Controcorrente, anticonformista, eterodossa. Queste sono le prime parole che vengono in mente se si pensa alla Citroën SM, l’ambizioso progetto con il quale la Citroën tentò, nei primi anni ‘70, di conciliare quello che, a prima vista, poteva sembrare inconciliabile: fondere il comfort e la raffinatezza della celebre DS, allora al vertice della gamma, con le prestazioni di un potente motore con caratteristiche sportive. L’immagine della Casa, che si era sempre contraddistinta per i suoi progetti particolarmente originali e innovativi, era in quegli anni di difficile definizione e collocazione. Il marchio spaziava tra la 2CV, sinonimo dell’essenzialità automobilistica, e appunto la DS, all’avanguardia per tecnologica e creatività.
Si pensava che l’inserimento nella gamma di una brillante Granturismo sportiva potesse meglio caratterizzare il brand parigino, conferendogli maggior lustro e permettendogli inoltre di competere ad armi pari con i marchi concorrenti. Del resto fin dai primi anni ‘60 era allo studio in Citroën un’auto sportiva, da cui derivava la sigla del Progetto, “S”, ma nonostante i vari tentativi non si riusciva a configurare un motore adeguato, anche per la mancanza di specifica esperienza nel campo. La soluzione arrivò a seguito dell’acquisizione della blasonata Maserati, casa famosa in tutto il mondo per la produzione di vetture e motori ad alte prestazioni. Individuate le componenti meccaniche nel motore modenese e nelle specifiche tecnologiche della DS, restava ora da definire la forma del nuovo coupé, che doveva essere anticonvenzionale come tutte le Citroën ed allo stesso tempo immediatamente riconducibile ad essa. Il compito fu affidato a Robert Opron, allievo prediletto di Flaminio Bertoni, cui succedette alla guida del Centro Stile in seguito alla sua prematura scomparsa. Nel frattempo a Modena si lavorava alacremente per congegnare il motore richiesto dai tecnici Citroën: in poco più di sei mesi fu approntato un nuovo 6 cilindri di 2,7 litri con 170 cavalli di potenza, in linea con la normativa francese, che penalizzava le auto che superavano una certa potenza fiscale.
Il 10 marzo 1970 al Salone di Ginevra fu presentata la nuova Citroën SM, sigla nella quale alla “S” di Sport era stata aggiunta la “M” di Maserati. La nuova vettura conseguì da subito un notevole successo di critica e di pubblico. La sua linea era assolutamente originale e fortemente anni settanta: aerodinamica, fluida, filante, di grande impatto. Le dimensioni erano notevoli, specie per una GT: quasi 5 metri, tra lunghissimo cofano, abitacolo raccolto, fiancata liscia e slanciata, ampie vetrate, coda tronca e sfuggente. La caratterizzavano personalissimi particolari come il frontale composto da una carenatura trasparente che racchiudeva tre fari per parte e la calandra porta targa al centro, la carreggiata posteriore più stretta di ben 20 centimetri rispetto a quella anteriore, le ruote posteriori parzialmente coperte, come d’uso sulle Citroën. La vettura, estremamente confortevole, nonostante un peso di quasi 1500 kg superava di slancio i 220 km/h, vero e proprio record per un’auto a trazione anteriore, che sopravviverà per oltre un decennio. La tecnologia Citroën assicurava quello che le altre GT non potevano offrire: un impianto idraulico dedicato a gestire sia lo sterzo con servoassistenza variabile in relazione alla velocità, sia le sospensioni idropneumatiche che assicuravano un assetto sempre parallelo al suolo, sia infine i freni di grande efficacia con 4 dischi e un pedale-non-pedale, costituito da un bottone a fungo, chiamato per l’appunto anche “champignon”, quasi privo di corsa. Lo sterzo, diretto, leggerissimo in manovra e collegato agli abbaglianti interni che si orientavano con esso, prevedeva inoltre il riallineamento automatico delle ruote in posizione centrale, anche a vettura ferma, soluzione senz’altro utile oltre che suggestiva, ma che richiedeva, così come peraltro la frenata, un lungo periodo di familiarizzazione.
