Il decreto legislativo 139/2024, pubblicato in Gazzetta ufficiale lo scorso 2 ottobre, prevede nuove disposizioni per successioni e donazioni e ha introdotto diverse novità inerenti l’uso del Trust, aumentandone la flessibilità nella pianificazione patrimoniale. Ne abbiamo parlato con Marco Cerrato, avvocato e partner dello studio Maisto e Associati, spiega cosa cambierà rispetto alla normativa precedente analizzando le principali novità in vigore dal 1° gennaio 2025.
Il Decreto stabilisce nuove regole sull’utilizzo e sulla tassazione dei beni trasferiti tramite Trust. Cosa cambia dal prossimo anno?
«Il decreto ha portato maggior chiarezza recependo i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità e successivamente fatti propri dall’Agenzia delle Entrate nella Circolare 34/E del 2022. La novella legislativa positivizza, dunque, il principio della “tassazione in uscita” per l’applicazione dell’imposta sulle successioni, consentendo però di optare per la “tassazione in entrata”, quindi al momento della dotazione dei beni in trust. Tale possibilità rappresenta la novità più rilevante del Decreto e potrà consentire di pianificare in maniera più efficiente le operazioni di passaggio generazionale a seconda delle situazioni specifiche»
Il decreto introduce nuove regole di territorialità per i trust. Quali implicazioni pratiche comporta?
«La residenza del disponente al momento dell’apporto è cruciale. Se il disponente è residente in Italia, tutto ciò che apporta nel trust è tassato, anche se successivamente si trasferisce all’estero. Per i non residenti, invece, stando a una interpretazione letterale della novella legislativa, la tassazione dovrebbe applicarsi solo ai beni situati in Italia al momento della distribuzione ai beneficiari. Tuttavia, la norma si presta a interpretazioni contrastanti. Secondo una prima chiave di lettura, in presenza di disponenti non residenti la localizzazione dei beni andrebbe verificata al momento dell’apporto; secondo una seconda lettura – più aderente alla lettera della norma e sostenuta dal notariato – la territorialità dell’imposta in tali casi andrebbe verificata in uscita. Volendo fare un esempio pratico, dunque, in base alla prima interpretazione si verificherebbe la tassazione in Italia solo in caso di beni italiani ivi localizzati al momento dell’apporto, mentre in base alla seconda interpretazione si avrebbe la tassazione in Italia solo in caso di beni localizzati in Italia al momento della distribuzione ai beneficiari».
La nuova opzione di tassazione in entrata rappresenta un cambiamento significativo. Cosa devono valutare i contribuenti prima di sceglierla?
«Il fattore chiave è la previsione sul futuro delle aliquote e delle franchigie. Se si teme un aumento delle aliquote o una riduzione delle franchigie nei prossimi anni, la tassazione anticipata può essere vantaggiosa per cristallizzare le aliquote e le franchigie attualmente applicabili. Tuttavia, per chi prevede una stabilità o addirittura un’abolizione delle imposte di successione, potrebbe essere più sensato attendere la distribuzione. La decisione deve tener conto dell’aspetto finanziario e, dunque, della disponibilità di liquidità per affrontare la tassazione immediata».
Quali opportunità offre la tassazione in entrata per il passaggio generazionale?
«Questa opzione sebbene non chiarito espressamente dalle nuove norme, dovrebbe consentire di beneficiare dell’esenzioni da imposte di successione e donazione previste per i passaggi generazionali. Optando per la tassazione in entrata, sembra possibile pianificare trasferimenti inter vivos o mortis causa esentasse, usufruendo dell’esenzione dalle imposte eventualmente dovute al momento della distribuzione dal trust. Se si rispettano i requisiti, ad esempio trasferendo almeno il 51% delle azioni con un vincolo di mantenimento per cinque anni, il trust diventa uno strumento efficace per ottimizzare il passaggio generazionale, evitando oneri futuri».
Il decreto specifica che, in mancanza di un’identificazione chiara dei beneficiari, l’imposta sarà applicata con l’aliquota massima dell’8% senza franchigie. Questo potrebbe disincentivare l’utilizzo del trust in alcuni casi?
«L’applicazione dell’8% rappresenta un deterrente, specialmente se i beneficiari non appartengono esclusivamente alla cerchia familiare stretta. Tuttavia, sebbene sul punto non vi siano ancora indicazioni, ritengo che sia possibile limitare l’applicazione dell’aliquota massima mediante la creazione di sottofondi dedicati a beneficiari appartenenti a diverse categorie, preservando così l’aliquota minima per i sottofondi riferibili a coniugi e discendenti Questa nuova regola potrebbe spingere i contribuenti a strutturare i trust in modo più accurato, identificando beneficiari che godano di aliquote più favorevoli».
In conclusione, come è stata accolta la riforma dagli operatori del settore? E cosa ci si aspetta dal punto di vista operativo e interpretativo nei prossimi mesi?
«La riforma è stata sicuramente accolta in maniera positiva perché finalmente i trust godono di una disciplina compiuta ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni. Tuttavia, vi sono ancora aspetti che avrebbero meritato maggiore chiarezza da parte del legislatore delegato. Per operazioni più complesse, potrebbe, quindi, essere utile attendere la circolare illustrativa delle novità dell’Agenzia delle Entrate, che molto probabilmente chiarirà i punti più controversi nei prossimi mesi. Nel frattempo, i trust possono già assumere un ruolo centrale nella pianificazione patrimoniale, grazie alla possibilità di optare per la tassazione anticipata e alla maggiore certezza normativa. Tuttavia, per operazioni con profili cross border e temi di territorialità oppure per quelle in cui può essere opportuno fare leva sulle esenzioni per i passaggi generazionali, sarà importante procedere con cautela e valutare ogni variabile. Infine, sui trust testamentari, le nuove disposizioni non offrono ancora tutti i chiarimenti necessari per il loro utilizzo in ambito successorio. Confido che nei prossimi anni si possa colmare questo vuoto normativo con la prassi e gli interventi chiarificatori della dottrina, dell’amministrazione finanziaria e della giurisprudenza».