Cresce lo smart working ma aumenta la disoccupazione: chi lavora da casa può dare una mano a chi non riesce ad arrivare a fine mese? Con 7euro e 50 centesimi al giorno forse sì.
Tra il 2005 e il 2018 il numero di americani che hanno fatto regolarmente smart working è aumentato del 173%. Se anche è vero che la percentuale complessiva di persone che lavoravano da casa prima dell’esplosione della pandemia di covid era ancora piccola (5,4% del totale) la crescita è stata molto più veloce nel 2020. Da marzo ad oggi la percentuale di lavoratori che in Usa scelgono di fare work from home è aumentata di dieci volte, raggiungendo il 56%. Nel Regno Unito la stessa percentuale è cresciuta per sette volte e oggi è pari al 47%. Il trend potrebbe essere strutturale: secondo S&P Global Markets almeno tre quarti del personale può lavorare da casa in modo efficace e un sondaggio di Deutsche Bank stessa mostra che quando l’emergenza sarà conclusa più della metà delle persone che hanno provato a fare smart working vuole continuare in modo permanente, per un periodo compreso tra due e tre giorni alla settimana.
“L’improvviso passaggio al lavoro da remoto”, si legge in Konzept, “significa che per la prima volta nella storia una grossa fetta di persone si è scollegata dal mondo offline e conducendo comunque una vita economica completa”. Questo significa che i lavoratori contribuiscono meno alle infrastrutture dell’economia pur ricevendone i benefici e questo potrebbe diventare un problema – anzi lo è già. Si legge nel report: “Lo smart working è finanziariamente gratificante: offre risparmi finanziari diretti su spese come viaggio, pranzo, vestiti e pulizie. A questi si aggiungono i risparmi indiretti per spese che sarebbero state sostenute se un lavoratore fosse stato in ufficio (come quelle di socializzazione)”. Ci sono poi i vantaggi immateriali del lavoro da casa: una maggiore sicurezza del lavoro, comodità, flessibilità, maggiore sicurezza. “Tutti questi guadagni, tangibili o intangibili, hanno tutti un valore. E generalmente superano i costi”, che comunque non mancano: stress mentale, operazione di giocoleria tra vita casalinga e home-office. Questi costi non devono essere sottovalutati ma secondo Deutsche Bank restano irrisori rispetto ai guadagni e per questa ragione l’analisi dell’istituto tedesco arriva ad ipotizzare una smart tax. “In primo luogo, l’imposta si applicherà solo al di fuori dei tempi in cui il governo consiglia alle persone di lavorare da casa, perché è un’imposizione. L’imposta stessa sarà pagata dal datore di lavoro se non fornisce a un lavoratore uno sportello permanente. Se lo fa, e il membro del personale sceglie di lavorare da casa, il dipendente pagherà le tasse dal suo stipendio per ogni giorno in cui lavora da casa”.
L’aliquota fiscale
“Chi può lavorare da casa tende ad avere redditi superiori alla media. Se presumiamo che lo stipendio medio di una persona che sceglie di lavorare da casa negli Stati Uniti sia di 55mila dollari, una tassa del 5% equivale a poco più di 10dollari per giornata lavorativa. Questo è più o meno l’importo che un impiegato potrebbe spendere per il pendolarismo, pranzo, bucato. Una tassa a questa aliquota, quindi, non alleggerirà il portafoglio più di quanto non sarebbe successo scegliendo di andare in ufficio. Se applichiamo la stessa aliquota fiscale ai lavoratori nel Regno Unito con uno stipendio medio presunto di £ 35mila sterline, si arriva a poco meno di 7pound al giorno. In Germania, uno stipendio di 40mila euro l’anno comportebbe una tassa di poco più di 7,50euro al giorno. Una tassa a questo livello significa che né le società né i privati staranno peggio.
Secondo l’analisi di Deutsche Bank dopo la pandemia saranno circa 4,2 miliardi i giorni in più che ogni anno i lavoratori sceglieranno di passare in remoto. Se si aggiungono i circa 394 milioni di giorni che il personale part e full time già passano a casa, si ottengono circa 4,6 miliardi di giornate smart all’anno. Questo potrebbe significare quindi 48 miliardi di dollari l’anno, secondo le stime della smart tax riportata in precedenza, 6,9 miliardi di sterline e 15,9 miliardi di euro. Questi soldi, si ipotizza nel report, potrebbero servire a sostenere i lavoratori in maggiore difficoltà, in varie forme – e in ultima istanza, l’ecoonmia in genere. E voi site disposti a pagare per lavorare da casa?