Su 52 miliardi di asset in gestione, dice Albanese, 28 sono all’interno di contratti di consulenza e prevedono il pagamento di una fee di consulenza da parte del cliente.
“Noi siamo in grado di servire con lo stesso modello anche le fasce di clienti con patrimoni meno rilevanti”, dice Albanese.
Alla fine, il divieto alle retrocessioni, impugnato dalla commissaria Mairead McGuinness come vessillo della propria azione di governo, resterà probabilmente lettera morta. Almeno per qualche anno. Ma non c’è dubbio che il dibattito su questa materia abbia impensierito non poco la consulenza finanziaria. “
Divieto alle retrocessioni: quale impatto sulle reti
Sarebbe uno scossone per l’industria”, riconosce Mauro Albanese, vice dg e direttore commerciale della Rete PFA & Private Banking di Fineco. Lo dice anche una recente indagine di Mediobanca (leggi). “Ma anche se questo orientamento dovesse passare, noi siamo già pronti”. Almeno in riferimento al servizio di consulenza evoluta, che prevede una restituzione del 100% delle retrocessioni al cliente, a fronte di una fee esplicita sul patrimonio in gestione.
“Introdotto nel 2010, è a tutti gli effetti un modello fee only, che ha dato riscontri ottimi: la fascia alta di clientela ha capito che offre maggiori garanzie di trasparenza, di efficienza e qualità del servizio. Su 52 miliardi di asset in gestione, 28 sono all’interno di contratti di consulenza e prevedono il pagamento di una fee di consulenza da parte del cliente”, aggiunge il manager. A conti fatti, è una bella fetta del patrimonio totale, quantificato in 110 miliardi, di cui 48 miliardi riconducibili al Private banking. “Noi siamo in grado di servire con lo stesso modello anche le fasce di clienti con patrimoni meno rilevanti”, dice Albanese. Intanto, il 2022 “è andato bene a livello di raccolta netta, sopra i 10 miliardi”.
La raccolta di Fineco
Complessivamente, ricorda il manager, “negli ultimi tre anni abbiamo raccolto circa 30 miliardi a livello di banca. Questi numeri ci dicono che i consulenti hanno fatto un ottimo lavoro, nell’accompagnare i loro clienti. È anche il risultato di un notevole sforzo di formazione ed educazione finanziaria, che ci porta a fare 1.700 eventi clienti l’anno, su tematiche che spaziano dalla finanza comportamentale alla pianificazione successoria”. In ogni caso, lo spazio di crescita per le reti è ancora notevole, visto che “la quota di ricchezza nelle mani del settore bancario tradizionale è molto importante. Per conquistarla, asset manager e intermediari devono lavorare insieme nella logica di proporre servizi e investimenti al giusto prezzo”.
Etf e consulenza finanziaria. Il caso di Fineco
In quella direzione, Fineco è tra le reti quella che sembra sperimentare in modo più convinto l’uso di etf, anche attraverso soluzioni dedicate. “Abbiamo 7.800 Isin di etf in piattaforma”, ricorda Albanese. Circa tre miliardi sono gli asset investiti attraverso questi strumenti passivi, la metà in consulenza.
Lo scorso ottobre, Fineco AM ha lanciato una sua offerta di etf. “Lo sviluppo dei prodotti passivi è un fenomeno globale e inarrestabile, occorre prenderne atto e valorizzarlo”, chiosa Albanese.
I numeri di Fineco
La rete in questo momento conta 2.918 consulenti finanziari, di cui 674 operano come private banker. “Non esiste, però una divisione private banking a sé stante”, precisa Albanese. “Preferiamo un modello aperto, che favorisca la contaminazione”.
I consulenti finanziari e il lavoro in team
Il caso tipico è quello di due senior che scelgono di lavorare insieme perché hanno competenze diverse e sinergiche e magari si fanno affiancare da due junior. Oppure c’è un tema di sviluppo del portafoglio: i consulenti che hanno tanti clienti possono avere bisogno di un collega più giovane a supporto. O ancora, ci sono banker che collaborano solo in riferimento a uno specifico cliente, particolarmente importante.
Il tutto è reso possibile grazie a uno strumento che consente di dettagliare il perimetro della collaborazione e quindi anche la relativa partecipazione in termini di provvigioni. Il lavoro in team è uno dei canali che consentono di sostenere l’attività dei junior. “Ne abbiamo reclutati 338, su un totale di 614 in tre anni. Non a caso, siamo la rete nella quale gli under35 sono più rappresentati, con una percentuale del 13,5%. Abbiamo anche lanciato un piano quadriennale di formazione e sostegno economico, che prevede l’affiancamento a consulenti seniore e un supporto per la fase di avvio dell’attività”.