Sino a pochi anni fa la legge italiana riconosceva, disciplinava e tutelava unicamente la famiglia fondata sul matrimonio tra due soggetti di sesso diverso (art. 29 Cost, art. 79 ss c.c.). Solo a decorrere dal 5 giugno 2016, entrata in vigore della Legge Cirinnà, anche l’Italia prevede che due persone dello stesso sesso possano contrarre un vincolo con carattere di stabilità, l’unione civile, (art. 1 commi 1-35 l. 76/2016) e ha disciplinato diritti e doveri delle coppie di fatto, sia eterosessuali che omosessuali (art. 1 commi 36-65 l. 76/2016).
Poiché, però, ci sono ancora diversi dubbi su alcuni punti nevralgici, cercheremo di fare chiarezza mantenendo un focus sugli aspetti patrimoniali e successori iniziando dal vincolo “matrimoniale” che le coppie omosessuali possono celebrare.
Per la celebrazione dell’unione civile la legge italiana richiede la maggiore età, la capacità di intendere e di volere, la libertà da precedenti vincoli matrimoniali nonché l’assenza di vincoli di parentela, affinità, adozione tra i membri dell’unione civile.
L’unione deve essere celebrata davanti un Ufficiale dello Stato Civile alla presenza di due testimoni e successivamente registrata nei pubblici registri.
Con l’unione civile, al pari di quanto accade con il matrimonio, entrambi i componenti della coppia acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri. In particolare, ogni componente della coppia assume nei confronti dell’altro, l’obbligo di assistenza morale e materiale nonché il dovere di contribuire ai bisogni comuni in relazione e in proporzione alle sostanze di ciascuno e alla rispettiva capacità lavorativa.
In occasione della celebrazione, la coppia potrà scegliere il regime patrimoniale di comunione o separazione dei beni ma in mancanza di scelta espressa, si applicherà all’unione il regime ordinario della comunione dei beni.
Inoltre, come per i coniugi, agli uniti civilmente possono costituire un fondo patrimoniale (vale a dire possono creare un patrimonio separato che abbia come specifica destinazione la finalità di far fronte ai bisogni della famiglia, art. 167 c.c.), e costituire un’impresa familiare con applicazione della normativa fiscale e previdenziale.
Alle unioni civili si applicano poi:
- il congedo matrimoniale;
- il licenziamento in costanza di matrimonio;
- i permessi per lutto, per eventi particolari o per assistere il coniuge disabile;
- i trattamenti economici specifici per assistere una persona affetta da disabilità accertata;
- la trasformazione con priorità del rapporto di lavoro da full time a part time nel caso in cui vi sia la necessità di assistere un partner malato oncologico.
Ma ancora all’unito civilmente si applica la disciplina della successione legittima e di quella legittimaria. Ne consegue che in assenza di testamento, all’unito supestite spetterà:
- l’intera eredità in mancanza di figli, ascendenti, fratelli e/o sorelle del defunto partner;
- 1/2 dell’eredità in caso di concorso con un figlio;
- 1/3 dell’eredità in caso di concorso con due o più figli;
- 2/3 dell’eredità in concorso con ascendenti, fratelli e/o sorelle.
Inoltre al partner superstite è attribuito il diritto di abitazione sulla casa familiare e di uso sui mobili che l’arredano ex lege e gli è riconosciuto il diritto al pagamento di tutte le indennità di lavoro previste dalla legge.
Anche in caso di scioglimento dell’unione, il provvedimento del Giudice competente a dichiararne lo scioglimento andrà a regolamentare gli aspetti patrimoniali tra gli ormai ex uniti civilmente dando applicazione analogica dei principi enunciati in materia di divorzio. Il Giudice, pertanto, potrà prevedere in capo all’ex partner economicamente più debole l’assegnazione temporanea della casa adibita ad abitazione familiare e la previsione di un assegno. Per arrivare a tale determinazione, il Giudice, al pari di quanto accade nei procedimenti di scioglimento del vincolo matrimoniale, partirà dalla ricostruzione dei patrimoni e dallo stato di convivenza di fatto esistente prima della formalizzazione dell’unione, andando a valutare le scelte di vita assunte nel corso della relazione delle parti per verificare eventuali sacrifici fatti dall’uno verso l’altro per la maturazione e lo svilupparsi del rapporto personale. Non dimentichiamo, poi, che il partner ha diritto al 40% del T.f.r. dell’ex, maturato negli anni in cui il vincolo era in essere e purché non vi sia stato, successivamente, un matrimonio o una nuova unione civile.
Di recente, la Corte di Cassazione ha confermato la competenza del Tribunale ordinario anche per le decisioni sull’affidamento dei figli nati dall’unione civile, sui rapporti con il genitore non collocatario e in merito alla determinazione del contributo dovuto da quest’ultimo per il mantenimento dei minori (Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza n. 16338/21; depositata il 10 giugno).