Nei mercati attuali essere sostenibili è sempre più una discriminante, laddove per sostenibilità non si intende non solo quella finanziaria ma anche e soprattutto quella che rientra nell’acronimo Esg. Gli investitori lo sanno bene e infatti negli ultimi anni hanno indirizzato i loro capitali di conseguenza. Ma come sapere se una società è effettivamente sostenibile? Amazon, Apple e gli altri grandi nomi lo sono?
Lo strumento principe a disposizione degli investitori è il rating esg, un giudizio di merito sul profilo ambientale, di governance e sociale che agenzie dedicate conferiscono a ogni azienda. Molto di questo giudizio dipende innanzitutto dal settore in cui l’azienda opera. Ad esempio, una società del settore petrolifero sarà molto esposta al rischio ambientale, mentre quelle che si occupano di elettronica di consumo tenderanno a essere più esposte a questioni sociali come la privacy dei dati. Ma c’è anche un’altra dimensione da tenere in considerazione: in che misura l’azienda gestisce i rischi che può trovare nel suo percorso, sia quelli tipici del settore in cui opera sia quelli idiosincratici della sua attività? L’azienda ha intrapreso azioni appropriate e implementato politiche efficaci per prevenire e affrontare questi rischi? Il rating di sostenibilità deve cogliere anche questo aspetto.
Il Morningstar’s Esg Risk Assessment
Tra le agenzie di rating più riconosciute dal settore che svolgono un lavoro di analisi e scrematura di queste caratteristiche c’è Morningstar, che lo scorso anno, dopo aver acquisito Sustainalytics, ha lanciato un nuovo sistema di rating, il Morningstar’s Esg Risk Assessment. Cinque le categorie di rischio prese in considerazione – trascurabile, basso, medio, alto e grave – a cui corrisponde un punteggio da 1 a 5: un punteggio di 5 globi significa che l’azienda è esposta a rischi finanziari trascurabili derivanti da questioni esg, 1 globo identifica un serio rischio per l’impresa. Per esempio Amazon, secondo la società inglese, ha un elevato rischio esg (due globi), mentre di contro Apple uno basso (quattro globi). Si tratta di giudizi accurati?
Giudizi ancora troppo soggettivi
Per Alfonso Del Giudice, professore ordinario di corporate finance presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, sì. “I rating prodotti dalle agenzie con tutte le loro limitazioni sono uno strumento che si sta sempre più affinando” commenta il professore che tuttavia puntualizza: “Per ogni impresa ci sono aspetti molto soggettivi da valutare. Per questo motivo, confrontando i vari rating prodotti dalle diverse agenzie
si evidenzia un grado di correlazione ancora modesto, in particolare in relazione agli aspetti di governance e sociali. Si tratta di due pillar più qualitativi – rispetto a quello ambientale – su cui c’è meno accordo su una loro definizione oggettiva”. Come superare questo problema? “A livello sistemico l’unico che può intervenire in tal senso è il regolatore, nel momento in cui fornirà delle definizioni non ambigue e univoche su cosa rientra nei tre pillar. Ciò permetterà di mettere tutte le agenzie sullo stesso piano nell’analisi delle key issues indagate. L’unica regione che sta facendo sforzi importanti è l’Europa con il Regolamento Tassonomia, anche se per il momento si tratta di un quadro regolamentare limitato all’aspetto ambientale, con quello sociale in fase di discussione. La Sec ha iniziato quest’anno ad aprire all’idea di regolamentare i rating esg dandosi un tempo di 5 anni per farlo” continua del Giudice.
Esistono conflitti d’interesse?
Esistono anche dei conflitti d’interesse che possono spiegare questa divergenza di giudizio? “Ci sono due tipologie di agenzie di rating: quelle che lavorano unsolliceted e quelle che operano solliceted. Le prime, a differenza delle seconde, non percepiscono alcuna commessa da parte di una società ad effettuare una valutazione esg. In questo caso l’agenzia è indipendente dalla società che valuta, ma ciò non toglie che può invece dipendere dagli interessi degli azionisti di riferimento. Si tratta di una dicotomia che esiste sempre quando si parla di agenzie di rating” spiega Del Giudice che tuttavia rassicura: “Le grandi agenzie hanno tutto l’interesse ad essere trasparenti e a ridurre le divergenze di giudizio con le altre agenzie. Ne guadagnano in reputazione”. Tant’è che per gli investitori è facile capire come operano queste entità. Sui loro siti le agenzie pubblicano infatti la disclosure della struttura del processo.
I rating esg nei settori non esg
Ultimo ma non meno importante, è il dibattito su quanto società che operano in settori critici da un punto di vista della sostenibilità possano avere un elevato rating esg. Molti operatori infatti non prendono neanche in considerazione la possibilità di investire in certi ambiti: armi, gioco d’azzardo, energia nucleare, pesticidi. “Una società che opera in questi settori potrà mai essere sostenibile?” si chiedono gli investitori. La risposta per Del Giudice – e per coloro che al negative screening prediligono l’approccio d’investimento best-in-class – è affermativa. “Non è detto che il settore energetico debba essere escluso di per sé dall’universo investibile. In questo momento, per esempio, le imprese dell’oil&gas sono quelle che investono di più sulla transazione energetica e sul trovare delle fonti di energia rinnovabili. Discorso simile per il settore degli armamenti. Fatto salvo per i produttori di armi che non rispettano le convenzioni internazionali, ci sono aziende che producono armi per la polizia e per l’esercito, e quindi per la difesa dei diritti civili e dell’ordine pubblico. Forse è proprio in questi settori che i rating esg hanno un ruolo determinante”, conclude Del Giudice.
(articolo tratto dal magazine We Wealth di novembre)