Depardon dialoga con gli esseri e i luoghi discretamente, umilmente. “Una filosofia che è nel Dna della Fondation Cartier da sempre”, racconta François-Marc Sastre, direttore generale Cartier South East Europe. L’ente nasce nel 1984 – prima fondazione privata per l’arte contemporanea di Francia – ma “si è trattato solo di formalizzare un’attitudine già presente in Cartier fin dalla sua fondazione, avvenuta nel 1847”.
Il suo raggio d’azione va oltre la sua denominazione. “La nostra fondazione non si dedica solo all’arte in senso stretto ma anche alla filantropia, con grande attenzione alle residenze per gli artisti. Il nostro scopo non è tanto quello di acquistare arte ed esporla. Noi supportiamo gli artisti – anche emergenti – con progetti di residenza per la realizzazione dei loro progetti: le mostre della Fondation Cartier sono create appositamente per la fondazione”. Prosegue Sastre: “Quello di Cartier è un esempio unico di filantropia corporate. È dedicato a promuovere e ad aumentare la consapevolezza nei confronti dell’arte contemporanea. In totale indipendenza dalle attività commerciali della maison e favorendo un approccio multidisciplinare e internazionale”.
Le sue sedi (fra cui quella spettacolare firmata da Jean Nouvel, a Parigi) aprono le porte a temi raramente trattati nei musei, dall’ambiente alle scienze umane, passando per la matematica. L’istituzione tende a instaurare “una relazione privilegiata con gli artisti”: da questi scambi umani e culturali è nata una collezione che oggi vanta oltre 1600 opere di 400 artisti provenienti da 50 nazionalità diverse. Una curiosità: diversa dalla collezione della fondazione è quella dei gioielli Cartier. Essa comprende circa 3000 pezzi creati dalla maison (gioielli, orologi e accessori) nel corso della sua storia, “acquistati anche in asta”, specifica Sastre.
La fondazione è stata ed è protagonista della vita culturale in molti paesi, già a partire dai fratelli Cartier che la fondarono nel 1847. In particolare, “Cartier ha avuto da sempre un’attenzione e un affetto particolari per l’Italia. Una predisposizione diventata più profonda durante i mesi più cupi della pandemia”, anche attraverso un sostegno economico concreto a realtà sanitarie particolarmente attive nella lotta al covid. E tenuto rigorosamente sotto silenzio: “Cartier non adopera la filantropia per farsi pubblicità”.
Fondation Cartier e la Triennale si sono associate dal 2020, facendo seguito a una comune visione di intendere l’arte e la cultura. Non si trattava però di una prima volta: già nel 2007 le due istituzioni avevano lavorato per la mostra David Lynch The Air is On Fire, dedicata al lavoro artistico “segreto” del grande regista. In quell’occasione erano in esposizione dipinti, fotografie, disegni, film sperimentali e creazioni sonore, installate in uno spazio intimo e personale, concepito proprio dall’artista. Una mostra nata dall’accumulo di quadri, cartelle etichettate e scatole d’archivio piene di fotografie nello studio di Lynch. Non convenzionale e rivoluzionaria. Come la storia di Cartier.