Negli ultimi dodici mesi gli investimenti delle pmi si sono focalizzati sulla creazione del sito internet e dei profili social, ma anche sullo sviluppo di piattaforme di e-commerce, sul marketing digitale e sulla riorganizzazione dei processi aziendali
Quasi la metà delle ditte individuali considera la digitalizzazione un “driver fondamentale per la crescita”, mentre il 25% delle imprese dei servizi la definisce “il principale obiettivo per il prossimo anno”
Ignazio Rocco, founder e ceo di Credimi: “Fortunatamente ci sono molte piccole imprese che vedono le opportunità generate dalla crisi e sono proprio quelle che, prendendosi dei rischi calcolati e investendo nella digitalizzazione, potranno uscirne più forti di prima”
Agli albori dell’apertura della procedura informatica per la presentazione delle domande di accesso alle agevolazioni del bando “
Digital transformation”, istituito dal decreto crescita e volto a sostenere la trasformazione tecnologica e digitale dei processi produttivi delle micro, piccole e medie imprese tricolori, dalle ceneri della crisi si preparano a emergere nuove consapevolezze. Secondo il nuovo
Osservatorio piccole imprese italiane lanciato da Credimi e realizzato da Nextplora, il 43% delle aziende individuali, il 35% delle società di persone e il 30% delle società di capitali considerano la digitalizzazione come una tappa fondamentale del processo di crescita. Eppure, in poche sono a conoscenza degli
incentivi regionali, statali ed europei su questo fronte (si parla rispettivamente del 3, dell’8 e dell’1%).
Lo studio è stato condotto su un campione di 1.200 aziende con un fatturato massimo di 10 milioni di euro, suddivise equamente tra i settori dell’industria, del commercio, dell’edilizia e dei servizi. Al primo posto in termini di investimenti nell’ultimo anno si posizionano le imprese attive nei servizi (68%), seguite da industria (59%) e commercio (57%). Più contenuta, invece, la percentuale relativa al settore dell’edilizia, che raggiunge il 34%. Nel dettaglio, il 38% dell’industria, il 32% delle imprese del commercio, il 22% dell’edilizia e il 43% dei servizi hanno concentrato le proprie risorse principalmente sulla
creazione del sito internet e dei profili social, ma anche sullo
sviluppo di piattaforme e-commerce (rispettivamente il 16, 24, 6 e 17%), sul marketing digitale (14, 19 e 5, 18%) e sulla riorganizzazione dei processi aziendali (8, 6, 3 e 8%). Principalmente, aggiungono i ricercatori, si tratta di imprese con un fatturato fino a un milione di euro, probabilmente anche perché “sono quelle che nella digitalizzazione vedono i ritorni più rapidi”, si legge nello studio.
Sul fronte territoriale, invece, le isole e il meridione investono molto di più del nord e del centro: il 40% si è focalizzato su sito web e social (contro il 36% del nord e il 23% del centro), il 22% sulle piattaforme di e-commerce (contro il 13% delle due controparti) e il 20% nel marketing digitale (contro rispettivamente il 16 e il 9%). Sul versante opposto, il 54% delle imprese del centro Italia hanno preferito completamente non investire, sulla stessa linea d’onda del 48% del nord e del 33% del sud e delle isole.
Ma quali sono gli obiettivi? Quasi la metà delle ditte individuali considera la digitalizzazione un “
driver fondamentale per la crescita”, mentre il 25% delle imprese dei servizi la definisce “
il principale obiettivo per il prossimo anno”. Al contrario, il 24% delle società di persone e il 36% delle piccole imprese del settore edile ritengono che investire in questo comparto “non sia necessario”. Inoltre, se mediamente il 30% degli intervistati crede che possa migliorare i processi di vendita, è molto più contenuta la percentuale di coloro che stimano un impatto sul fatturato (il 6% delle ditte individuali, l’11% delle società di capitali, il 13% delle società di persone, il 3% dell’edilizia, il 10% dell’industria, il 12% dei servizi, fino al 19% per le imprese del commercio). Ad ogni modo, la maggior parte delle imprese che intendono proseguire lungo questa strada
ricorre a mezzi propri (il 67% delle società di capitali e il 50% delle ditte individuali) o
alle risorse di famiglia (il 31% delle ditte individuali) per finanziare le operazioni. Meno di un terzo delle intervistate, invece, punta sul
credito bancario e, come anticipato, ancora più contenuta è la quota di coloro che sono a conoscenza degli incentivi regionali, statali ed europei.
“Lo spaccato che questa ricerca ci ha restituito è quello di un’Italia che pensa di crescere anche grazie agli investimenti in tecnologia, soprattutto quelle imprese che per dimensione o posizione geografica potrebbero avere un maggiore divario digitale da recuperare”, spiega Ignazio Rocco, founder e ceo di Credimi. “Un cambio di passo importante che va sostenuto e continuamente promosso perché investire nel digitale significa investire nel futuro del proprio business, avendo il coraggio anche di modificarne il modello se necessario”, aggiunge. Poi conclude: “Fortunatamente ci sono molte piccole imprese che vedono le opportunità generate dalla crisi e sono proprio quelle che, prendendosi dei rischi calcolati e investendo nella digitalizzazione, potranno uscirne più forti di prima. Una strategia lungimirante che potrebbe mettere la nostra piccola impresa al riparo dalla pandemia globale”.
Negli ultimi dodici mesi gli investimenti delle pmi si sono focalizzati sulla creazione del sito internet e dei profili social, ma anche sullo sviluppo di piattaforme di e-commerce, sul marketing digitale e sulla riorganizzazione dei processi aziendaliQuasi la metà delle ditte individuali considera …