Attenzione al cambio delle carte: cos’è il sistema GICS e perché ravvedersene

A quale categoria di investimento appartengono le carte di credito? E’ tecnologia o finanza? Quanto è esposto l’indice tecnologico agli strumenti di pagamento elettronici? Le risposte del sistema GICS e la rivoluzione del 2022

E se d’un tratto cambiassero le regole del gioco e una azienda del comparto tech finisse per essere classificata come un’azienda del settore bancario? È quanto sta accadendo ad alcune realtà innovative che, avendo ormai integrato la tecnologia all’interno del proprio business, si preparano a spostarsi verso un nuovo ambito di appartenenza.

Parliamo delle aziende dei pagamenti digitali. Per molto tempo ci si è chiesti: quando un servizio finanziario non è considerato un servizio finanziario? La risposta, sottolinea Cosmo Elms, Head of Etf Business Development di Legal and General Investment Management (LGIM), è sempre stata: “Quando si tratta di un semplice processore di pagamento”. Parliamo di nomi come Visa, Mastercard e PayPal, attualmente classificati come società tecnologiche nel sistema Global Industry Classification Standard (GICS), che si preparano però a cambiare ‘casata’.

Cos’è il sistema GICS

Facciamo un passo indietro. La classificazione GICS è stata lanciata nel 1999 dai provider MSCI e S&P Dow Jones nel tentativo di creare uno strumento di investimento efficiente per catturare l’ampiezza, la profondità e l’evoluzione di particolari settori di mercato. Alle società quotate sui mercati azionari è stata assegnata una classificazione GICS in base alla loro attività commerciale. Esistono ad oggi in tutto 11 categorie: energia, materiali, industria, consumi discrezionali, consumi di base, salute, banche e finanza, tecnologia e IT, servizi di comunicazione, servizi di pubblica utilità, immobili.

Come riportato da Financial Times, a metà novembre, Visa, Mastercard e PayPal presentavano una capitalizzazione di mercato combinata di oltre mille miliardi di dollari, rispettivamente al quarto, sesto e ottavo posto tra i titoli del settore IT. “Una nuova consultazione di MSCI e S&P Dow Jones Indices propone di spostare tali attività dal settore della tecnologia dell’informazione al settore finanziario” spiega Elms. Ciò determinerebbe un passaggio da un comparto con multipli mediamente più elevati ad uno con multipli più contenuti, con le conseguenze del caso sui listini.
“Due punti mi colpiscono a questo proposito” prosegue Elms: “In primo luogo, gli investitori in indici tecnologici tradizionali potrebbero non aver realizzato quanta esposizione avevano alle carte di credito; in secondo luogo, gli investitori nei tradizionali indici del settore finanziario potrebbero non essersi resi conto che queste parti importanti dell’ecosistema bancario erano assenti dai loro portafogli”.

Un alert per gli investitori in prodotti indicizzati arriva anche in merito alla concentrazione delle posizioni in portafoglio: se le novità GICS dovessero realizzarsi, spiega l’esperto, Apple e Microsoft, titoli tech con ponderazioni già elevate e a doppia cifra in molti indici tecnologici, potrebbero accrescere il loro peso, all’interno di un paniere nel quale entrerebbero realtà di settore ben più piccole.

Chi altro sotto il faro GICS?

L’ambito dei pagamenti digitali non è l’unico che potrebbe risentire di un cambio di categoria.
La classificazione GICS potrebbe rivedere anche l’appartenenza dei produttori di apparecchiature per l’energia rinnovabile e sistemi di energia rinnovabile, attualmente inseriti nella categoria tecnologia dell’informazione e dell’industria, verso il settore dell’energia.
“Sebbene ciò abbia intuitivamente un senso, è probabile che mescolare i combustibili fossili con l’eolico e il solare in un unico indice ‘energy’ sia problematico per gli investitori in prodotti indicizzati che cercano un’esposizione più pura alle azioni che guidano e beneficiano della transizione energetica. Creare indici più logici e di ampio respiro è indubbiamente difficile. Ecco perché non siamo sorpresi di vedere sempre più investitori guardare a strategie tematiche piuttosto che a indici settoriali”.

La revisione delle metriche GICS non è comunque affare di tutti i giorni: dalla creazione nel 1999 a oggi sono stati apportati solo due interventi, con la creazione del settore immobiliare separato dal settore finanziario nel 2016, e lo sviluppo del settore dei servizi di comunicazione nel 2018, che ha estrapolato Netflix dal settore dei consumi discrezionali e Facebook dal settore tecnologico.
“L’adozione di un approccio attivo e indipendente durante la progettazione di strategie tematiche può portare a esposizioni più lungimiranti, svincolate da classificazioni settoriali obsolete e che spesso hanno una sovrapposizione molto bassa agli indici tradizionali”.

Per tale ragione, chiosa Elms, “riteniamo sia fondamentale mantenere la natura sistematica di un approccio all’indice, in quanto ciò può comportare un’esposizione diversificata a un tema senza assumere troppi rischi specifici dell’azienda”.

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