Se la prima operazione da fare in questi casi è la individuazione dello Stato competente a decidere sulla mia domanda di separazione/divorzio, la seconda operazione da fare è la definizione della legge competente alla mia situazione di crisi familiare.
Abbiamo visto, infatti, che in applicazione del Regolamento Ue n. 1259/2010 c.d. Reg Roma III, sempre più spesso i coniugi sottoscrivono un accordo nel quale stabiliscono in anticipo la legge da applicare alla loro crisi familiare.
Ecco che allora, diventa fondamentale conoscere come i diversi Stati disciplinano le obbligazioni nascenti dal matrimonio e come gestiscono la crisi coniugale per poter validamente decidere quale legge applicabile al proprio matrimonio ovvero in quale Stato decidere di “spostare” la residenza abituale prima di procedere con la separazione/divorzio.
Non dimentichiamo, infatti, che l’Italia è uno dei pochi Stati in cui lo scioglimento del vincolo matrimoniale viene dichiarato solo dopo il procedimento di separazione; nella maggior parte degli altri Stati infatti, i coniugi possono chiedere subito il divorzio con risparmio di tempo e minimizzando i rischi di un cambio di accordi.
Iniziamo quindi questo nostro “viaggio” all’interno delle normative straniere con l’analisi della legge inglese perché, nonostante il Regno Unito dal 1° gennaio 2021 sia a tutti gli effetti, uno Stato terzo, Londra è da anni conosciuta come “la capitale dei divorzi nel mondo” e come tale si è confermata anche nel 2021 registrando un aumento del 40% dei divorzi rispetto all’anno precedente.
I Tribunali inglesi, infatti, sono famosi perché il processo di divorzio è relativamente semplice e l’approccio alla divisione dei beni è spesso generoso con il coniuge “finanziariamente più debole” (normalmente femminile).
La procedura del divorzio è regolata dal Matrimonial Causes Act del 1973 secondo modalità relativamente semplici.
Qualsiasi coniuge a condizione che il matrimonio sia stato celebrato da almeno un anno, può chiedere alla Corte di concludere il proprio matrimonio sulla base del fatto che la relazione è da ritenersi «irrimediabilmente compromessa». Per ottenere lo scioglimento del vincolo matrimoniale è richiesta innanzitutto la compilazione di un “form”, attraverso il quale il richiedente attesta la volontà di divorziare, indicando poi una tra le cinque cause valide ai fini dello scioglimento del vincolo matrimoniale:
a) adulterio: il richiedente non può fornire come ragione l’adulterio se lui o lei vivono insieme come una coppia dopo sei mesi dall’avvenuta conoscenza dell’adulterio;
b) comportamento irragionevole – questo è di gran lunga il caso più comune e di solito si richiede che la parte richiedente fornisca esempi di situazioni in cui il marito o la moglie si sono comportati in modo da non poter più ragionevolmente ritenere di vivere con il coniuge;
c) abbandono del tetto coniugale– è il caso in cui il marito o la moglie abbiano lasciato la casa coniugale senza previo accordo o un buon motivo;
d) le parti hanno vissuto separatamente per più di due anni ed entrambi accettano il divorzio;
e) le parti hanno vissuto separatamente per almeno cinque anni – anche se l’altra parte non è d’accordo.
Se il convenuto acconsente al divorzio e concorda con i fatti citati a sostegno della richiesta, è possibile completare l’intero processo di divorzio all’incirca in 6 mesi, se invece, la richiesta viene contestata e le parti non sono state separate per cinque anni e non c’è stato adulterio, il processo può richiedere più tempo.
Una grande differenza rispetto all’Italia sta nel fatto che la legge inglese non prevede l’addebito quale causa di esclusione del mantenimento. L’adulterio è solo un motivo di divorzio, con la conseguenza che la Corte inglese si esprime quasi sempre in tema di “mantenimento” del coniuge. Nel disporre tale corresponsione, La Corte ha ampi poteri discrezionali ed i provvedimenti che possono essere disposti sono:
a) il mantenimento, detto anche periodical payments;
b) un’unica somma forfettaria o più somme;
c) adeguamento o trasferimento di interessi immobiliari;
d) adeguamento degli interessi nel trust;
e) ripartizione/assegnazione di pensioni.
Nel valutare tali provvedimenti, il giudice deve prendere in considerazione:
a) il reddito, la capacità di guadagno, le proprietà e le altre risorse economiche che ciascuna delle parti possiede o di cui avrà disponibilità nel prossimo futuro;
b) le esigenze economiche, gli obblighi e le responsabilità di ciascuna delle parti del matrimonio o che con probabilità avrà nel prossimo futuro;
c) il tenore di vita della famiglia;
d) l’età di ciascuna parte e la durata del matrimonio;
e) qualsiasi disabilità fisica o mentale di una delle parti;
f) i contributi che ciascuna delle parti ha fatto o è probabile prevedere che faccia nel prossimo futuro per il benessere della famiglia, compresi i contributi nella cura della casa o della famiglia;
g) il comportamento delle parti; e
h) la perdita di vantaggi economici (come i diritti alla pensione).
La Corte inglese, infatti, ha il compito di dividere e distribuire equamente tra i coniugi tutto il patrimonio della famiglia, definito “matrimonial pot”, da cui restano generalmente esclusi gli assets acquisiti prima del matrimonio e i beni ricevuti in eredità, salvo il caso in cui, durante gli anni matrimoniali, sono di fatto serviti per gli usi e a vantaggio della famiglia.
Vista l’ampia discrezionalità lasciata alle Corti circa la ripartizione dei beni della famiglia, i giudici terranno conto delle necessità del caso concreto, della durata del rapporto affettivo e del contributo apportato alla famiglia da ciascun membro, e potranno disporre il frazionamento anche dei non matrimonial assets.
Tra i matrimonial assets, ovvero quei beni acquistati in continuità di matrimonio, rientra sempre la family home, a prescindere da quando e da come essa sia stata acquistata.
In merito all’assegnazione della casa coniugale in Inghilterra, la family home costituisce un elemento fondamentale del patrimonio della famiglia. La sezione 63 del Family Law Act dispone che, al fine dell’individuazione della casa familiare, i coniugi abbiano posto su di essa un vincolo di destinazione, intendendo fruirne, in continuità di matrimonio, in qualità di matrimonial home of theirs.
La casa famigliare, in sede di divorzio, potrà essere assegnata ad uno dei due coniugi, al quale potrà essere anche trasferita in proprietà malgrado lo stesso non ne sia comproprietario, oppure potrà essere venduta con lo scopo di ottenere un capitale che sarà poi diviso per l’acquisto di nuove soluzioni abitative.