Vezzoli, la star è un leone che danza in piazza della Signoria

8.10.2021
Tempo di lettura: 5'
Nel cuore di Firenze si erge un leone con una testa classica fra le fauci. Non la sta sbranando: la protegge. E poi c'è una Musa, dal corpo antico e la testa futuribile, che riflette e fa riflettere. Ce ne hanno parlato l'autore, l'artistar Francesco Vezzoli, e il sindaco di Firenze, Dario Nardella
Firenze. Più vanitoso che minaccioso, un leone si rizza in piazza della Signoria. Un basamento antico lo sostiene mentre tiene fra le fauci la testa di una statua romana del II secolo d.C., il cui corpo giace ai suoi piedi. È l'ultima opera dell'artistar Francesco Vezzoli, protagonista nel capoluogo fiorentino con Francesco Vezzoli in Florence, a cura di Sergio Risaliti (direttore Museo Novecento di Firenze) e Cristiana Perrella (ex direttrice del Centro Pecci per l'arte contemporanea di Prato). Il progetto è duplice: interessa non solo la piazza simbolo di Firenze, ma anche “l'ombelico” di Palazzo Vecchio, ovvero lo Studiolo di Francesco I de' Medici, dove alberga una Musa futuribile, che – omaggiando De Chirico – mette in connessione mondi distanti. Ma perché mescolare il classico con il contemporaneo?
Nel momento in cui la classicità è in crisi, l'ultra pop Francesco Vezzoli le fa un'appassionata dichiarazione d'amore. «Ho vissuto negli Stati Uniti per tanti anni. Là, tutti i riallestimenti andavano progressivamente verso la snaturalizzazione, la decontestualizzazione, la destoricizzazione. Con questo mio intervento a Firenze io voglio ricordare invece l'importanza della narrativa della storia, delle nostre radici culturali. Non in senso razionalistico, ma nel senso di 'appartenenza'. Oggi, il dibattito nell'arte contemporanea (ma anche nella letteratura, nel cinema) è profondamente identitario».

Cosa è giusto, cosa è sbagliato? «Allora, l'unica risposta che posso dare io è questa. Quando, da studente del liceo classico, leggevo Catullo, Saffo, le gesta di Giulio Cesare, studiavo il Rinascimento, Bernini… nel mio orientamento sessuale diverso mi sentivo accolto. Io in questo passato culturale mi sono riconosciuto, mi sono sentito protetto. Quindi identitariamente rivendico il diritto a che nessuno mi porti via né i miei ricordi, né le mie memorie, né tutto quello che mi ha permesso e incoraggiato a fare quello che faccio e ad essere quello che sono». Con le sue opere, sarà ben difficile perdere la memoria del passato-presente cui si riferisce Vezzoli.


Francesco Vezzoli, autoritratto, 2019. Courtesy dell'artista
Cosa è giusto, cosa è sbagliato? «Allora, l'unica risposta che posso dare io è questa. Quando, da studente del liceo classico, leggevo Catullo, Saffo, le gesta di Giulio Cesare, studiavo il Rinascimento, Bernini… nel mio orientamento sessuale diverso mi sentivo accolto. Io in questo passato culturale mi sono riconosciuto, mi sono sentito protetto. Quindi identitariamente rivendico il diritto a che nessuno mi porti via né i miei ricordi, né le mie memorie, né tutto quello che mi ha permesso e incoraggiato a fare quello che faccio e ad essere quello che sono». Con le sue opere, sarà ben difficile perdere la memoria del passato-presente cui si riferisce Vezzoli.
Il Leone di Francesco Vezzoli dal 2/10/2021 in piazza della Signoria, dettaglio. Il "marzocco", denominazione medievale del leone, è uno dei simboli della città di Firenze. Courtesy Museo Novecento
E Firenze, come fu in passato, torna a essere fucina di questo «stridore», come racconta a We Wealth il sindaco Dario Nardella: «Firenze è una sfida continua per noi e per l'umanità intera. Ospitando questi grandi artisti viventi, noi alimentiamo la tensione fra l'antico e il moderno, la ricerca continua di nuovi stili, messaggi, contenuti. Firenze deve continuare su questa strada, essere il terreno di sperimentazione e di sfida per i più grandi artisti del mondo, superando la barriera del sospetto e della superficialità che spesso alberga nei sentimenti collettivi».

