Con risposta a interpello del 6 agosto 2021, n. 537, l’Agenzia delle Entrate è tornata a pronunciarsi in materia di regime fiscale applicabile ai dividendi corrisposti a holding svizzere da parte di società “figlie” italiane, alla luce della disciplina recata dall’articolo 9 (già articolo 15) dell’Accordo tra la Comunità europea e la Confederazione svizzera, siglato il 26 ottobre 2004 (di seguito l’Accordo).
In proposito, vale brevemente ricordare che l’Accordo dispone l’esenzione da ritenuta alla fonte sui dividendi “in uscita”, in presenza dei seguenti requisiti cumulativi:
a) la società madre detiene direttamente almeno il 25% del capitale della società figlia per un periodo minimo di due anni (holding period);
b) una delle due società ha la residenza fiscale in uno Stato membro e l’altra ha la residenza fiscale in Svizzera;
c) nessuna delle due società ha la residenza fiscale in uno Stato terzo sulla base di un accordo in materia di doppie imposizioni con tale Stato terzo;
d) entrambe le società sono assoggettate all’imposta diretta sugli utili delle società, senza beneficiare di esenzioni ed entrambe adottano la forma di una società di capitali.
La pronuncia in commento appare dunque di assoluto interesse in quanto essa:
- conferma (implicitamente) la possibilità di esentare dalla ritenuta alla fonte di cui all’articolo 27 del Dpr n. 600 del 1973 (o dalla minore ritenuta convenzionale) i dividendi della società italiana distribuiti alla holding elvetica, in presenza delle condizioni previste dal predetto articolo 9 dell’Accordo (elemento, questo, di novità);
- consente la possibilità di applicare il regime di esenzione anche prima della maturazione dell’holding period richiesto dalla normativa de qua, in caso di adesione al regime di cooperative compliance di cui al decreto legislativo n. 128 del 2015.
Il regime dei dividendi distribuiti a holding svizzere
Sotto il primo profilo, si ricorda che, in passato, l’Agenzia delle Entrate (nelle risposte ad interpello n. 93/2007 e n. 57/2019) aveva escluso l’applicabilità del predetto regime di esenzione alle holding svizzere, in quanto beneficiarie del particolare regime privilegiato di esenzione dall’imposta cantonale – con applicazione di un’aliquota sul capitale dello 0,075% – e municipale previsto dall’articolo 28, comma 2, della legge federale sull’armonizzazione delle imposte dirette cantonali e municipali del 14 dicembre 1990 (“Laid”), incompatibile con il requisito sub d) di cui all’articolo 9 dell’Accordo (e, come precisato dalla Commissione europea nella decisione del 13 febbraio 2007 – C (2007) 411 final, con le disposizioni in materia di aiuti di Stato).
Tuttavia, già con la risposta a interpello del 2 marzo 2021, n. 135, l’Agenzia aveva superato il precedente orientamento e chiarito che l’abrogazione dell’articolo 28, comma 2, della Laid a far data dal 1° gennaio 2020 e il conseguente assoggettamento delle holding a tutti e tre i livelli di imposizione sui redditi vigenti in Svizzera (federale, cantonale e municipale) consentiva ormai di ammettere queste società al regime di esenzione da ritenuta sui dividendi, di cui all’Accordo.
La risposta n. 537, qui in commento, si pone quindi nel solco tracciato dall’Agenzia con la precedente risposta del 2 marzo 2021, n. 135, poiché affronta una specifica questione interpretativa del citato articolo 9 dell’Accordo rispetto a un caso di distribuzione di dividendi di fonte italiana a una holding svizzera, e conferma pertanto come anche le strutture societarie con holding svizzera possano risultare fiscalmente efficienti.
La verifica del requisito dell’holding period
Quanto al secondo profilo, invece, si osserva che la risposta n. 537 rappresenta un’importante apertura dell’Agenzia rispetto all’interpretazione del requisito sull’holding period sopra richiamato e valorizza la ratio e gli effetti premiali regime di cooperative compliance di cui al decreto legislativo n. 128 del 2015.
Nel dettaglio, con l’istanza di interpello qui in esame, la società istante, società di capitali residente in Italia interamente partecipata da altra società avente sede legale in Svizzera, ha chiesto un parere in ordine alla possibilità di distribuire dividendi al predetto socio unico in esenzione da ritenuta, a norma dell’articolo 9 dell’Accordo, già a decorrere dalla data di acquisizione della partecipazione totalitaria, pur non essendo ancora maturato l’holding period di due anni previsto dalla condizione sub a), nel presupposto che la medesima condizione si sarebbe verificata successivamente e fatta salva la restituzione delle ritenute non applicate qualora le partecipazioni fossero cedute prima del decorrere del biennio prescritto dalla norma.
