Francesco Vezzoli, autoritratto, 2019. Courtesy dell’artista
Cosa è giusto, cosa è sbagliato? «Allora, l’unica risposta che posso dare io è questa. Quando, da studente del liceo classico, leggevo Catullo, Saffo, le gesta di Giulio Cesare, studiavo il Rinascimento, Bernini… nel mio orientamento sessuale diverso mi sentivo accolto. Io in questo passato culturale mi sono riconosciuto, mi sono sentito protetto. Quindi identitariamente rivendico il diritto a che nessuno mi porti via né i miei ricordi, né le mie memorie, né tutto quello che mi ha permesso e incoraggiato a fare quello che faccio e ad essere quello che sono». Con le sue opere, sarà ben difficile perdere la memoria del passato-presente cui si riferisce Vezzoli.
Il Leone di Francesco Vezzoli dal 2/10/2021 in piazza della Signoria, dettaglio. Il “marzocco”, denominazione medievale del leone, è uno dei simboli della città di Firenze. Courtesy Museo Novecento
Ph. Teresa Scarale
La scultura posizionata all’interno dello Studiolo di Francesco I de’ Medici, il «principe ghiribizzoso», ricorda il curatore Sergio Risaliti, è una figura di togato romana sulla quale è innestata una testa “metafisica” in bronzo lucido, citazione de Gli archeologi di De Chirico, «una delle opere che meglio rappresenta il recupero della classicità in epoca moderna», illustra Risaliti. Lo studiolo fu realizzato tra il 1569 e il 1573 e le sue pareti lignee sono interamente foderate di pittura della scuola vasariana; è «uno scrigno prezioso, carico di misteriose suggestioni iconografiche, esoteriche e astrologiche» prosegue il curatore. Vezzoli si inserisce «nel percorso concettuale di De Chirico e Savinio, inventori di metamorfosi e di collage misteriosi». Non ricerca l’armonia formale, quanto piuttosto un mondo surreale in cui si mescolano archeologia e fantasia, memoria e invenzione. In questa dimensione la cultura classica diventa materia da scomporre e ricomporre, attualizzandola. L’ibridazione fra epoche è la via per una riflessione artistica e non ideologica sull’identità.
Il leone di Francesco Vezzoli in piazza della Signoria. Ph. Teresa Scarale
I più “sospettosi” possono stare tranquilli. Gli interventi di Francesco Vezzoli sono stati «chirurgici», per dirla con l’assessore alla cultura Tommaso Sacchi, ben consapevole del fatto che nelle installazioni artistiche site-specific gli «aspetti filologici, storici, cromatici, di ingombro, di posizionamento vanno rispettati». La cura ossessiva di Francesco però è uscita vincitrice. E poi, «nessun artista prima di lui aveva pensato di lavorare sul dentro (Studiolo, ndr) e sul fuori (piazza della Signoria, ndr)».