Perché il Consiglio direttivo della Bce possa far scattare gli acquisti dello scudo anti spread considererà una serie di parametri, di per sé piuttosto stringenti. Ma non saranno tassativi
Se tutti questi criteri fossero vagliati in modo fiscale, il board Bce avrebbe a disposizione un pretesto per non intervenire, nel caso italiano e in molti altri, in qualsiasi momento
Al board della Bce spetterà anche la responsabilità di determinare se un aumento dello spread, in un determinato Paese, sia giustificato dai suoi fondamentali economici o meno
Lo scudo anti-spread presentato dalla Banca centrale europea funzionerà? Riuscirà a scoraggiare le speculazioni sul debito pubblico dei Paesi vulnerabili come l’Italia? Di conseguenza, riuscirà a proteggere i possessori di debito pubblico come le banche e molte famiglie italiane?
Le informazioni fornite da Francoforte non contengono tutti gli elementi per poter rispondere a queste domande. I parametri di accesso che i Paesi membri dovrebbero rispettare, resi noti il 21 luglio, si affiancano a un potere discrezionale del Consiglio direttivo rimasto in buona parte “riservato”, per esplicita ammissione della presidente della Bce, Christine Lagarde.
Se si vuole capire il giudizio specifico degli investitori sul nuovo scudo anti spread, poi, la reazione di mercato immediata è di poco aiuto. Infatti, la Bce ha tolto il velo sull’atteso Transmission Protection Instrument (Tpi) in concomitanza con una mossa restrittiva da 50 punti base sui tassi – innalzati dunque del doppio rispetto a quanto preannunciato. Due decisioni di segno opposto che, in modo probabilmente voluto, tendono a compensarsi. Per quanto riguarda l’andamento dello spread italiano, inoltre, sono pesate anche le incertezze politiche legate alla fine del governo Draghi e alle elezioni anticipate. Nel complesso, la pubblicazione delle decisioni della Bce ha inciso poco sul differenziale fra Btp e Bund allargatosi del 7,39% a 236,8 punti il 21 luglio.
Ma il Tpi può proteggere l’Italia, ora che la sua situazione politica potrebbe alimentare un aumento “disordinato” dello spread? E’ un quesito che i cronisti hanno sollevato più volte alla Lagarde durante l’ultima conferenza stampa, ma la presidente ha schivato ogni riferimento esplicito sulla questione e non ha mai nominato direttamente l’Italia.
Per capire l’efficacia del Tpi, dunque, non si può che partire dall’interpretazione letterale dei parametri che la Bce ha elencato come rilevanti per l’attivazione degli acquisti aggiuntivi sui titoli (pubblici o privati) da parte del Consiglio direttivo.
Tpi, cos’è lo scudo anti spread
Il Transmission Protection Instrument ha l’obiettivo di assicurare una trasmissione omogenea della politica monetaria fra i Paesi dell’Eurozona. Se i rendimenti di alcuni Stati Membri si allargano in modo eccessivo rispetto a quella che è la loro reale situazione finanziaria (livelli di debito, deficit, eccetera) è come se la politica monetaria diventasse più restrittiva rispetto a quanto desiderato dalla Bce. Per contrastare il fenomeno l’Eurotower interverrà acquistando titoli in modo da ridurre i rendimenti e, di conseguenza, contenere gli spread.
Il meccanismo viene presentato come uno strumento per assicurare la stabilità dei prezzi anche se, nella sostanza, le vere motivazioni sembrano altre. Se la stretta monetaria, necessaria a ridurre l’inflazione, facesse salire troppo i rendimenti dei Paesi più indebitati questi ultimi farebbero più fatica a finanziare la spesa pubblica e, in prospettiva, si ostacolerebbe la riduzione del debito pubblico. Questo è di particolare interesse per l’Italia, dal momento ha un grande debito pubblico da rifinanziare e gli spazi di manovra della spesa pubblica sono molto più sensibili all’andamento dei tassi d’interesse. Più si paga per gli interessi sul debito, meno risorse rimangono per il resto (a meno di non aumentare il deficit).
