Il momento della trattativa diretta tra Donald Trump e Vladimir Putin per la fine del conflitto ucraino è arrivato. “Vogliamo vedere se possiamo porre fine a questa guerra”, ha dichiarato il presidente americano domenica sera. “Forse possiamo, forse no, ma credo che abbiamo una buona possibilità.” La telefonata è fissata per martedì 18 marzo e, a giudicare dalle reazioni dei mercati, le probabilità di una svolta diplomatica stanno aumentando. Anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha parlato di una “buona possibilità di finire questa guerra e assicurare la pace”, dopo che Kyiv ha accettato la proposta statunitense di una tregua di 30 giorni. Mosca ha risposto dicendosi disponibile a discuterne, ma solo a determinate condizioni.
Le scommesse degli investitori si stanno già allineando a questo scenario. Il rublo si è rafforzato di circa il 30% da inizio anno, tornando ai massimi toccati (brevemente) nel giugno 2024. Un chiaro segnale, tra le altre cose, delle aspettative su un possibile allentamento delle sanzioni contro Mosca. Gli hedge fund hanno iniziato a muoversi: “C’è sicuramente un certo entusiasmo, soprattutto nella comunità degli hedge fund”, ha dichiarato al Financial Times Roger Mark, analista del reddito fisso presso Ninety One. Arginati dalle restrizioni che impediscono di acquistare titoli sovrani russi, i trader hanno incrementato le posizioni su valute alternative strettamente legate al rublo, come il tenge kazako, e stanno utilizzando contratti derivati (NDFs) per speculare sulla valuta russa senza possederla direttamente.
Si tratta di una scommessa ad alto rischio. Lo stesso Trump, il 7 marzo, aveva avvertito che nuove sanzioni potrebbero essere imposte alla Russia se Mosca non collaborasse nel raggiungimento di un compromesso sul cessate il fuoco. Un inasprimento delle restrizioni potrebbe rapidamente sgonfiare il rally del rublo.
Ma il “peace trade” non riguarda solo gli asset russi. Anche i mercati energetici sembrano prezzare una possibile fine del conflitto: il future del gas TTF, parametro di riferimento per l’Europa, è sceso del 30% dal picco di febbraio, attestandosi intorno ai 40 euro/MWh. L’idea è che, con un accordo di pace, parte dei flussi di gas russo potrebbe tornare a rifornire l’Europa. Alcuni Paesi, come Slovacchia e Ungheria, preferirebbero ripristinare le importazioni dalla Russia, meno costose rispetto al gas liquefatto acquistato dagli Stati Uniti. Il dibattito politico resta acceso: “L’energia russa è velenosa, è accompagnata da manipolazione politica e ricatto”, ha dichiarato a Politico il ministro degli Esteri lituano Kęstutis Budrys. “Credo che l’Europa abbia imparato la lezione e non ricadrà nella trappola della dipendenza dalle risorse energetiche russe.”
Un altro settore che sta anticipando la fine della guerra è quello delle costruzioni. L’indice Stoxx Construction & Materials è salito del 17,8% da inizio anno, sovraperformando il +7,7% dello Stoxx 600. Tra i titoli più in evidenza c’è WeBuild, che potrebbe giocare un ruolo chiave nella ricostruzione delle infrastrutture in Ucraina: il titolo è in rialzo del 26% da gennaio, con un’accelerazione del 14% solo nell’ultima settimana. Da un certo punto di vista, la scommessa sulla ricostruzione sembra meno rischiosa rispetto alla speculazione sul gas o sul rublo, che sono più direttamente collegate alle future relazioni politiche fra Russa ed Europa.
Tuttavia, la crescita del settore difesa segnala che la fine delle ostilità in Ucraina non significa necessariamente un disimpegno militare in Europa. L’indice Stoxx Defence è in rialzo del 33% da inizio anno, consolidando i guadagni accumulati nel 2023. L’aumento della spesa militare nei bilanci pubblici europei suggerisce che, anche in uno scenario di pace, le tensioni globali e le strategie di deterrenza resteranno centrali.