Le modifiche delle condizioni contrattuali del conto corrente possono essere facilmente oggetto di controversie fra la banca e i suoi clienti. Alcuni anni fa FinecoBank aveva abbandonato le condizioni a costo zero, suscitando interesse giornalistico, ma senza risvolti legali o tentativi di “rivalsa” da parte dei correntisti. Non è andata così in un altro recente caso che è stato sottoposto al giudizio del Tribunale di Milano e del quale We Wealth ha potuto consultare le carte.
Banca Widiba ha citato in giudizio uno dei suoi correntisti, fra le decine che avevano fatto ricorso con successo all’Arbitro bancario finanziario (l’Abf) per vedersi riconosciuto il diritto al mantenimento di un conto corrente “gratuito per sempre”, come promesso nelle campagne pubblicitarie di alcuni anni fa. L’Abf, un organo di risoluzione delle controversie stragiudiziale, si era espresso in favore dei correntisti affermando che l’introduzione di nuove voci di costo era incompatibile con le modalità di modifica unilaterale del contratto. Per contestare questa posizione assunta in diverse occasioni dall’Abf, Widiba ha deciso di citare in giudizio G. F. Presso il solo Abf di Milano i ricorsi accolti e pubblicati con relative motivazioni sono almeno altri 17.
L’obiettivo, definito nell’atto di citazione come di “massima importanza per la banca”, è veder dimostrata in sede giudiziaria la legittimità delle modifiche sui costi del conto corrente (come esercizio dello jus variandi ai sensi dell’articolo 118 del Testo unico delle leggi in materia bancaria).
Si sarebbe dunque arrivati alla situazione in cui un singolo correntista, fra i tanti ai quali l’Abf ha riconosciuto il diritto a pretendere il mantenimento del conto gratuito, ora dovrà pagare spese legali nell’ordine della decina di migliaia di euro (solo per il primo grado).
Una situazione paradossale perché la parte “lesa”, almeno secondo l’Abf, non aveva intentato alcuna azione legale, pur avendo sollevato la questione davanti all’organo stragiudiziale preposto, ma ora si vede di fatto aggredita da un soggetto molto più grande e capace di sostenere le sue ragioni. Parte “lesa” anche perché la banca, non essendo legalmente tenuta a farlo, ha disatteso il pronunciamento dell’Abf (datato 9 dicembre 2022) “ritenendolo concettualmente errato”.
“Per sempre”, ma con l’asterisco
Con la portabilità del conto gratuita, i clienti possono agevolmente cambiare banca se non si sentono soddisfatti delle condizioni applicate. La battaglia ‘di principio’ dei correntisti di Widiba, che si erano sentiti ingannati dalla pubblicità (“gratuito per sempre”) non è mai conveniente da portare nelle aule di Tribunale: con costi trimestrali portati da zero a 7 euro e 50 centesimi, nel caso specifico, non vale la pena smuovere gli avvocati. Per la banca, intenzionata a sconfessare la posizione dell’Arbitro bancario finanziario, evidentemente sì. La causa intentata contro un singolo soggetto, per quanto non costituisca una mossa irregolare in alcun modo appare quantomeno insolita. Perché Widiba ha deciso di procedere in questo modo? La banca e il suo legale, contattati da We Wealth, non hanno commentato la vicenda.
Tuttavia, essendo ogni pronunciamento favorevole dell’Abf su ciascun caso individuale, non avrebbe avuto senso per nessuna delle parti intentare decine di cause singole anziché una sola – posto che l’obiettivo sia quello di raggiungere una sentenza che sancisca la legittimità delle modifiche nelle condizioni del conto corrente. E’ una procedura nota come “leading case” e, per quanto iniqua nei confronti del soggetto che si vede citato in giudizio, è quella che complessivamente impegna meno risorse – per la banca e per le altri parti potenzialmente coinvolte.
“L’utilizzo di Abf nel mio caso personale ha trasformato una questione di pochi euro in un danno a mio carico di decine di migliaia catapultandomi, da solo, in una guerra sui principi giuridici con la banca. E questo soltanto perché mi ha dato ragione”, ha dichiarato a We Wealth il signor G.F., “credo che la parola ‘tutela’ non rispecchi l’intento che si prefigge quest’organo: forse nemmeno loro potevano immaginare che una banca, tra tutte le azioni che avrebbe potuto compiere, scegliesse la via della ‘clava’ giuridica contro un cliente, azione probabilmente mai compiuta prima da nessun intermediario soccombente”.
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Nel merito della vicenda, è in gioco la corretta interpretazione su ciò che la banca può o non può fare quando cambia unilateralmente i contratti.
Nel caso di G. F., comune per il solo collegio Abf di Milano ad altri 17 casi a oggi pubblicamente consultabili, viene dichiarato che “la facoltà di modificare unilateralmente le clausole contrattuali prevista dall’art. 118 Tub non può essere utilizzata dagli intermediari per introdurre ex novo clausole prima assenti nel regolamento contrattuale”.
Una posizione, quella dell’Abf, apertamente contestata da Banca Widiba che ora sembra intenzionata a far valere la sua linea interpretativa andando fino in fondo.