La Legge n. 193/2024 (cosiddetta“ Legge sulla concorrenza”, pubblicata in Gazzetta ufficiale lo scorso 17 dicembre ed entrata in vigore il giorno successivo) ha modificato in senso sostanziale il sistema di incentivazione degli investimenti dei business angel in startup e pmi innovative, nel solco dell’intervento operato dalla legge n. 162/2024 in materia di esenzione da tassazione dei capital gain (per approfondimenti si rinvia al precedente contributo).
In sintesi, per quanto di interesse per i business angel, la Legge sulla concorrenza, da un lato ha circoscritto la nozione di startup innovativa, dall’altro ha introdotto degli importanti correttivi agli incentivi fiscali per investimenti in startup e pmi innovative.
La nuova nozione di startup innovativa
Quanto alla prima tipologia di intervento, viene modificata la definizione di startup innovativa, per includervi tutte le micro, piccole o medie imprese che rientrano nella definizione Ue contenuta nella raccomandazione 2003/361/Ce della Commissione (<250 dipendenti; fatturato max 50 milioni; attivo max 43 milioni) che non svolgono in via prevalente attività di agenzia e di consulenza.
Tuttavia, l’aspetto più rilevante della modifica concerne la durata massima della permanenza delle startup nella sezione speciale del Registro delle imprese che è stato limitato a 3 anni, prorogabili di ulteriori 2 (5 anni complessivi) in presenza di almeno uno dei seguenti requisiti:
- (i) incremento al 25% delle spese in R&S (per la prima iscrizione è richiesto che tali spese siano almeno pari al 15% del maggiore tra valore e costo della produzione);
- (ii) sottoscrizione di almeno un contratto di sperimentazione con la Pubblica amministrazione;
- (iii) incremento dei ricavi caratteristici di almeno il 50% tra secondo e terzo anno;
- (iv) costituzione di una riserva superiore a € 50 mila (aumento di capitale o convertendo) tramite un investimento di minoranza di business angel, incubatore o acceleratore certificato, investitore vigilato, crowdfunding tramite piattaforma autorizzata) e incremento delle spese in R&S al 20%;
- (v) ottenimento di un brevetto.
Il termine di 5 anni complessivi può essere ulteriormente esteso di due anni (al massimo per due volte, arrivando a 9 anni complessivi) per la fase di scale up, in cui intervenga uno tra:
- (a) aumento di capitale da parte di un Oicr di importo superiore a € 1 milione per ciascun periodo di estensione;
- (b) incremento dei ricavi caratteristici del 100% annuo.
Ne consegue dunque che viene ristretta fortemente la platea di startup che possono qualificarsi tali e conseguentemente che possono beneficiare della disciplina societaria e fiscale di favore, peraltro prevedendosi altresì tempi strettissimi (6/12 mesi) per adeguare le startup iscritte da più di 3 anni, facendo comunque salva la possibilità di iscrizione nel Registro delle pmi innovative.
Le agevolazioni fiscali sono applicabili alle startup innovative per la durata massima di 5 anni
Quanto agli incentivi fiscali previsti dall’art. 29 del Dl 179/2012 (investimenti “ordinari”, come le detrazioni 30%), si segnala che tra le novità è stato introdotto il limite per la loro applicabilità fino a un massimo di 5 anni dall’iscrizione nella sezione speciale del Registro imprese della startup. In altri termini, sono da un lato escluse le startup innovative iscritte nel registro per effetto della proroga biennale prevista per la fase di scale up, dall’altro non essendo le Pmi innovative interessate dal limite, le startup iscritte da oltre 5 anni potrebbero migrare nell’altra sezione speciale del registro (Pmi innovative), anziché ottenere la proroga biennale in quello delle startup, al fine di mantenere le agevolazioni per i propri investitori.