Come funziona lo scudo anti-spread
Perché il Consiglio direttivo della Bce possa far scattare gli acquisti dello scudo anti spread considererà una serie di parametri, di per sé piuttosto stringenti. Ma non saranno tassativi. “Tali criteri costituiranno un input per il processo decisionale del Consiglio direttivo e saranno adeguati dinamicamente all’evolversi dei rischi e delle condizioni da affrontare”, si legge nel comunicato ufficiale dell’Eurotower.
Nel dettaglio, i criteri di giudizio cui sarà sottoposto ciascun Paese bersagliato dallo spread sono i quattro seguenti
- Il rispetto delle regole fiscali Ue e, nello specifico, “non essere soggetti a una procedura per deficit eccessivo” o non aver seguito le raccomandazioni del Consiglio Ue finalizzate a far rientare il disavanzo eccessivo. Nel recente passato il rispetto dei vincoli – in particolare, rispettare il ritmo di riduzione del rapporto debito/Pil, è stato particolarmente difficoltoso per l’Italia. Prima che le regole fiscali fossero sospese a causa della pandemia, la Commissione europea, nel giugno 2019 aveva stabilito un mancato rispetto della riduzione del debito nel 2018 esaminando la possibilità dell’apertura di una procedura d’infrazione. Secondo l’ultimo rapporto della Commissione, l’Italia non ha rispettato né il vincolo sul deficit né quello della riduzione del debito nel 2021 (assieme a vari altri Paesi). Comunque, nessuna procedura d’infrazione scatterà fino a tutto il 2023, dal momento che il Patto di Stabilità è stato sospeso a causa dell’emergenza pandemica.
- L’assenza di “gravi squilibri macroeconomici: non essere soggetto a una procedura per squilibrio eccessivo”. Si tratta di un criterio simile al precedente, anche se le procedure di questo tipo sono sempre state meno frequenti.
- La sostenibilità fiscale, che il Consiglio direttivo valuterà in autonomia “tenendo conto” delle analisi realizzate in merito dal Fondo monetario internazionale, da Meccanismo europeo di stabilità (entrambi soggetti Extra-Ue) e della Commissione europea.
- Infine, politiche macroeconomiche solide e sostenibili. Questo giudizio si baserà sul rispetto degli impegni presi tramite il Pnrr e delle relative raccomandazioni che la Commissione europea ha fornito al Paese in questione.
Se tutti questi criteri fossero vagliati in modo fiscale, il board Bce avrebbe a disposizione un pretesto per non intervenire, nel caso italiano e in molti altri, in qualsiasi momento. Ad esempio, starebbe al giudizio del board Bce determinare se la prossima Legge di Bilancio nazionale sarà sufficientemente prudente, dal momento che le procedure d’infrazione resteranno bloccate per tutto il 2023.
“La domanda chiave è quanto strettamente saranno messi fatti rispettare questi criteri”, ha scritto in una nota ai clienti Claus Vistesen, economista di Pantheon Macroeconomics, “con molto spazio per l’Italia” di restare fuori dal perimetro delle regole.
Ma non è tutto: al board della Bce spetterà anche la responsabilità di determinare se un aumento dello spread, in un determinato Paese, sia giustificato dai suoi fondamentali economici o meno. Anche in questo caso e forse ancor di più, sarà da capire quale soglia di tolleranza sarà adottata dal Consiglio direttivo: se interverrà solo in scenari estremi o se sarà pronta ad agire in condizioni simili a quelle osservate in Italia in concomitanza dell’ultima crisi di governo.
“La Bce mantiene discrezionalità assoluta sull’attivazione del Tpi… vuole mantenere un alone di mistero su questo strumento: questo è comprensibile, visto che la capacità di intervenire con rapidità e discrezionalità e quindi sorprendere il mercato è un’arma importante per una banca centrale”, ha commentato Pasquale Diana, Head of Macro Research di AcomeA Sgr, “allo stesso tempo, è chiaro che usando tanta discrezionalità la Bce si espone potenzialmente a critiche di carattere politico in futuro”.