Si scrive investire nel vino, si legge investire in bottiglie
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di vino di pregio. Sicuramente vero. Ma investire nel vino non è solo questo, che pur resta la parte più nobile del wineinvesting. Dietro la bottiglia si cela un mondo di attività imprenditoriali, che sono terreno fertile per chi vuole cogliere tutte le opportunità di investire, direttamente o indirettamente, sul settore vitivinicolo italiano.
D’altronde, proprio in Italia, l’agroalimentare non è soltanto un’industria, ma un vero e proprio marchio riconosciuto ed appezzato in tutto il mondo. “In tale contesto, la filiera viti- vinicola – viene sottolineato in un nuovo studio della Rome Business School -, rappresenta uno dei pilastri del sistema a- groalimentare nazionale tanto che il vino, la vite e i territori viticoli sono definiti «patrimonio culturale nazionale» dall’Art.1 della L.12 dicembre 2016, n. 38 sulla Disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino (c.d. T.U. del Vino)”. Ma dove si nascondono, quindi, tutte le opportunità di investimento?
Come spiegano gli esperti della Rome Business School, la filiera vitivinicola può essere scomposta in quattro processi principali: produzione delle uve, centro di vinificazione, centro di condizionamento, centro di distribuzione. Vediamoli nel dettaglio
I quattro processi della filiera del vino
La “Produzione delle uve” è un processo che prevede tutte le fasi che vanno da un probabile impianto del vigneto alla gestione agronomica annuale che l’azienda effettua fino alla raccolta delle uve a maturazione avvenuta e successiva consegna delle materie prime al centro di vinificazione. Per quanto riguarda il processo del “Centro di vinificazione”, si tratta di tutte quelle attività che prevedono il conferimento delle uve al centro di vinificazione per l’ottenimento prima di mosti e successivamente alla produzione di vini. Il processo chiamato “Centro di condizionamento” è legato al centro di imbottigliamento ma non solo, in quanto non è detto che il vino prodotto esca soltanto in bottiglie, esso può essere venduto in dame, in cisterne o al dettaglio sfuso. In questa fase si ha la costituzione dei blend per ottenere la tipologia di vino desiderato oppure l’invecchiamento in barrique. Il prodotto viene successivamente confezionato, etichettato e stoccato, pronto per essere venduto.
Infine, abbiamo il “Centro di distribuzione”. Questa è la fase in cui il prodotto viene venduto al cliente finale che può essere il singolo consumatore oppure la grande distribuzione. Questi processi, nelle realtà più semplici, possono far riferimento ad un solo operatore (filiera corta), mentre nelle realtà più complesse anche a quattro operatori diversi.
“Ognuna delle suddette fasi – scrivono gli esperti nel report – è, a sua volta, affidata ad uno o più operatori, che hanno generato nel 2021 un fatturato complessivo di 11 miliardi di euro, +9% rispetto al 2020, ma ancora distante dagli 13 miliardi registrati nel 2019”. In sintesi, va sottolineato che i mestieri del vino sono numerosi e coinvolgono settori molto diversi, dal contatto diretto con l’uva alla distribuzione in Italia e nel mondo, fino ad arrivare all’enoturismo che lo scorso anno ha raggiunto circa 2 miliardi di euro di fatturato.
“Come abbiamo visto quindi, – sottolineano gli studiosi – considerata la complessità della filiera del vino e l’interesse che un numero sempre maggiore di persone le rivolgono, complice anche il web, questa interessa un gran numero di settori e professionalità coinvolte in diversa misura nei processi di lavorazione e commercializzazione”.
Le opportunità nella complessità
È evidente che quello del vino è quindi un settore ben più com- plesso di quanto faccia vedere una splendida bottiglia di Borde- aux messa in bella mostra e comprata come investimento. Ma la complessità e le relative problematicità non fermano certo la produzione di vino in Italia che si conferma sempre molto forte e generatrice di business. Nel primo semestre del 2022 (al 31 maggio 2022) secondo dati MiPAAF negli stabilimenti enologici italiani erano presenti 50,7 milioni di ettolitri di vino e 5,3 milioni di ettolitri di mosti. Rispetto allo stesso periodo del 2021, si os- serva un valore delle giacenze superiore per tutti i vini (+3,1%) e i mosti (+19,8%). Questi numeri confermano le previsioni dell’anno scorso che vedevano l’Italia superare i 50 milioni di ettolitri, posizionandosi come l’unico tra i tre principali produttori europei per cui si prospettava una variazione positiva rispetto il 2021 (+2%), davanti la Francia (45,6 milioni di ettolitri) e la Spagna (37,8 milioni di ettolitri). E non finisce qui.Secondo lo studio della Rome Business School, si attende per gli ultimi mesi del 2022 un ulteriore aumento delle vendite complessive: 91,7% dei principali produttori di vino pre- vede un incremento dei ricavi, a due cifre nel 23,3% dei casi; la quota cala all’87% se si guarda all’export, secondo Area Studi Mediobanca. “Tuttavia, a frenare la corsa del vino italiano è e sarà soprattutto la crescita dei costi: un +35% in media, a causa delle tensioni su energia e materie prime generate dalla guerra in Ucraina con aumenti unilaterali da parte dei fornitori di imballaggi. Nei vigneti si registra- no infatti rincari che vanno dal +170% dei concimi al +129% per il gasolio. Una bottiglia di vetro costa fino al 50% in più rispetto allo scorso anno, mentre il prezzo dei tappi ha superato il 20% per quelli di sughero e addirittura il 40% per quelli di altri materiali”. Tutte problematiche che gli imprenditori più attenti, con i giusti investimenti e le consulenze professionali d’eccellenza, stanno già tra- sformando in opportunità.