Tutti ne parlano, tutti li vogliono: era il marzo 2021 quando Christie’s vende all’asta un nft (acronimo di Non-Fungible Token) di Beeple (Mike Winkelmann) per 69 milioni di dollari, diventando la sesta opera d’arte più costosa di tutti i tempi (al terzo se si escludono le transazioni private). La notizia fa il giro del mondo, conquistando l’attenzione del grande pubblico.
Da quel giorno ad oggi si sono susseguiti innumerevoli articoli incentrati sull’argomento, con interviste a collezionisti di arte digitale o “tradizionali”, ad artisti storicizzati o a critici d’arte. La maggior parte dei lettori hanno mostrato un grande scetticismo verso questo nuovo modo di creare, produrre e possedere l’arte, probabilmente perché, per la formazione scolastica storico-artistica ricevuta, siamo abituati a considerare l’opera d’arte come qualcosa di fisico, tangibile, che puoi vedere e toccare, o di cui comunque, anche se distrutta, rimane una testimonianza storica o documentaria.
In tutte le epoche, in ogni caso, i cambiamenti non sono mai stati visti di buon grado, anche a distanza di decenni: pensiamo ad esempio a quanto alcune ricerche, come le performance o l’arte concettuale, siano state inizialmente percepite con avversità dalla critica o come tutt’oggi essi siano visti con scetticismo da parte del grande pubblico. Le stesse perplessità che attualmente, sia a livello critico che di massa, riguardano la criptoarte. Da alcuni punti di vista essa può essere ricondotta a una ricerca di tipo concettuale, per la centralità che assumono l’ideazione e la progettualità all’interno del processo creativo.
Le questioni aperte sono numerose non sono dal punto di vista critico, ma anche da quello del mercato. In molti si domandano come si possa riconoscere e attribuire un valore artistico e commerciale a un file jpeg o a una gif, se la criptoarte sia o meno un investimento sicuro e come si possa individuare l’artista “giusto”.
Abbiamo quindi voluto fare chiarezza, interpellando due esperti del mercato artistico, Vera Canevazzi, art consultant e docente, e Lorenzo Cortesi gallerista e responsabile di C-VERSO, la sezione dedicata all’arte generativa della Cortesi Gallery.
Vera Canevazzi, foto di Chiara Mortaroli
M.S.: Come consulente d’arte, suggeriresti di investire nel mercato degli nft?
V.C.: Assolutamente sì, io per prima ne ho acquistato alcuni: stiamo assistendo a un movimento rivoluzionario, con una portata e un’ampiezza senza precedenti. Sarebbe un peccato rimanerne fuori. Nell’ultimo anno e mezzo il mercato nft, che comprende diverse categorie, tra cui arte, sport, moda, musica e intrattenimento, è esploso, vedendo la sua massima espansione nel 2021, con un fatturato complessivo di circa 17 miliardi di dollari (+21.350% rispetto al 2020) e un incremento delle vendite del +1.836% (dati nonfungible.com). Prendendo in considerazione solo il settore artistico e quello dei collectibles nel 2021 il mercato nft si è assestato a 11.1 miliardi di dollari, comunque non poco se rapportato con il mercato dell’arte globale di 65.1 miliardi di dollari (dati Art Market Report). Le possibilità di guadagno sono concrete, anche se esistono diversi fattori di rischio, alcuni dei quali identici a quelli del mercato “tradizionale”: l’acquisto dei falsi, la manipolazione dei prezzi, l’illiquidità e la non eticità degli artisti. Per questo bisogna prestare molta cautela, studiando con attenzione i diversi artisti prima di muovere il “primo passo”. Inoltre, consiglio di seguire la selezione proposta da galleristi o da curatori, a meno che non si abbiano le possibilità economiche di comprare gli artisti già affermati (con prezzi, tuttavia, non alla portata di tutti).
Fatturato complessivo e numero di transizioni dal 2009 al 2021 nel mercato dell’arte «tradizionale». Fonte e grafico: Art Basel Report 2022 © Arts Economics (2022)
Le vendite di arte NFT e dei Collectibles dal 2019 al 2021. Fonte e grafico: Art Basel Report 2022 © Arts Economics (2022)
M.S.: Esiste un modo per delineare quali artisti e quali opere digitali siano meglio di altre?
V.C.: La crescita repentina di questo settore ha attirato moltissimi artisti, sia nativi digitali, che “tradizionali”, causando un’esplosione dell’offerta. I criteri per valutare un artista, tuttavia, sono sempre gli stessi: il curriculum, le sue capacità, l’originalità, il controllo della produzione, l’aver vinto dei premi, essere presente in collezioni e mostre importanti, etc. Nel caso degli artisti nft si è aggiunto un nuovo parametro, molto attuale e legato all’utilizzo crescente dei Social Media: coloro che riescono ad affermarsi e a raggiungere un notevole successo di mercato fanno parte di community internazionali che li supportano, il cui luogo di incontro è Twitter o Discord. Prendendo in considerazione gli italiani, per esempio, DotPigeon, Federico Clapis o il duo Hackatao, sono tutti autori che fino a due anni fa erano sconosciuti ai più e che oggi, invece, grazie alla loro capacità tecnica e di autopromozione, sono riusciti a imporsi nel panorama dell’arte contemporanea.
