Ed è accaduto anche con EssilorLuxottica – il cui quartier generale è ora a Parigi, nel settore bancario e nella moda, dove le acquisizioni sono avvenute sempre nell’ultimo decennio a senso unico. Ovvero sempre con la Francia che ha comprato l’Italia, quasi mai all’inverso.
Una crescita che non ha impedito al gruppo di restare saldamente in mano alla famiglia (che ha una quota del 75,5%) attraverso la holding Red Lions. Ma si è evoluta in Spa e ha aperto il capitale al private equity: il restante 24,5% del gruppo appartiene dal 2016 al fondo belga Verlinvest.
Il primo punto di contatto tra Mutti e la Francia risale al 1925, anno dell’esposizione universale di Parigi dove Mutti venne premiata con la Palma d’oro per la qualità dei propri prodotti.
Il rapporto con Parigi: una storia lunga un secolo
Il rapporto commerciale con il Paese d’oltralpe è invece incominciato sotto la gestione di Marcello Mutti – padre dell’attuale amministratore delegato Francesco Mutti – che iniziò a vendere i prodotti Mutti durante un viaggio nel Sud della Francia. “Marcello – dice a We Wealth Francesco – promuovendo i propri prodotti valorizzati da un pomodoro 100% italiano, riuscì a fidelizzare i ristoratori della zona, in particolar modo quelli di origine italiana che avevano aperto un’attività in territorio francese e che già conoscevano la qualità unica del marchio. In poco tempo, furono gli stessi ristoratori italiani a sostenerne la crescita nel mercato francese, favorendo l’unicità qualitativa anche tra gli altri ristoranti locali”.
Nel 2013, Francesco Mutti, che guida l’azienda dal 1994, decise di aprire la prima filiale estera dell’azienda proprio in Francia, al fine di sviluppare al meglio i canali Retail e Food Service: oggi il mercato francese genera per Mutti un turnover di 40 milioni di euro, ovvero circa l’8,6% del fatturato totale. Ed è leader in Francia con una quota di mercato del 18,1% a valore.
Ma gli interessi di Mutti in Francia non si limita al business. “Da diversi anni – continua l’ad – Mutti svolge un ruolo attivo nella comunità francese, in particolar modo lo abbiamo fatto durante il recente periodo di pandemia. Infatti, l’azienda ha donato diversi prodotti a Simone Zanone (Chef del ristorante «le George» di Parigi, ndr) per preparare il pranzo ad alcune famiglie degli infermieri impegnati nella cura dei malati. Parallelamente, abbiamo fornito un contributo economico a “J’aime mon bistrot”, associazione che, durante i lockdown, ha aiutato finanziariamente i ristoratori in difficoltà”.
E nel futuro sul territorio francese, l’azienda si pone obiettivi specifici nello sviluppo commerciale. “Mutti continuerà nella sua opera di valorizzazione del pomodoro, non solo negli “Indispensabili” (Polpa, Passata, Concentrato e Pelati) ma anche nei ricettati – come sughi e pesti – dove l’opportunità di sviluppo è concreta”, dice il manager.
Le altre mete dell’internazionalizzazione
Non solo Parigi e dintorni, ovviamente. Continua il processo di internazionalizzazione che a partire dal 2013 ha visto l’apertura di 4 filiali estere (oltre alla Francia, Usa, Nordics e Australia) e una presenza commerciale in 96 Paesi del mondo. “Il gruppo proseguirà in questa direzione, consolidando la leadership italiana ed europea e incrementando la propria presenza globale che nel 2021 vedrà i volumi di vendita esteri superare quelli italiani”, spiega Francesco. E se l’internazionalizzazione è un caposaldo dello sviluppo futuro, sostenibilità e innovazione vanno di pari passo. “Nel 1999 l’azienda è stata la prima a certificare i propri prodotti con il marchio “Produzione Integrata Certificata” a garanzia di una produzione agricola volta alla riduzione del consumo di acqua ed energia, senza compromettere la qualità del pomodoro e mantenendo la tracciabilità lungo tutta la filiera, fino al prodotto finito – continua l’ad – Questo percorso ventennale continuerà e sarà volto a un ulteriore miglioramento di tutti i processi al fine di garantire gli elevati standard di qualità preservando e valorizzando sempre di più l’ambiente e la salute dell’uomo”.
Un percorso ambizioso a cui partecipano attori di primo piano, come il WWF Italia che da diversi anni è al fianco di Mutti supportandola nel miglioramento dell’impronta idrica e di carbonio della propria filiera e del processo produttivo. Ma si tratta di un approccio che fa parte del dna dell’azienda. Perché già nel 1850 Giovanni Mutti aveva istituito, con 15 anni di anticipo rispetto alla moderna agronomia, il principio dell’alternanza delle coltivazioni, tanto per fare un esempio. Ben prima anche che nel 1899 i nipoti Marcellino e Callisto Mutti fondassero la Fratelli Mutti.
Parola d’ordine: innovazione
Altro tratto distintivo è l’innovazione. “Abbiamo portato tecnologie avanzate – racconta Mutti – laddove venivano adottate pratiche antiche e la qualità in un mercato caratterizzato dalla quantità, cambiando negli anni i paradigmi di un intero settore”. La lavorazione del pomodoro Mutti è soggetta a un continuo miglioramento del processo produttivo che, oltre a essere dotato di tecnologie tra le più innovative del settore, vanta impianti brevettati e protetti dall’azienda, come il Robosorter per la selezione automatica dei pelati.
“Il più recente simbolo dell’innovazione di processo è Instafactory. Lanciato nel settembre 2020 e sviluppato e brevettato dall’azienda, è un impianto mobile posizionato sul terreno di raccolta: così la materia prima viene trasformata sul campo, preservando al meglio le caratteristiche organolettiche”. Ed è incredibile quanta ricerca ci sia dietro: tanto che l’azienda è inserita in un importante network collaborativo con Università e laboratori di ricerca.
L’innovazione si è espressa anche in termini di prodotto, dalla più recente, che ha portato alla creazione di pesto verde, pesto rosso e pesto arancione. Alla più antica: il tubetto di concentrato, nato nel 1951 per offrire una confezione in grado di preservare meglio e più a lungo la qualità e il gusto del concentrato di pomodoro. “Si aggiunge una trovata che oggi definiremmo di moderno marketing: l’idea di un omaggio. Il tappo del tubetto era infatti un ditale di bachelite rossa”, chiosa Mutti.
(Articolo pubblicato sul numero di luglio/agosto del Magazine We Wealth)