La creazione di un museo privato consente, da un lato, di valorizzare la collezione con l’esposizione al pubblico e, dall’altro, di preservarla per una eventuale e diversa destinazione finale, anche in vista di un passaggio generazionale complesso.
Le prime riflessioni essenziali su cui il collezionista è chiamato a soffermarsi sono molteplici. Innanzi tutto dovrà definire un progetto culturale e individuare il luogo adatto ad ospitare il museo e le opere da trasferire: è necessario, individuare quali opere verranno trasferite e in che sito, anche prestando attenzione a fattori come, ad esempio, il valore delle medesime e le condizioni di conservazione.
Una volta scelto il luogo in cui erigere il proprio museo il Collezionista, con i suoi specialisti, dovrà effettuare una due diligence, per evitare rischi legati alla provenienza (autenticità e titolarità, eventuale notifica per opere con più di 70 anni, etc.), alla falsificazione di documenti (documenti assicurativi, expertise, valore) e verificare lo stato di conservazione tramite un condition report. Operazione che sarà necessaria per poter redigere un inventario con una corretta catalogazione, al fine di creare un archivio che contenga i dati identificativi delle opere (autore, data, tecnica usata, titolo, dimensioni, modalità di restauro delle opere. ecc.). Queste operazioni sono centrali anche quando destinate al museo sono collezioni o singole opere d’arte sottoposte a vincolo di interesse culturale. Difatti, il Collezionista che desidera valorizzarle inserendole nella collezione permanente del museo, potrà usufruire del sostegno pubblico dello Stato, disciplinato dall’art 113 del D.Lgs 42/2004. Il sostegno pubblico non è da intendersi soltanto di carattere finanziario, mediante cioè l’erogazione di fondi, ma anche quale supporto consistente in un facere inteso alla valorizzazione dei beni culturali come ad esempio attività di consulenza, progettazione o peritale.
Tralasciando per un attimo gli adempimenti formali, la scelta di aprire un museo privato dona al collezionista l’autonomia di definire le «linee guida» e la mission del proprio museo, predisporre un calendario delle mostre e stabilire le modalità di fruizione delle stesse, ossia – lasciare un’impronta della propria sensibilità artistica nel panorama nazionale ed internazionale.
L’autonomia museale definita dal MIBAC con Decreto del 10 maggio 2001, ricalca la definizione dell’I.C.O.M. (International Council of Museums) e dell’art. 101 del D. lgs. 42/20004 secondo cui un museo «è un’istituzione permanente, senza scopo di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo aperta al pubblico che compie ricerche sulle testimonianze materiali dell’uomo e del suo ambiente, le acquisisce, le conserva, le comunica e soprattutto le espone a fini di studio, di educazione e di diletto».
Pertanto il collezionista, al fine di tutelare il progetto di creazione del proprio museo ma anche la propria collezione dovrà riflettere su quale struttura giuridica scegliere per alla creazione del museo. In Italia i collezionisti sono indirizzati principalmente su due strutture: la Fondazione, la Fondazione ETS, e il Trust.
Qualunque forma giuridica si intenda adottare, tuttavia il Codice dei beni culturali prevede alcuni servizi da offrire al pubblico. L’art. 117 del Codice definisce tali servizi “di assistenza culturale e di ospitalita’ per il pubblico” e offre una puntale elencazione, da ritenersi non tassativa, tra cui rientrano, tra gli altri, il servizio editoriale e di vendita dei cataloghi ed ogni altro materiale informativo e riproduttivo di beni culturali; la gestione dei punti vendita e l’utilizzazione commerciale delle riproduzioni dei beni; i servizi di accoglienza, ivi inclusi quelli di assistenza e di intrattenimento per l’infanzia; quelli di caffetteria, ristorazione, guardaroba; organizzazione di mostre e manifestazioni culturali ecc. Tali servizi possono essere anche gestiti in forma integrata con quelli di pulizia, di vigilanza e di biglietteria. La forma giuridica dei servizi in questione dipende dalla tipologia degli stessi così che possono configurarsi concessioni amministrative laddove l’attività consista in un servizio aggiuntivo in senso stretto (quali ad esempio la ristorazione o la caffetteria) mentre occorrerà far riferimento all’appalto di servizi nel caso in cui l’attività concerna la fornitura di un servizio strumentale (come ad esempio la biglietteria o il servizio di sorveglianza).
Avv. Virginia Montani Tesei
Avv. Andrea Napolitano