenze di cybersecurity nella Pubblica amministrazione ma sono previste anche ulteriori risorse nella Missione 4 dedicate alla ricerca e alla creazione di partenariati su tematiche innovative come la sicurezza informatica. “Le organizzazioni”, avverte infine il direttore dell’Osservatorio Alessandro Piva, “non devono abbassare la guardia, ma muoversi elaborando una strategia a lungo termine per la sicurezza informatica”.
Gabriele Faggioli: “Con il protrarsi dell’emergenza sanitaria si sta consolidando la consapevolezza sull’importanza della cybersecurity, non solo nelle organizzazioni di maggiori dimensioni ma anche in realtà meno strutturate”Il 46% delle imprese italiane affida oggi l’organizzazione della sicurezza…