Il codice di condotta dell’Unione europea in materia di tassazione delle imprese è uno strumento volto a promuovere una concorrenza fiscale leale
Il codice di condotta recentemente riveduto estende la definizione di regimi fiscali dannosi, nonché introduce una stretta sui meccanismi di controllo della tassazione dei profitti
Il codice di condotta Ue
Il terreno fiscale rappresenta per l’Ue uno degli ambiti più idonei a misurare il grado di cooperazione interna, o al contrario di competizione, che esiste tra gli Stati membri.
Per questa ragione, la fiscalità europea, ancora per certi versi incompiuta, necessita di regole comuni (o meglio di impegni politici condivisi) per mitigare le possibili distorsioni nell’ambito del mercato unico, e ridurre il rischio che gli Stati, mediante l’implementazione di politiche fiscali dannose, possano determinare consistenti perdite di gettito tributario a discapito di altri Paesi membri.
Come a più riprese ribadito in seno al Consiglio dell’Unione europea e, più in particolare, in sede Ecofin – vale a dire il Consiglio Economia e Finanza (responsabile in tre settori principali: politica economica, questioni relative alla fiscalità e regolamentazione dei servizi finanziari) –, è necessario incidere attraverso specifiche regole di condotta volte ad evitare concorrenza sleale e misure fiscali pregiudizievoli per la competitività internazionale dell’Unione europea e degli Stati membri.
In questi termini, gli Stati invitati a cooperare nella lotta contro l’elusione e l’evasione fiscali, in particolare scambiandosi informazioni tempestive tra loro, secondo le rispettive legislazioni nazionali, il diritto dell’Unione e le norme internazionali, hanno siglato un codice di condotta in materia di tassazione delle imprese.
Il codice di condotta in materia di tassazione delle imprese si applica alle misure fiscali preferenziali e alle caratteristiche fiscali di applicazione generale che hanno o possono avere una sensibile incidenza sull’ubicazione di attività imprenditoriali nel territorio dell’Unione.
Detto codice, che costituisce un impegno politico in materia di tassazione delle imprese volto a contrastare le misure fiscali dannose, nonché a garantire un equo trattamento all’interno dell’Ue è stato ampiamente riveduto ed ha trovato nuova pubblicazione in Gazzetta Ufficiale Ue il 15 novembre 2022.
Le ultime novità
Il codice di condotta recentemente riveduto estende la definizione di regimi fiscali dannosi, nonché introduce una stretta sui meccanismi di controllo della tassazione dei profitti, rafforzando altresì lo scambio di informazioni tra gli Stati membri in relazione a misure fiscali potenzialmente dannose.
In effetti, secondo quanto previsto dal suddetto codice di condotta, sono considerate potenzialmente dannose e pertanto coperte dal codice di condotta, le misure fiscali preferenziali che determinano un livello d’imposizione effettivo nettamente inferiore ai livelli generalmente applicati nello Stato membro interessato.
Nel valutare il carattere pregiudizievole di tali misure si deve tener conto dei seguenti aspetti:
- se le agevolazioni sono completamente isolate di fatto o di diritto dall’economia nazionale, ad esempio, sono riservate esclusivamente ai non residenti o per operazioni effettuate con non residenti, o non incidono sulla base imponibile nazionale, o
- se le agevolazioni sono accordate anche in mancanza di qualsiasi attività economica effettiva e di una presenza economica sostanziale all’interno dello Stato membro che offre queste agevolazioni fiscali
- se le norme di determinazione dei profitti derivanti dalle attività interne svolte da un gruppo multinazionale si discostano dai principi generalmente riconosciuti a livello internazionale, in particolare le norme concordate in sede Ocse
- se le misure fiscali difettano di trasparenza, compresi i casi in cui le norme giuridiche sono applicate in maniera meno rigorosa e in modo non trasparente a livello amministrativo.
Vanno, inoltre, considerate dannose e come tali soggette al codice di condotta le caratteristiche fiscali di applicazione generale di uno Stato membro che creano opportunità di doppia non imposizione o che possono comportare il doppio o multiplo utilizzo di benefici fiscali, in relazione alle stesse spese, quote di reddito o catene di operazioni.
Ma non è tutto. Per constatare l’eventuale carattere pregiudizievole di una misura fiscale applicata da uno Stato membro, si deve tener conto di criteri cumulativi e dell’esistenza di un nesso causale, tra questi:
- la caratteristica fiscale di applicazione generale non è accompagnata da opportune disposizioni antiabuso o da altre garanzie adeguate e, di conseguenza, comporta una doppia non imposizione o consente il doppio o multiplo utilizzo di benefici fiscali in relazione alle stesse spese, quote di reddito o catene di operazioni
- la caratteristica fiscale di applicazione generale ha una sensibile incidenza sull’ubicazione di attività imprenditoriali nel territorio dell’Unione.
Nel valutare se la caratteristica fiscale sia un elemento significativo per determinare l’ubicazione di attività imprenditoriali nel territorio dell’Unione, il gruppo Codice di condotta dovrebbe tenere conto del fatto che l’ubicazione di attività imprenditoriali può essere influenzata anche da circostanze diverse dalle caratteristiche fiscali.
In buona sostanza, tra le novità del codice riveduto, emerge che nel valutare se un elemento fiscale possa essere dannoso, occorre considerare l’eventuale esistenza di circostanze che pur estranee alla fiscalità sono tuttavia sono idonee a incidere sulla strategia d’impresa tanto da fissarla in una determinata giurisdizione piuttosto che un’altra.