La SM centrò senza dubbio l’obiettivo, diventando in breve tempo uno degli status-symbol transalpini al pari del Con- corde, lanciato proprio in quegli anni, anch’esso simbolo della Grandeur del periodo. Non a caso l’acronimo SM in Francia fu declinato come “Sa Majesté”, in considerazione dei contenuti tecnologici e dell’elegante stile della vettura. Fu infatti da subito richiesta da celebrità e capi di Stato e nel tempo fu l’auto di personaggi come Alain Delon, Johan Cruijff, Wyman e Watts dei Rolling Stones, Clayton degli U2, Carlos Santana, Graham Greene, Mike Hailwood, Ennio Morricone, nonché di Re Juan Carlos di Spagna, di Leonid Brezhnev, di Haile Selassie d’Etiopia, dello Scia’ di Persia, fino a diventare auto presidenziale dell’Eliseo, in una variante a quattro porte voluta dal Presidente Pompidou ed utilizzata anche dai suoi successori per le occasioni ufficiali, spesso con ospiti di prestigio. Un grande merito della SM fu inoltre quello di aver curiosamente rappresentato la base per la nascita delle vetture monovolume, poiché proprio sui componenti di una SM fu approntata la “Kar-A-Sutra”, prototipo esposto al MoMa di New York del ‘72 dall’architetto Mario Bellini in collaborazione con Cassina, Citroën e Pirelli.
Nella mostra, nella quale esposero anche Gae Aulenti, Joe Colombo, Sottsass e Zanuso, la vettura riscosse grandi consensi, rappresentando da un lato il razionalismo italiano e privilegiando dall’altro concetti quali funzionalità e abitabilità, ispirandosi alle nuove istanze di libertà ed emancipazione discendenti dalla cultura hippie, cui si deve anche l’allusiva denominazione.
La struttura dell’auto, molto squadrata e con il frontale spiovente, ispirerà anni dopo la Renault Espace, che riprodurrà fedelmente diverse soluzioni, reinterpretando e riproponendo le caratteristiche linee e la grande modulabilità interna.
L’iniziale successo della SM dovette ben presto affrontare alcuni imprevisti ostacoli, che si riveleranno insuperabili. Dapprima la crisi petrolifera del ‘73, che determinò il quadruplicare del prezzo della benzina e l’introduzione dei limiti di velocità, stroncando bruscamente il mercato delle auto sportive già minato dall’imperante contestazione giovanile. Emersero poi alcuni problemi strutturali di una vettura che era tanto sofisticata quanto complessa, garantendo piena efficienza ed affidabilità solo a seguito di una costante e onerosa manutenzione da parte di personale qualificato ed esperto. Citroën non era in grado di offrire tal condizioni in tutti i Paesi e, specie negli USA (ove venne per di più negata l’omologazione definitiva), ciò incise in maniera significativa sul mantenimento degli standard di vendita raggiunti. La crisi coinvolse la stessa Citroën, acquisita quindi dalla concorrente Peugeot, che cesserà immediatamente la produzione della SM e porrà in liquidazione la Maserati. La SM venne comunque prodotta in 12.920 esemplari complessivi, di cui oltre 2.000 venduti in Italia ed altrettanti negli USA, per i quali era stata approntata anche una versione 3.000 cc.
La grande personalità, l’originalità e l’elevato livello tecnico non sono oggi certo indifferenti agli occhi dell’universo collezionistico, ove la SM riscuote sempre grandi consensi. Le condizioni delle vetture rimaste (in Italia stimate in circa 150) incidono tuttavia notevolmente sulle quotazioni, che sono giocoforza influenzate dal livello di manutenzione e conservazione. Se può essere sufficiente un budget di 40mila, euro per buoni esemplari in condizioni d’uso, per modelli ottimamente conservati o restaurati con competenza si raggiungono e si superano anche i 100mila euro. Mercato a parte fanno, ovviamente, i rarissimi modelli speciali approntati dal carrozziere Chapron, come la berlina Opéra e la cabriolet Mylord, che quando si affacciano alle aste internazionali superano facilmente i 500mila euro.