I limiti all’applicazione degli incentivi
Inoltre, sia con riferimento agli investimenti “ordinari” che a quelli in regime cosiddetto de minimis (previsti dall’art. 29-bis del DL 197/2012), si prevede che gli incentivi non sono applicabili se le partecipazioni risultino superiori al 25% del capitale sociale o dei diritti di governance, ovvero se il contribuente è anche fornitore di servizi alla startup (direttamente o tramite una società controllata o collega), per un fatturato superiore al 25% dell’investimento agevolabile.
Quindi, viene in questo modo evitato che possano beneficiare dell’incentivo sia i founder e altri investitori di peso (qualificati) sia i consulenti che ritraggono altri vantaggi significativi dalla startup.
La detrazione per gli investimenti in regime de minimis è aumentata al 65%
Con specifico riferimento agli incentivi in regime cosiddetto de minimis per investimenti in startup innovative (art. 29-bis del Dl 197/2012), viene incrementata la percentuale di detrazione al 65% (dall’attuale 50%), limitando tuttavia la fruibilità dell’incentivo fino al terzo anno di iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese.
Viene invece abrogato dal 1° gennaio 2025 l’incentivo (in regime de minimis) per gli investimenti in Pmi innovative (previsto dall’art. 4, comma 9-ter del DL n. 3/2015).
La cessione involontaria non è più causa di decadenza
Il legislatore è, inoltre, intervenuto sulle cause di decadenza degli incentivi in regime de minimis, statuendo che la cessione della partecipazione prima del decorso di 3 anni non costituisce causa di decadenza dall’agevolazione se il trasferimento è indipendente dalla volontà del contribuente. Ciò, al fine di evitare la decadenza, e il conseguente obbligo di restituzione dell’incentivo, nelle ipotesi di cessione involontaria della partecipazione per effetto dell’esercizio da parte del socio di controllo del diritto di trascinamento (cosiddetto drag-tag along), che in passato l’Agenzia delle Entrate aveva ritenuto configurare una causa di decadenza (cfr. Risp. 390/2023).
Per gli investimenti in convertendo in regime de minimis la detrazione è subito fruibile
Infine (anche in questo caso con riferimento ai soli investimenti de minimis), raccogliendo le istanze del mondo dei business angel, è stato previsto che in caso di investimento in “convertendo”, la detrazione matura a decorrere dalla data di disposizione di bonifico alla startup della somma investita con causale “versamento in conto aumento di capitale”, a condizione che la somma sia iscritta a riserva patrimoniale.
Tale disposizione, per quanto nella sostanza sembra cogliere nel segno di anticipare la detrazione al momento dell’investimento e non rimandarla al momento (soltanto eventuale) di conversione dello strumento tramite aumento di capitale, andrebbe meglio coordinata con la prassi operativa degli investimenti tramite cosiddetto Safe (Simple agreement for future equity), dal momento che tali investimenti, ove non strutturati in forma di Sfp, non prevedono alcun meccanismo di conversione, né prevedono necessariamente che l’aumento di capitale sia deliberato prima del versamento, con la conseguenza che il pagamento non è effettuato a titolo di “versamento in conto aumento capitale”, bensì a titolo di “versamento in conto futuro aumento capitale”.
Sul punto, si auspica da parte dell’Agenzia delle Entrate un’interpretazione che vada oltre il tenore letterale della norma, adottando un approccio sostanzialistico.
Da ultimo, deve rilevarsi che l’aver circoscritto gli interventi normativi in tema di cause di decadenza e convertendi ai soli investimenti in regime de minimis (detrazione 65%) sembra più frutto di un errore di coordinamento normativo che di una scelta consapevole. Si auspica, quindi, che i prossimi interventi legislativi – tra cui l’annunciata codificazione della disciplina delle startup (Startup Act) – possano essere l’occasione per estendere le ultime apprezzabili modifiche normative anche agli investimenti soggetti al regime agevolativo ordinario (30%).
(Articolo scritto in collaborazione con Avv. Carlo Andrea Curti, studio legale-tributario Di Tanno Associati)