Le successioni testamentarie che sono appena l’8% rispetto a quelle legali che rappresentano il 92% dei casi
Tra tutte le figure che possono essere di riferimento per le famiglie c’è il consulente finanziario
La ricchezza degli italiani – dato 2019 – sfiora i 10 000 md. La componente maggiore di essa è costituita per il 54% (oltre 5.000 md) dal settore immobiliare; mentre le attività finanziarie ammontano a oltre 4.000 miliardi di euro di cui però il 30% è parcheggiata nei depositi bancari, nonostante non producano interessi, e nonostante il rischio bail-in cui è esposta.
Non si tratta di giacenze di poche decine di migliaia, ma di centinaia di migliaia di euro, in alcuni casi addirittura di qualche milione! Ora, se questa ricchezza fosse distribuita in maniera omogenea, si potrebbe parlare di circa 350 o 400 mila euro per nucleo familiare.
Ma in Italia, come in tutti gli altri paesi ad economia avanzata, questa ricchezza in realtà va concentrandosi sempre di più in un minor numero di famiglie; tanto è vero che il 10% delle famiglie italiane detiene il 50% della ricchezza complessiva.
L’1% di quel 10% detiene il 25% della ricchezza totale. Sono famiglie di imprenditori, professionisti, pensionati, che hanno accumulato patrimoni importanti durante la loro vita lavorativa; oppure si tratta di gente che vive di rendita o che possiede cospicui patrimoni per i quali la maggior preoccupazione non è solo gestirli, ma anche come trasferirli alle future generazioni, e relative problematiche fiscali.
Per lo più questa ricchezza non è infatti in mano ai giovani, ma alle vecchie generazioni, il 64% di essa è posseduta dagli over 55.
Inoltre la famiglia stessa è una realtà sociale coinvolta in cambiamenti socio-culturali e di costume profondi e veloci.
Tanto è vero che non si può più parlare di “famiglia”, ma di “famiglie”, anzi, di “nuclei familiari”: sempre meno sono le famiglie coniugali, sempre di più le convivenze, le famiglie allargate, sono intervenute novità giuridiche come la nuova filiazione che riconosce gli stessi diritti a tutti i figli, senza più alcuna distinzione tra coloro che sono stati concepiti all’interno o all’esterno della famiglia e i figli adottivi; e poi c’è la realtà sempre più estesa dei single.
Tutto questo composito panorama, oltre che ad essere affrontato in modo distratto e impreparato da parte delle persone, sta creando notevole confusione.
Del resto, basti osservare le successioni testamentarie che sono appena l’8% rispetto a quelle legali che rappresentano il 92% dei casi.
Queste ultime sono governate da regole di un Codice civile ormai vetusto, avente come rifermento la sola famiglia patriarcale tradizionale, quindi assolutamente inadeguato alla realtà attuale, tanto che i casi di contenzioso tra gli eredi sono in aumento.
Un esempio questo che rende testimonianza della precarietà del futuro della realtà patrimoniale (grande o piccola che sia).
La percezione di questo però in genere è confusa; e invece, per affrontare problematiche complesse come quelle relative alla patrimonialità, è necessaria l’elaborazione di una strategia, cosa che dovrebbe implicare lucidità e un atteggiamento logico e coerente: e cioè, avere una chiara visione di ciò che è ancora distante nel tempo, e la capacità di rimanere distaccati nei confronti di ciò che costituisce, ora, la nostra realtà.
Invece, generalmente, ci si comporta esattamente nel modo opposto, e cioè finalizzando le scelte alla realtà presente, ignorando più o meno inconsapevolmente ciò che essa stessa, nel suo ordinario svolgersi, determinerà nel futuro, e questo non soltanto in ambito finanziario, ma anche in quello della tutela del patrimonio e della sua trasmissione generazionale.
E’ altrettanto evidente come questo atteggiamento complichi ulteriormente le cose e costituisca un volano per l’avvitamento dello stato di disorientamento su se stesso: tanto più lo stato di fatto genera disorientamento, tanto più il disorientamento ricrea lo stato di fatto, in una generale incertezza e insicurezza che spinge le famiglie a cercare una figura professionale di riferimento (vuoi il commercialista, l’avvocato, il notaio, lo stesso consulente finanziario) al quale affidarsi per essere guidate verso una prospettiva patrimoniale chiara.
Ma tutte queste figure professionali a cui tradizionalmente si è soliti rivolgersi, lavorano molto su specifica richiesta, e non sono storicamente abituati ad uscire fuori dalla cornice dei propri specifici ambiti.
Al di là della loro qualificata e specialistica competenza, non riescono a rilevare tutte quelle informazioni necessarie ad avere cognizione dell’intero quadro prospettico, composto dalle molteplici interazioni funzionali tra le molte componenti che fanno di un patrimonio quello che è.
Questo proprio perché tali professioni tendono a osservare le singole problematiche separatamente dalla poliedricità del quadro patrimoniale, prendendole in considerazione secondo la specificità del proprio punto di vista professionale. In tal modo sfugge l’individuazione della soluzione funzionale, possibile solo in riferimento al quadro completo.
Tra tutte le figure che possono essere di riferimento per le famiglie, il consulente finanziario è proprio quella che – storicamente abituato, per necessità metodologica – ad occuparsi delle disponibilità e delle proprietà patrimoniali dei clienti – è in grado di costruire il quadro di riferimento tramite il suo strumento euristico fondamentale, quello di stabilire un rapporto empatico con il cliente e raccogliere puntualmente informazioni sul suo stato familiare e patrimoniale: ogni informazione, infatti, anche se non appare direttamente connessa con la problematica trattata, rileva una propria collocazione funzionale all’interno di quest’ultima.
Così, fa differenza se il cliente risulta sposato o meno, e fa differenza se il regime patrimoniale scelto è in comunione o in separazione dei beni; a chi sono intestati gli immobili, se derivino da donazioni o su di essi esistano altri vincoli.
Ma si rende ancora necessario indagare su come e cosa il cliente desidera realizzare con i suoi beni: se li vuole trasferire ai figli, se li vuol vendere, o piuttosto mettere a reddito.
Queste informazioni, prese a semplice e incompleto esempio, possono indirizzare la consulenza verso una soluzione piuttosto che un’altra, per la quale possono essere utilizzati strumenti giuridici piuttosto che polizze assicurative o soluzioni finanziarie, ovvero una combinazione di essi.
Naturalmente, non si tratta per il consulente finanziario di acquisire competenze tipiche di altre figure professionali, e sostituirsi addirittura ad esse, ma, da parte sua, egli dovrà necessariamente avere cognizione anche degli strumenti che per i fini sopra accennati sono previsti dal codice civile.
Si comprende a questo punto come l’offerta di consulenza si ponga necessariamente in termini diversi rispetto al passato, quando il consulente finanziario era focalizzato sui mercati finanziari e sui portafogli, nei quali il punto di forza era il miglior risultato ottenuto al minor rischio, spesso in conflitto di interesse con altri asset concorrenti, come una volta erano i titoli di Stato e quello immobiliare.
Al centro della relazione con il cliente torna sempre meno il tema della gestione delle disponibilità finanziarie, mentre prende sempre più forza quello della protezione degli asset e del tenore di vita: l’obiettivo diventa quello di consolidare e garantire nel tempo l’intera patrimonialità di una famiglia, e questo rende necessaria una visione globale del quadro di riferimento, nel quale il perimetro finanziario viene superato, investendo l’intera realtà patrimoniale.