Il Texas Ceegar alla Bonneville Salt Flats
Per risalire alle origini del suo nome bisogna tornare indietro al 1956, attraversare l’Atlantico, e buona parte d’America, ed arrivare in Texas, più precisamente nello Utah. Allora si correva nelle vicinanze di Wendover la Bonneville Salt Flats, gara di velocità che si teneva al Bonneville Speedway, circuito ricavato sull’omonimo lago salato, famoso per aver ospitato i record di velocità più incredibili di sempre. Quell’anno si presentarono alla corsa un trio di motociclisti texani – Jack Wilson, Stormy Mangham e Johnny Allen, con uno streamliner creato da loro. Si trattava di un siluro lungo 5 metri, con carrozzeria in fibra di vetro, telaio a traliccio in tubi d’acciaio, mosso da un Triumph Thunderbird, un bicilindrico ad aste e bilancieri inglesi. Il veicolo ribattezzato Texar Ceegar con a bordo Jhonny Allen fece segnare i 345 km/h, una velocità stratosferica per quei tempi.
T120: velocità da prima della classe
Due anni dopo la casa di Hinckey decise di rendere omaggio ad Allen e al suo Texar Ceegar, presentando al Salone londinese di Earl Court, una nuova moto: la Bonneville T120. Se Bonneville era un chiaro riferimento alla corsa americana, la sigla T120 rimandava al motore. T stava per “Twin”, ovvero il suo bicilindrico, mentre 120 indicava la velocità massima in miglia orarie che la motocicletta poteva raggiungere. In realtà, la velocità raggiungibile dagli acquirenti era di 115 miglia orarie, comunque sufficiente a porre il nuovo modello Triumph in cima alla classifica delle prestazioni. Su telaio e motore c’era la firma di Ed Turner, il geniale progettista che vent’anni prima, nel 1957, aveva ideato un altro mito Triumph, la Speed Twin, e che con la Bonneville regalò al mondo il suo ultimo capolavoro. In sella al nuovo bicilindrico, John Hartle conquistò la vittoria al TT dell’Isola di Man e infranse diversi record nel 1969. Nei dieci anni successivi alla sua entrata in scena la Bonneville fu un successo. La moto inaugurò infatti il decennio d’oro della Triumph, che arrivò anche 50 mila moto all’anno, di cui il 70% esportate in America. Dal 1959 al 1970 furono prodotti più 220 mila esemplari di Bonneville.
Dagli anni ’70 ad oggi
I problemi iniziarono a partire dall’inizi degli anni ’70, nonostante il motore fosse stato portato a 750 cc. In quegli anni le vendite soffrirono molto della concorrenza delle più moderne e affidabili moto giapponesi della Honda e di altri produttori: nel 1969 era arrivata in Europa la Honda CB750 Four, una moto che secondo gli inglesi “nessuno avrà mai il coraggio di costruire in serie”. Frase emblematica dell’immobilismo tecnico che affliggeva in quegli anni la direzione Triumph, che non fu in grado, presuntuosa dal suo saper fare, di innovarsi e stare al passo con i tempi. Inevitabilmente seguirono problemi economici che portarono Triumph ad essere prima salvata dalla cooperativa Meriden (1975), poi dal governo laburista di Harold Wilson ed infine nel 1983 dall’imprenditore Jhon Blur, che avviò una nuova era che perdura ancora fino ad oggi. Nel 2006, in contemporanea con i festeggiamenti per la 100millesima Triumph prodotta nella modernissima fabbrica di Hinckley, fu presentata la Bonneville T100 che contribuì a riportare il leggendario nome T120 nella famiglia Triumph nel 2015, con un rinnovato bicilindrico inglese “high- power” da 1200 cc.