La consuetudine di mantenere il controllo dell’azienda sino a tarda età, particolarmente radicata tra gli imprenditori italiani, sta generando un fenomeno che, per la sua diffusione, è meritevole di attenzione: il passaggio generazionale dell’impresa di famiglia avviene sovente non a favore dei figli, ma direttamente a favore dei nipoti.
Questi ultimi possono dimostrarsi – anche per le esperienze di studio e lavoro all’estero, oltre che per la naturale attitudine ad interpretare il mondo in evoluzione, così intercettando i nuovi bisogni dei consumatori ed anticipando i futuri trend di mercato – i soggetti capaci di far compiere all’azienda quel salto qualitativo che in passato era stato impossibile.
Non solo: i nipoti spesso riescono a gestire in maniera più serena il rapporto con l’impresa di famiglia rispetto ai figli, a volte in difficoltà a misurarsi con un genitore autorevole ed “ingombrante”: non a caso accade con frequenza che questi ultimi dedichino la propria vita ad attività diverse rispetto al family business.
Il “salto” generazionale a favore dei nipoti può quindi rivelarsi una scelta particolarmente virtuosa, contemperando l’interesse dei figli a non essere coinvolti in prima persona in un’attività che non sentono propria o non sanno gestire con adeguata competenza e passione, e quello all’attuazione di un passaggio generazionale efficace, che permetta di mantenere il controllo dell’impresa all’interno della famiglia e, al contempo, di garantire a quest’ultima una governance qualificata, motivata ed “al passo con i tempi”.
Tale soluzione, tuttavia, necessita di essere pianificata per tempo e con la massima attenzione, dovendo essere prevenute alcune potenziali criticità, suscettibili di rivelarsi estremamente dannose, tanto per l’azienda quanto per la stabilità dei rapporti familiari.
Un primo aspetto da tener presente deriva da una considerazione di natura “anagrafica”: spesso i nipoti, per la cospicua differenza di età con i nonni, non sono ancora muniti di adeguate competenze al momento del “passaggio”.
Sotto altro profilo, deve considerarsi che l’attribuzione patrimoniale a favore dei nipoti (che consenta loro di esercitare il “controllo” dell’impresa) dovrà risultare compatibile con i diritti successori dei figli, cui dovrà quindi essere attribuita una porzione di patrimonio quantomeno pari ai loro diritti quali legittimari ex lege.
Uno strumento particolarmente efficace per la gestione del “salto generazionale” può essere individuato nel trust: lo stesso, istituito dall’imprenditore, si renderebbe (con atti di dotazione effettuati in vita o con attribuzioni mortis causa, in via testamentaria) conferitario delle partecipazioni di controllo dell’impresa di famiglia (o della holding che controlla quest’ultima).
Il trustee eserciterebbe così i diritti amministrativi connessi alla partecipazione in conformità alle volontà dell’imprenditore-disponente, recepite nell’atto istitutivo (ed eventualmente integrate da lettere di desiderio successive all’istituzione).
In sede di nomina dell’organo amministrativo, il diritto di voto verrebbe quindi esercitato in conformità al programma destinatorio voluto dal fondatore, consentendo quindi l’ingresso dei nipoti solamente se e quando effettivamente “pronti” ad assumere il comando (avendo completato il proprio percorso di istruzione e formazione universitaria e post-universitaria, e maturato idonee esperienze lavorative, anche in realtà esterne).
Qualora l’imprenditore venisse a mancare prima della completa “maturazione” del nipote (o dei nipoti), il trustee-socio di maggioranza farà sì – anche attraverso il ricorso a manager “non family” – che all’impresa sia comunque garantita una governance qualificata e professionale, in attesa dell’ingresso dei familiari più giovani.
Sarà opportuno prevedere anche la figura di un organo consultivo (collegio dei guardiani o comitato ad hoc, con la presenza, oltre che di membri familiari, di figure professionali terze dotate di particolari competenze tecniche) che supporti il trustee nell’individuazione e, poi, nella nomina di amministratori e managers dotati delle necessarie capacità.
Come sopra accennato, anche nella pianificazione del passaggio generazionale a favore dei nipoti mediante l’utilizzo del trust bisognerà poi porre particolare attenzione alla tutela dei diritti di natura patrimoniale degli altri familiari e, segnatamente, dei legittimari (soprattutto dei figli).
Da un lato, il trust potrà prevedere che i figli siano, unitamente ai loro discendenti, beneficiari del reddito del trust, consentendo così agli stessi di beneficiare (sia pur “indirettamente”) degli utili societari.
Per altro verso, sarà opportuno che ai figli siano comunque assegnati (con attribuzioni in vita, a mezzo di donazione o patto di famiglia, oppure attraverso disposizioni testamentarie) beni in proprietà, sino quantomeno a concorrenza – ove possibile – della propria quota di legittima: potrà trattarsi di liquidità, strumenti finanziari, beni immobili, ma anche di partecipazioni della società che gestisca il business familiare, purché al trustee sia riservata una partecipazione di maggioranza al capitale, o comunque un “controllo” tale da consentirgli di implementare la governance aziendale nei termini desiderati dal disponente.
Per raggiungere tale scopo, le opportunità offerte dal diritto societario sono diverse: ai figli potranno ad esempio essere assegnate, nei casi e con i limiti previsti dalla legge, partecipazioni munite di diritti economico-patrimoniali, ma prive di diritto di voto o con diritto di voto limitato, sì da assicurare il “controllo” al trustee ed avere così garanzia circa l’attuazione del programma destinatorio.