L’oro è spesso considerato una riserva di valore capace di proteggere il risparmio dalla svalutazione e dalla perdita di potere d’acquisto causata dall’aumento dei prezzi. Ma questa caratteristica è storicamente dimostrata? Sì, ma con una precisazione fondamentale: sebbene l’oro nel lungo periodo abbia superato l’inflazione nelle economie avanzate, non offre alcuna garanzia di rivalutazione immediata quando i prezzi salgono rapidamente.
Ad esempio, chi avesse acquistato oro poco prima della crisi ucraina nel 2022 avrebbe ottenuto un rendimento lordo del 6,7% in euro e dello 0,4% in dollari. Tuttavia, nello stesso anno l’inflazione nell’Unione Europea è aumentata del 9,2%, dimostrando che l’oro non sempre protegge completamente dall’aumento del costo della vita nel breve termine. Più avanti vedremo quali strumenti offrono una copertura più diretta per periodi di osservazione più brevi.
L’oro batte la svalutazione nel lungo periodo?
Se si allarga l’orizzonte temporale, la risposta è sì. Secondo il rapporto Gold as a Strategic Asset del World Gold Council, dal 1971 a oggi il valore dell’oro in dollari è aumentato in media dell’8% annuo. Questo non solo ha garantito un rendimento significativo nel lungo periodo, ma ha anche permesso di proteggere il potere d’acquisto durante le svalutazioni monetarie.
Negli anni delle svalutazioni della lira, ad esempio, possedere oro ha evitato la perdita di potere d’acquisto dovuta al deprezzamento della moneta. Questo fenomeno è continuato anche dopo il 2000: secondo il World Gold Council, nessuna delle principali valute mondiali, euro incluso, è riuscita a tenere il passo dell’oro. In altre parole, il potere d’acquisto dell’oro è rimasto superiore a quello della moneta.

Per fare un esempio concreto, la quantità di franchi svizzeri che nel 2000 avrebbero permesso di comprare un chilo d’oro, oggi non basterebbe per comprare due etti. L’oro, dunque, si è apprezzato nel tempo mentre le monete si sono svalutate. Questo accade perché le valute non sono progettate come riserve di valore assolute, ma come strumenti per sostenere l’economia e priorità di interesse generale. L’oro, invece, non è al servizio di “secondi fini” e ha una produzione molto limitata, cresciuta di circa l’1,7% annuo negli ultimi vent’anni, mentre le monete ufficiali possono essere stampate in grandi quantità per esigenze economiche, come il sostegno all’inflazione o all’occupazione.
Un esempio chiave è stato il quantitative easing (QE), adottato dopo la crisi finanziaria del 2008 e la pandemia di COVID-19. Il rapporto del World Gold Council sottolinea che, in quei periodi, molti investitori si sono rivolti all’oro per proteggersi dalla svalutazione valutaria e mantenere il loro potere d’acquisto. Secondo queste analisi, il prezzo dell’oro ha seguito l’espansione della massa monetaria statunitense, confermando ancora una volta il suo ruolo di bene rifugio nei momenti di incertezza.
Oro oppure obbligazioni indicizzate all’inflazione: quale scelta per proteggersi?
Se l’oro è una buona protezione nel lungo periodo, qual è il suo limite per chi cerca una difesa immediata dall’inflazione o dalla svalutazione della propria moneta nazionale?
Il primo limite lo abbiamo già visto: l’oro non sempre cresce in parallelo all’inflazione, specialmente quando il rincaro dei prezzi è dovuto a fattori esterni. Per esempio, una crisi energetica o il rincaro delle materie prime importate può causare un aumento dei prezzi non legato a una forte espansione monetaria, ma a una contrazione dell’offerta. Questo è esattamente ciò che è avvenuto in Europa nel 2022.
Quando l’inflazione è alimentata più da shock esterni che dall’espansione della massa monetaria, l’oro non è necessariamente la soluzione migliore. In questi casi, la protezione più efficace è data dalle obbligazioni indicizzate all’inflazione, che per contratto rivalutano il capitale e le cedole in base all’andamento dei prezzi al consumo.
- In Italia, il Btp Italia offre una copertura diretta legata all’indice FOI dell’ISTAT, che misura il costo della vita per la classe lavoratrice.
- A livello europeo, il Btp€i è indicizzato all’inflazione calcolata da Eurostat.
Rispetto all’oro, questi titoli di Stato garantiscono una protezione più immediata contro l’inflazione, offrendo anche un rendimento fisso. Chi li avesse acquistati prima del 2022 ha realizzato un ottimo guadagno. Tuttavia, hanno anche un punto debole: se l’inflazione è bassa o assente, il loro rendimento può risultare inferiore rispetto ai titoli non indicizzati.
Conclusione: oro e bond indicizzati, due strumenti diversi per due orizzonti diversi
Chi investe con una prospettiva di lungo periodo potrebbe includere l’oro nel proprio portafoglio, approfittando del suo storico apprezzamento progressivo e della sua volatilità inferiore rispetto alle azioni. L’oro, inoltre, ha dimostrato un incremento di valore, anche nei periodi in cui l’inflazione è contenuta. Tuttavia, il suo valore può anche diminuire in alcune fasi: un rischio che si neutralizza investendo in obbligazioni indicizzate all’inflazione, se portate a scadenza.
Per questo, chi cerca una protezione immediata dall’inflazione troverà nei titoli di Stato indicizzati una soluzione più sicura ed efficace nel breve termine. La scelta dipende quindi dall’orizzonte temporale della somma investita e dal tipo di protezione che si sta effettivamente cercando.