Azioni globali miste e diversificate, una ristretta cerchia di “amici di Trump”, carry elevato e obbligazioni flessibili sono le principali linee guida delle strategie di investimento per il 2025 secondo Kevin Thozet, membro del Comitato Investimenti di Carmignac. Le sfide per il nuovo anno sono molte: dalle tensioni in molte aree geografiche ai timori sull’inflazione, alle incertezze sulle politiche economiche che saranno portate avanti dalle nuove amministrazioni, e non solo. L’approccio suggerito è quello della diversificazione e della flessibilità, vale a dire un approccio bilanciato che punta sui bassi prezzi europei e sulle aziende USA resilienti.
Occasioni sul mercato, come diversificare i portafogli azionari
In uno scenario caratterizzato dall’eccezionalismo USA post elezioni, da azioni europee ed emergenti ai minimi delle valutazioni storiche e dal ritorno dei bond vigilantes, per Thozet è prevedibile a inizio anno una sovraperformance dei titoli USA. Ma le valutazioni azionarie statunitensi eccezionali, prosegue l’analisi, possono essere messe in discussione dagli investitori che temono l’inflazione e una curva dei rendimenti più ripida a termine. Molti gli scenari che possono spingere a strategie di diversificazione alla ricerca di margini interessanti. La minaccia dei dazi americani, ad esempio, può portare ad un’incertezza in grado di spingere le imprese straniere a non mantenere o a non espandere gli investimenti in quel paese dirigendosi verso paesi più vantaggiosi o più stabili.
Un altro scenario vede, invece, accordi sui tassi di cambio finalizzati a contrastare l’apprezzamento del dollaro, sulla scia dell’esperienza degli anni Ottanta. Allo stesso modo ci sono diversi scenari che riguardano il Vecchio Continente a favore delle azioni europee. I settori più sottovalutati al momento sono quello aerospaziale e quello dell’elettrificazione, meno esposti all’andamento della crescita economica in quanto beneficiano di fattori strutturali a più lungo termine. Il margine sotto esame tra aziende USA ed europee con caratteristiche comparabili è dell’ordine del 20-30%. E situazioni analoghe possono esserci anche in altri settori come quello farmaceutico, dei beni di consumo discrezionali o di base.
I mercati emergenti su cui puntare
L’attenzione di Carmignac è puntata anche su quei paesi emergenti che hanno già superato il fenomeno dei bond vigilantes e che ora stanno raccogliendo i frutti delle politiche di risanamento avviate
Tra questi l’Argentina (dove l’inflazione sta calando da tripla a doppia cifra), la Turchia (con i rendimenti reali finalmente in territorio positivo) o l’Ecuador (favorito dalla combinazione di riforme e sostegno delle istituzioni internazionali), spiega Thozet. Interessanti anche le prospettive di paesi come Giappone (che dovrebbe trarre beneficio dall’apprezzamento della valuta e dall’inasprimento della politica monetaria) o l’India (a seguito di una crescita positiva a lungo termine e del recente arretramento delle valutazioni azionarie).
Il ruolo delle banche centrali e le obbligazioni nel mirino
L’azione di molti governi per risollevare l’economia è limitata dall’impennata del debito globale e dal livello di deficit nazionale. Per questo secondo alcuni esperti nel 2025 molte banche centrali potrebbero muoversi di fatto al posto dei governi. Su quali titoli obbligazionari puntare l’attenzione in questo scenario?
Per l’esperto di Carmignac “Se ne dovrebbero avvantaggiare i segmenti obbligazionari in cui il reddito prevedibile (“carry“) offre il miglior indicatore dei potenziali rendimenti futuri nel tempo nonché il miglior cuscinetto per ammortizzare le cattive notizie. A tal riguardo, preferiamo i titoli corporate investment grade a breve termine, per i quali un potenziale ampliamento degli spread creditizi sarebbe più che compensato dall’abbassamento dei tassi, e le obbligazioni high yield sostenute da fattori tecnici favorevoli in un contesto in cui le emissioni nette sono state negative e dovrebbero essere costantemente assorbite dall’appetito degli investitori nei prossimi trimestri”.
Grande attenzione, inoltre, per le obbligazioni legate a tassi reali e indicizzate all’inflazione al posto di quelle nominali. Infine grande prudenza per i titoli di Stato dei mercati sviluppati che, nonostante le circostanze, hanno rendimenti poco attrattivi.