La vera essenza del british style. Esattamente come il te? delle cinque, la caccia alla volpe, le colazioni sull’erba, il cricket e il polo, solo per citare alcuni degli stereotipi più comuni. Tra le automobili che possono rappresentare appieno questa filosofia, un posto di rilievo spetta senza dubbio alla MG, ed in particolare alla serie “T”. Costruita tra la meta? degli anni ‘30 e la meta? degli anni ‘50 in oltre 50.000 esemplari, impose nel mondo la formula del “roadster” all’inglese (alias “spider”, come d’uso in Italia), ovvero quella delle vetturette sportive scoperte e poco protette dagli agenti atmosferici, leggere, agili, scattanti, non molto inclini a offrire agi e comodità. Si tratta di una filosofia di guida dettata da un vero e proprio stile di vita, che comporta tra l’altro il saper apprezzare anche le seccature, se consentono di immergersi appieno nel paesaggio percependone profumi e rumori, sensazioni termiche, e persino polvere, pioggia e moscerini: gli spideristi inglesi amano infatti tenere le vetture aperte anche nella stagione invernale, persino sotto leggere piogge.
MG Serie T, le sue origini, la sua storia
La casa automobilistica MG Car Company Limited nacque nel 1922 ad Oxford come semplice concessionaria della Morris Motor Company, che all’epoca era il maggior costruttore britannico; MG stava infatti per “Morris Garages” e si proponeva di allestire sportive scoperte su telai Morris modificati. Trasferitasi ad Abingdon dal 1929, già nel ‘35 fu incorporata in Morris, continuando tuttavia a costruire autonomamente le proprie sportive, sia pure sempre con componentistica Morris. Allestite in cinque serie, le “T” mantennero per tutta la produzione la medesima impostazione: carrozzeria aperta, due porte, telaio separato in legno di frassino, motore anteriore, trazione posteriore. La linea della vettura, bassa, slanciata ed elegante, rispondeva ai consueti canoni stilistici dell’epoca: grandi parafanghi ad ala, separati dal corpo vettura, parabrezza e calandra del radiatore quasi verticali, piccole portiere, abitacolo angusto, serbatoio esterno.
La prima serie nacque nel ’36, denominata semplicemente “T”, ma venne in seguito identificata come “TA”, dopo il lancio della successiva “TB”. La “TA”, vettura di soli 1.300 c.c. e 52 cavalli, predisposta più per il turismo sportivo che non per le competizioni, fu prodotta in circa 3.000 esemplari e fu presto sostituita dalla “TB”, aggiornata nel motore e nel cambio, la cui produzione termino? con lo scoppio della guerra, dopo appena 400 unita?. Già nel ‘45 nacque la sua derivata, la “TC”, in pratica una “TB” più potente e più larga, soprattutto nell’abitacolo, grazie all’ampliamento della scocca di 10 centimetri. E? questa la vettura, essenziale e divertente, con la quale la MG parti? alla conquista dell’America, ritenuta necessaria anche per risollevare le sorti post-belliche britanniche.
Dopo oltre 10.000 esemplari, la “TC” lascio? il testimone alla “TD”, il best seller della serie “T”, che triplico? le vendite della sua diretta antenata. Disponibile finalmente anche con la guida a sinistra, per venire incontro ai clienti nord-americani, presentava notevoli miglioramenti soprattutto nel confort e nell’abitabilità, grazie al nuovo avantreno con sospensioni indipendenti, al nuovo telaio, al nuovo sterzo e al maggior spazio interno. Le “TC” e le “TD” saranno le autorevoli ambasciatrici nel mondo dello stile automobilistico britannico, curiosamente soprattutto negli Stati Uniti, nonostante fossero agli antipodi con le enormi ed opulente vetture a stelle e strisce e con i loro mastodontici motori 8V. La “TD” fu l’ultima vettura della serie T con calandra verticale e fari separati.
Un pedigree cinematografico stellare (e politico-nobiliare)
Con la serie “TF”, lanciata nel 1953, la calandra sarà inclinata ed abbassata, cosi? come il cofano e il parabrezza ed i fari carenati ed integrati nei parafanghi, il che, unitamente all’allungamento della coda, rendeva la vettura più armonica e filante. Tecnicamente la “TF” riproponeva tuttavia in modo pedissequo la “TD”, nel frattempo inesorabilmente invecchiata e non più al passo coi tempi, del tutto soppiantata dalle moderne sportive italiane e tedesche; la produzione termino? dopo nemmeno 10.000 esemplari. Guidare oggi una serie T equivale a sentirsi un po’ una star degli anni Cinquanta, quando questa vettura costituiva un segno di prestigio e distinzione inequivocabile. Celebre e? ad esempio la “TC” del Principe Filippo, all’epoca Duca di Edimburgo, che solo un anno dopo l’acquisto sposo? Elisabetta di Windsor, in seguito divenuta Regina d’Inghilterra.
Altrettanto famosa e? quella posseduta da Steve McQueen e quelle immortalate in film di successo, con passeggeri come Ryan O’Neal e Ali McGraw in “Love Story” del 1970, o del calibro di Robert Redford e Barbara Streisand in “Come eravamo” del 1973.
Non meno celebre e? la “TD” che ha accompagnato in luna di miele John e Jacqueline Kennedy, nel ’53, in Messico e in California, e cosi? le “TD” del film “Il magnifico scherzo” del ’52 con passeggeri Cary Grant e Marilyn Monroe, quella acquistata da James Dean nel ‘54 con parte del compenso guadagnato con “La valle dell’Eden”, sua prima auto sportiva, o quella guidata da Re Carlo d’Inghilterra con Camilla Bowles a Cuba nel 2019.
Gloria cinematografica ha conquistato anche l’incompresa “TF”, che ha anch’essa ricoperto ruoli rilevanti nei film “Due per la strada” del ’67 con Audrey Hepburn e Albert Finney, ne “Il letto racconta” con Rock Hudson e Doris Day del ’59 ed e? comparsa anche nel film italiano “Souvenir d’Italie” del ’57, con Vittorio De Sica e Alberto Sordi. Considerato il caratteristico spirito dell’auto, acquistare oggi una serie T significa tuffarsi nelle gia? tratteggiate atmosfere tipicamente british, beneficiando della grande classe che ne deriva ed accettando con entusiasmo gli inevitabili piccoli disagi. Per improvvisarsi raffinati gentlemen driver godendo di una vettura reattiva, piacevole e maneggevole, di facile manutenzione, ancorché metodica e frequente, può bastare qualsiasi “T”, anche delle serie più diffuse come le “TD”.
Va da se? che le più ricercate sono le più rare: la serie “TB” prebellica, che supera agevolmente i 100.000 euro e, ironia della sorte, l’ultima, la “TF”, proprio quella all’epoca meno apprezzata, poiché
allora ritenuta superata. Oggi e? la più rivalutata ed e? anche la più affidabile, la più potente e la più confortevole: supera di slancio, se in ottime condizioni, i 50.000 euro. Nel corso degli anni proprio la “TF” e? stata addirittura oggetto di vere e proprie clonazioni, una persino all’epoca dell’originale, ad opera della carrozzeria piemontese Mantelli, che nel ‘57 la riprodusse su base Fiat 1100. L’ultima replica e? degli anni Settanta, quando in Brasile venne costruita in oltre 4.000 esemplari la MP Lafer, quasi identica all’originale, ma con meccanica del Maggiolino Volkswagen.
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Articolo tratto dal magazine We Wealth n. 54