L’esistenza di norme che attribuiscono rilievo, ai fini impositivi, all’acquisto o alla perdita della residenza fiscale è un fattore rilevante per l’efficace pianificazione del trasferimento
I soggetti interessati dall’applicazione delle norme
Gli artt. 166 e 166 bis Tuir si applicano ai soggetti che svolgono attività d’impresa, sia che si tratti di società di capitali che di persone fisiche (gli imprenditori individuali), o di società di persone. Conseguentemente, grazie ad una lettura sistematica delle norme, sono escluse le persone fisiche che non esercitano alcuna attività di impresa, e così pure gli enti non commerciali (quali, ad esempio, i Trust)
La valorizzazione fiscale dei beni al momento dell’ingresso in Italia – art. 166-bis Tuir
L’art. 166-bis prevede che le attività e le passività facenti capo al soggetto “imprenditore” siano valorizzate considerando lo Stato di provenienza. A ben vedere non si tratta di una Entry tax vera e propria, poiché la norma non prevede il versamento di un’imposta, limitandosi, invece, a specificare il criterio che deve essere utilizzato ai fini fiscali per calcolare il plusvalore derivante da eventi futuri: rientrano in tali ipotesi non solo la cessione a titolo oneroso, ma anche un successivo trasferimento di residenza all’estero.
I criteri di valorizzazione
La valorizzazione fiscale dei beni dipende dal “rapporto” tra l’Italia e lo Stato di provenienza. Infatti, se quest’ultimo appartiene all’Ue, ovvero è incluso nella lista dei Paesi che garantiscono un adeguato scambio di informazioni (c.d. “white list”, come prevista dal d.m. 4 settembre 1996), il valore fiscale dei beni sarà pari al valore di mercato.
Al contrario, se lo stato di provenienza è extra-Ue, e non è neppure ricompreso nella “white list”, potrà applicarsi il valore di mercato solo se è stato raggiunto un accordo con l’Amministrazione fiscale italiana, a seguito della presentazione di un apposito ruling fiscale. Mancando tale accordo, invece, le attività saranno valorizzate utilizzando il minore tra il costo di acquisto, il valore di bilancio e il valore di mercato, mentre per le passività rileverà il maggiore tra questi valori.
Il valore fiscale attribuito ai beni dovrà quindi essere indicato nella dichiarazione dei redditi, e la mancata segnalazione sarà soggetta alla sanzione pari al 10% dell’importo non indicato, con un minimo di 500 euro e un massimo di 50.000 euro.
L’imposizione in uscita – art. 166 Tuir
Il trasferimento all’estero, e la conseguente perdita della residenza fiscale italiana da parte di un soggetto in regime di impresa, determina l’emersione di un plusvalore soggetto a tassazione. In particolare, l’imposta (c.d. “exit tax”) sarà applicata sulla differenza tra il valore di mercato complessivo e il costo fiscalmente riconosciuto delle attività e delle passività, a meno che tali elementi non confluiscano in una stabile organizzazione nel territorio dello Stato. La presenza di una stabile organizzazione, infatti, consente allo Stato di mantenere la propria potestà impositiva sui plusvalori (latenti) relativi a tali beni, nonostante il soggetto abbia trasferito la propria residenza all’estero.
Gli imprenditori individuali e le società di persone
Nel caso il trasferimento riguardi una persona fisica che svolge individualmente attività di impresa o una società di persone, la norma permette di optare per la tassazione separata che potrà applicarsi, tra l’altro, alle plusvalenze, compreso l’avviamento, realizzate mediante cessione a titolo oneroso di aziende possedute da più di cinque anni. Tale opzione consente di applicare una aliquota marginale Irpef minore rispetto a quella che si avrebbe se tali elementi concorressero alla formazione del reddito complessivo.
La possibilità di rateizzare le imposte
Se la residenza è trasferita in un Paese appartenente all’Ue o aderente allo See incluso nella lista degli Stati che consentono un adeguato scambio di informazioni, con il quale l’Italia abbia stipulato un accordo per la reciproca assistenza in materia di riscossione, si può optare per il versamento dell’imposta in cinque rate annuali di pari importo. La richiesta per la rateizzazione deve avvenire mediante presentazione di apposita richiesta all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate competente per territorio e il pagamento della prima rata deve essere effettuato entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi relative all’ultimo periodo di imposta di residenza in Italia.
Le persone fisiche che non svolgono attività di impresa
Come detto, le norme richiamate non sono applicabili al trasferimento di residenza che coinvolga persone fisiche che non svolgono attività di impresa, quali, ad esempio gli Hnwi.
Ciò rappresenta un evidente beneficio che si aggiunge a quelli già previsti dal pacchetto di norme di attrazione fiscale in Italia, di cui fanno parte: il regime dei “neo residenti” (art. 24-bis del Tuir), quello dei cd. “pensionati” (art. 24-ter Tuir) e quello dei cd. “impatriati” (art. 16 del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 147 e successive modifiche).
Pur in assenza di disposizioni specifiche, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti sia per quanto riguarda l’entry tax (rectius, il valore di recepimento delle proprie attività per chi trasferisca la residenza in Italia) sia per quanto riguarda l’exit tax.
In particolare, nella circolare 17/E del 2017, a proposito dei soggetti “neo residenti”, l’Agenzia ha precisato che al fine di determinare eventuali capital gain, il costo da assumere dovrà coincidere con il costo storico, oppure con il maggior valore soggetto ad imposizione nello Stato di origine, qualora lo stesso abbia applicato una tassazione in uscita in via ordinaria.
L’assenza di una exit tax, in caso di trasferimento di residenza dall’Italia all’estero, è invece confermata dai chiarimenti forniti dalla circolare 3/E del 2018, a proposito del regime dei c.d. Pir (“Piani individuali di risparmio”).