Lo studio, che sarà presentato il prossimo 24 novembre in occasione del XVII Forum del Private Banking Aipb, ha raggiunto nel corso del terzo trimestre un panel composto da 40 asset e wealth manager, 23 banche private e le 19 società di gestione del risparmio nazionali e internazionali associate all’Aipb. Dalle risposte di questo campione emerge come il 97% dei wealth manager ritenga la sostenibilità come un fattore distintivo nella gestione degli investimenti, mentre il 90% ha già definito una policy per la gestione degli investimenti in chiave sostenibile. Ancor più rilevante notare come il 76% degli intervistati dichiari che il consiglio di amministrazione e del top management sia molto coinvolto sulla sostenibilità degli investimenti. Non stupisce, poi, che la quasi totalità dei wealth manager discuta “regolarmente le tematiche di sostenibilità con i clienti”.
“La consulenza ha un ruolo chiave nel traghettare il risparmio privato verso una asset allocation sostenibile: non ce lo chiedono solo gli investitori, ce lo chiede la società. La presa di consapevolezza non basta: servono investimenti, nuovi approcci e competenze”, ha dichiarato Paolo Langé, presidente dell’Aipb, “la necessità di cospicui investimenti potrà favorire un processo di concentrazione del settore del Wealth Management e allo stesso tempo l’affermarsi di operatori specializzati su alcuni segmenti di nicchia, mentre il tema sociale della riconversione di alcuni settori dovrà essere prioritario nelle agende governative. Il nostro auspicio è che al 2025, il private banking sia in grado di esprimere tutto il potenziale per dare le risposte che esigono i nostri nipoti”.
Per riuscire nell’intento la ricerca avrebbe messo in luce almeno due priorità per l’evoluzione del settore: processi di definizione più puntuali per definire che cosa è sostenibile e l’acquisizione di maggiori competenze e talenti sul tema della sostenibilità.
“L’industria dovrà risolvere le criticità in sede di formulazione dei giudizi di sostenibilità sui singoli strumenti finanziari costruendo scoring Esg proprietari partendo da dati grezzi di più fornitori e completandoli con informazioni interne derivanti dalla propria attività di engagement e voting e utilizzando fonti alternative” anche perché “oggi i dati esistenti non provvedono a coprire l’universo investibile e mappare tutte le asset class, quando ci sono, i dati provengono da fonti diverse e discordanti tra loro”, ha comunicato l’Aibp nelle sue anticipazioni sui risultati dell’indagine.
Quanto all’acquisizione di nuove figure dotate di competenze specifiche, l’Aipb auspica l’avvio di “programmi di formazione integrati e personalizzati, prevedendo la collaborazione con università e centri di ricerca per sviluppare le competenze necessarie a riflettere la sostenibilità nella gestione degli investimenti e nei processi di consulenza, inserendo programmi di incentivazione e recruiting declinati su obiettivi Esg”.