Il settentrione ospita il 70% dei business angel italiani, guidato da Lombardia e Piemonte. Faticano a tenere il passo l’area meridionale e quella insulare
L’86% degli “angeli” delle startup (in rapporto alla popolazione) sono uomini, mentre il 14% sono donne
Il 92% dichiara di valutare l’impact risk, la probabilità di ottenere dai propri investimenti impatti sociali inferiori a quelli attesi
L’identikit del business angel
A rivelarlo è un nuovo studio di Social innovation monitor, team di ricerca con base operativa al Politecnico di Torino, che ha coinvolto un campione rappresentativo di 251 investitori distribuiti per il 70% nel settentrione. Nel dettaglio, la Lombardia ne ospita 368, seguita da Piemonte (168), Lazio (112), Emilia Romagna (59) e Veneto (52). Chiudono il cerchio Sardegna (2), Calabria (1), e Valle d’Aosta (1). Il 4% del campione analizzato rientra poi nella categoria “virgin angel” (coloro che non hanno investito in alcuna impresa), il 75% nella categoria “beginner angel” (che hanno investito su una forbice compresa tra 1 e 10 imprese) e il 21% nella categoria “experienced angel” (con oltre 10 organizzazioni nel proprio portafoglio).
Ma quanto e dove investono?
Stando allo studio, solo nel 2019, ogni business angel ha investito in media oltre 139mila euro, ma il valore della mediana è di 35mila euro, indice della “presenza di un ristretto numero di soggetti che ha investito capitali più elevati”, si legge nello studio. Il 92% degli “angeli”, inoltre, dichiara di valutare l’impact risk, inteso come la probabilità di ottenere dai propri investimenti impatti sociali inferiori a quelli attesi. Una tematica considerata “abbastanza” dal 48% degli intervistati, “poco” dal 34% e “molto” dal 14%. Nel dettaglio, 120 dei 251 investitori considerati (54%) investe in organizzazioni a significativo impatto sociale, mostrando dunque di non essere mossi unicamente da ragioni finanziarie. E tra il 46% di coloro che non esprimono una preferenza, “ben il 67% dichiara che, qualora ci fossero agevolazioni fiscali aggiuntive per gli investimenti in organizzazioni a significativo impatto sociale, incrementerebbero questi ultimi in tal senso”, spiega Davide Viglialoro, vice direttore della ricerca.
Il 17%, infine, afferma che l’attività d’investimento in startup nella propria vita è “predominante” e solo il 29% la considera “marginale”. Il 55% co-investe insieme al proprio business angel group, il 51% con altri business angel e il 33% con società di venture capital. Quanto ai servizi offerti, il 68% sono considerati “active angel”, il 75% dei quali punta su servizi di sviluppo del modello di business, mentre il 32% sono “passive angel” (non offrono servizi aggiuntivi al di là del finanziamento, ndr).