La scultura posizionata all'interno dello Studiolo di Francesco I de' Medici, il «principe ghiribizzoso», ricorda il curatore Sergio Risaliti, è una figura di togato romana sulla quale è innestata una testa “metafisica” in bronzo lucido, citazione de Gli archeologi di De Chirico, «una delle opere che meglio rappresenta il recupero della classicità in epoca moderna», illustra Risaliti. Lo studiolo fu realizzato tra il 1569 e il 1573 e le sue pareti lignee sono interamente foderate di pittura della scuola vasariana; è «uno scrigno prezioso, carico di misteriose suggestioni iconografiche, esoteriche e astrologiche» prosegue il curatore. Vezzoli si inserisce «nel percorso concettuale di De Chirico e Savinio, inventori di metamorfosi e di collage misteriosi». Non ricerca l'armonia formale, quanto piuttosto un mondo surreale in cui si mescolano archeologia e fantasia, memoria e invenzione. In questa dimensione la cultura classica diventa materia da scomporre e ricomporre, attualizzandola. L'ibridazione fra epoche è la via per una riflessione artistica e non ideologica sull'identità.

I più “sospettosi” possono stare tranquilli. Gli interventi di Francesco Vezzoli sono stati «chirurgici», per dirla con l'assessore alla cultura Tommaso Sacchi, ben consapevole del fatto che nelle installazioni artistiche site-specific gli «aspetti filologici, storici, cromatici, di ingombro, di posizionamento vanno rispettati». La cura ossessiva di Francesco però è uscita vincitrice. E poi, «nessun artista prima di lui aveva pensato di lavorare sul dentro (Studiolo, ndr) e sul fuori (piazza della Signoria, ndr)».


Ph. Teresa Scarale
La scultura posizionata all'interno dello Studiolo di Francesco I de' Medici, il «principe ghiribizzoso», ricorda il curatore Sergio Risaliti, è una figura di togato romana sulla quale è innestata una testa “metafisica” in bronzo lucido, citazione de Gli archeologi di De Chirico, «una delle opere che meglio rappresenta il recupero della classicità in epoca moderna», illustra Risaliti. Lo studiolo fu realizzato tra il 1569 e il 1573 e le sue pareti lignee sono interamente foderate di pittura della scuola vasariana; è «uno scrigno prezioso, carico di misteriose suggestioni iconografiche, esoteriche e astrologiche» prosegue il curatore. Vezzoli si inserisce «nel percorso concettuale di De Chirico e Savinio, inventori di metamorfosi e di collage misteriosi». Non ricerca l'armonia formale, quanto piuttosto un mondo surreale in cui si mescolano archeologia e fantasia, memoria e invenzione. In questa dimensione la cultura classica diventa materia da scomporre e ricomporre, attualizzandola. L'ibridazione fra epoche è la via per una riflessione artistica e non ideologica sull'identità.

Il leone di Francesco Vezzoli in piazza della Signoria. Ph. Teresa Scarale
I più “sospettosi” possono stare tranquilli. Gli interventi di Francesco Vezzoli sono stati «chirurgici», per dirla con l'assessore alla cultura Tommaso Sacchi, ben consapevole del fatto che nelle installazioni artistiche site-specific gli «aspetti filologici, storici, cromatici, di ingombro, di posizionamento vanno rispettati». La cura ossessiva di Francesco però è uscita vincitrice. E poi, «nessun artista prima di lui aveva pensato di lavorare sul dentro (Studiolo, ndr) e sul fuori (piazza della Signoria, ndr)».