A sostegno della soluzione positiva al quesito, l’istante ha richiamato innanzitutto la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 17 ottobre 1996 (procedimenti riuniti C-283/94, C-291/94 e C-292/94, cosiddetta sentenza “Denkavit“), concernente l’interpretazione di alcune disposizioni contenute nella direttiva 90/435/Cee (di seguito, anche “direttiva madre-figlia“), ove è stato stabilito che «gli Stati membri non possono subordinare la concessione dell’agevolazione fiscale prevista dall’articolo 5, n. 1, della direttiva alla condizione che, al momento della distribuzione degli utili, la società capogruppo abbia detenuto una partecipazione nella consociata per il periodo minimo fissato dall’articolo 3, n. 2, purché tale periodo venga in seguito osservato. Su quest’ultimo punto gli Stati membri sono liberi di determinare, tenuto conto delle necessità del loro ordinamento giuridico interno, i criteri per garantire l’osservanza di tale periodo ».
In secondo luogo, pur in presenza di numerose pronunce dell’Agenzia volte a escludere l’esenzione sui dividendi fluenti verso la società “madre” prima che sia trascorso il periodo di detenzione prescritto, l’istante ha ritenuto che la ragione posta a fondamento di tali conclusioni – ovvero l’impossibilità di un’azione efficace di controllo sulle posizioni delle società che hanno omesso l’applicazione della ritenuta – verrebbe meno in presenza dell’adesione al regime di cooperative compliance di cui al D.Lgs. n. 128/2015 (cui l’istante aderisce), in considerazione del costante dialogo e scambio di informazioni tra Agenzia e contribuente che lo stesso presuppone.
La risposta dell’Agenzia delle entrate al quesito prospettato dal contribuente e la conseguente ricostruzione interpretativa del requisito dell’holding period sub a) dell’Accordo muove dalle seguenti considerazioni.
1. Innanzitutto, l’Agenzia ha confermato che i criteri ermeneutici cui fare riferimento per individuare l’esatta portata del requisito in commento devono essere individuati nell’ambito della direttiva madre-figlia, poiché scopo dell’Accordo è quello di estendere le misure che regolano i rapporti tra imprese residenti nel territorio europeo alle imprese elvetiche, stabilendo “misure equivalenti” a quelle della citata direttiva.
2. Fermo restando quanto sopra e quanto richiamato dall’istante con riferimento alla sentenza “Denkavit”, quest’ultima ha altresì stabilito che «Spetta agli Stati membri stabilire le norme intese a far rispettare il periodo minimo » e che gli stessi non sono tenuti «a concedere l’agevolazione in modo immediato quando la società capogruppo si impegna unilateralmente a rispettare il periodo minimo di partecipazione».
3. Sulla base di tali considerazioni l’Agenzia, ribadendo quanto già concluso con la circolare n. 60/E del 2001, ha escluso, in linea di principio, la possibilità di una fruizione dell’esenzione anticipata rispetto alla maturazione dell’holding period di due anni, poiché ciò comporterebbe un’oggettiva difficoltà di attivare controlli efficaci circa il rispetto dell’impegno della società madre a non alienare le partecipazioni prima del decorso del termine del possesso.
4. L’Agenzia, tuttavia, ha condiviso la soluzione prospettata dall’istante in ordine alla possibilità di usufruire della suddetta esenzione anticipata laddove si aderisca al regime di cooperative compliance di cui al decreto legislativo, stante l’interlocuzione costante e preventiva con il contribuente richiesta da tale framework e la conseguente possibilità, per l’Amministrazione finanziaria, di effettuare un controllo efficace su una possibile dismissione anticipata della partecipazione.
Conclusioni
La risposta n. 537 appare di estremo interesse e di grande attualità, poiché contribuisce a chiarire il regime fiscale applicabile alle strutture societarie con holding svizzere, nel contesto delle migliori opportunità consentite, come si è anticipato in premessa, dal nuovo quadro normativo in vigore dal 1° gennaio 2020.
Allo stesso tempo, la pronuncia in commento amplia, per via interpretativa, gli effetti premiali dell’istituto dell’adempimento collaborativo di cui al decreto legislativo n. 128/2015. Tale istituto, lo si ricorda, prevede l’istaurazione di un flusso informativo continuativo e di un rapporto di fiducia tra il contribuente e l’Amministrazione finanziaria, finalizzato al controllo preventivo del rischio fiscale e, in capo al contribuente, “compensato” con una serie di effetti di natura premiale, tra i quali la possibilità di accedere ad una procedura abbreviata di interpello preventivo ed il dimezzamento delle sanzioni eventualmente applicabili in relazione alle fattispecie previamente comunicate all’Amministrazione.
Il riconoscimento, da parte dell’Agenzia, di benefici e semplificazioni procedurali a favore del soggetto che aderisca al regime di adempimento collaborativo, dunque, appare coerente con la ratio di tale istituto e costituisce un importante incentivo alla diffusione dello stesso ed al miglioramento della cooperazione tra Amministrazione finanziaria e contribuenti.