Partiamo dal quadro normativo: come si configurano da questo punto di vista i brevetti?
I brevetti sono monopoli legali. Concretamente sono documenti composti da parti scritte e disegni, che illustrano una certa soluzione ad un problema tecnico, rivendicandone la protezione. Attraverso questo strumento l’ordinamento conferisce al titolare della privativa industriale lo sfruttamento in regime di esclusiva di una determinata invenzione. Per essere brevettabile il trovato deve rispettare i requisiti di legge, in particolar modo, la novità, l’attività inventiva e l’applicabilità industriale. L’iter per la concessione del brevetto passa tramite il deposito di una apposita domanda, presso il competente ufficio. L’esaminatore procede quindi ad accurato esame della invenzione descritta. Ove siano riscontrati i requisiti previsti dalla legge, si ottiene la concessione del brevetto. La sua efficacia è territoriale, ossia limitata ai confini dello Stato nel quale viene chiesta la relativa protezione. Entro determinati limiti temporali, attraverso specifiche procedure amministrative e con il pagamento delle relative tasse, è possibile estendere l’efficacia del brevetto in tutti gli Stati desiderati.
In quali casi e da chi i brevetti – e i diritti economici che ne derivano – possono essere ereditati?
Innanzitutto, è bene specificare che sono ereditabili sia il brevetto già concesso, sia la domanda di brevetto in fase di concessione ed anche il diritto al deposito di una domanda di brevetto relativa ad una determinata invenzione. La successione ereditaria relativamente ai diritti anzidetti segue il regime previsto per gli altri beni che formano l’asse ereditario. Alla morte del de cuius la privativa industriale o il diritto all’ottenimento della stessa entreranno a far parte del suddetto asse ereditario e, in forza di testamento oppure, in assenza di esso, seguendo le norme dettate dal codice civile, i parenti più stretti del de cuius e/o coloro nominati nelle disposizioni testamentarie diverranno eredi. Laddove, invece, la titolarità della privativa o del diritto alla sua concessione spetti a una società, nondimeno gli eredi dell’inventore potrebbero vantare alcuni diritti. Ciò accade nell’ipotesi in cui l’inventore deceduto abbia sviluppato l’idea inventiva nell’ambito di un rapporto di lavoro subordinato, disciplinato dal secondo comma dell’articolo 64 del CPI ed a lui spetti il diritto al cosiddetto equo premio. Quando questo non sia ancora stato versato al dipendente/inventore, gli eredi dello stesso avranno titolo ad ottenerne il versamento, da parte del datore di lavoro presso cui il defunto ha sviluppato la soluzione inventiva.
Ci fornisce degli esempi in cui la titolarità del brevetto è diversa da quella dei diritti economici che da esso derivano?
Nei casi previsti dalla legge (articolo 64 CPI), come accennato, l’invenzione può essere sviluppata da un dipendente, ma il datore di lavoro ha diritto a ottenere il rilascio del brevetto a proprio nome, ricevendone anche tutti i relativi diritti di sfruttamento economico. All’inventore persona fisica rimarrà il diritto morale, incluso appunto quello di essere indicato come materiale inventore nel certificato di concessione.
Un’ipotesi particolare è quella prevista per le invenzioni dei ricercatori delle università e degli enti pubblici di ricerca (articolo 65 CPI). In tal caso, a meno che la ricerca non sia finanziata da privati o da diversi soggetti pubblici diversi dall’università, il diritto al brevetto spetterà al ricercatore (o al team di ricercatori), ma all’università o all’ente pubblico di ricerca spetteranno parte degli introiti derivanti dallo sfruttamento della invenzione.
Infine, può aversi il caso in cui un brevetto sia oggetto di pignoramento. In tal situazione, al titolare del brevetto non spetteranno i benefici economici dello sfruttamento della privativa, che andranno al creditore pignorante.