M.S.: Pensi che sia importante che le gallerie d’arte contemporanea sviluppino al loro interno anche il mercato degli nft con delle proprie piattaforme?
V.C.: La maggior parte delle piattaforme nft sono state progettate per permettere agli artisti stessi di caricare (“mintare”) le loro opere, incassandone i guadagni senza l’intermediazione di una galleria, pratica che mette in comunicazione diretta gli autori con i loro collezionisti. Questa modalità di vendita rompe lo schema tradizionale consolidatosi dal XX secolo, incrinando i rapporti di esclusività commerciale che esistevano tra gallerie e artisti. Così gallerie e case d’asta hanno dovuto stringere delle partnership con marketplace come OpenSea o Art Block oppure creare delle proprie piattaforme, permettendo ai loro collezionisti di seguire la propria selezione e ai loro artisti di confrontarsi con questo nuovo settore, come nel caso di Jeff Koons che ha realizzato il suo primo progetto nft per Pace Verso, la piattaforma sviluppata dalla Pace Gallery che lo rappresenta. Tuttavia, non sono molte le gallerie che attualmente si sono avvicinate al mondo nft, nonostante vi siano evidenti possibilità di crescita economica, poiché per farlo è necessaria molta competenza e la comprensione del mondo del gaming, del virtuale, della blockchain e della criptovaluta. Ancora meno sono quelle che hanno creato un proprio marketplace (oltre alla Pace Gallery e alla Cortesi Gallery), probabilmente per i costi di realizzazione e per le difficoltà tecniche di questo settore, con una legislazione finanziaria e giuridica ancora in via di definizione.
M.S.: Perché è importante che le gallerie d’arte si avvicinino agli artisti digitali nello stesso modo con cui si relazionano con gli artisti “tradizionali”?
V.C.: L’arte digitale si è sviluppata a partire dagli anni Sessanta, anche se con delle difficoltà di affermazione sul mercato, proprio per la sua facile riproducibilità e falsificazione. Grazie alla tecnologia blockchain l’arte digitale ha trovato l’ideale evoluzione: gli nft, una volta creati dal loro autore, tengono traccia dell’identità dell’artista e dei diversi passaggi di proprietà. Questi dati, oltre che le aggiudicazioni, non possono essere modificati e sono visibili da tutta la rete: una trasparenza che non esisteva nel mercato tradizionale. Queste innovazioni rappresentano quindi un’opportunità per tutti gli attori del sistema artistico: per gli artisti apre nuovi campi di indagine e di produzione, per i collezionisti rappresenta un diverso asset finanziario e per gli attori del sistema (case d’asta, gallerie, mercanti) è un nuovo intermediario con cui confrontarsi e in molti casi interagire, creando progetti ibridi che combinano reale e virtuale. Ritengo quindi che le gallerie dovrebbero avvicinarsi al mondo nft, cogliendo le possibilità di questo nuovo mercato, ricco di potenzialità creative e animato da una costante ricerca verso le tecnologie più avanzate.
Lorenzo Cortesi, foto di Lucrezia Roda
Come ti sei avvicinato al mondo degli nft?
Lorenzo Cortesi: “Personalmente seguo i Bitcoin e la Blockchain da diversi anni, nel 2012 ho comprato il mio primo Bitcoin, ma all’epoca tutto era iniziato come un gioco su internet; i Bitcoin valevano fra i 10 e i 100 dollari e parallelamente sono sempre stato attento all’evoluzione della tecnologia. Nel 2020 quando si è iniziato a parlare molto di nft, soprattutto come nuovo elemento all’interno dell’arte, mi sono avvicinato per studiarli con la volontà di capire come implementarli con la galleria. I primi che ho visto – come un po’ tutti – sono stati i CryptoPunks, Collectibles simili alle Bored Apes e poi mi sono avvicinato a SuperRare e Art Blocks che invece si occupavano di fine arte digitale e da lì ho capito che c’era spazio per la galleria per lavorare su questo nuovo linguaggio”.
Come mai la galleria Cortesi ha scelto di aprire la propria piattaforma cverso.io e come funziona?
L.C.: “Inizialmente abbiamo aperto una sezione della galleria per occuparci di nft e arte digitale per guidare i nostri collezionisti più interessati a questo mondo e farli vedere come funziona anche la tecnologia degli NFT, della Blockchain, cercare di guidarli su certi artisti e poi per iniziare a organizzare e curare delle mostre sia in galleria che in fiere d’arte e in altri eventi, sempre con la galleria. Successivamente abbiamo deciso di aprire una nostra piattaforma che supportasse le nostre mostre per la vendita di nft, incentrata sull’arte generativa, ovvero arte totalmente programmata; dove l’artista usa script e linee di codice per creare la propria arte. Abbiamo creato una piattaforma Web3 sulla Blockchain di Tezos, dove ci si deve collegare col wallet e pagare direttamente gli nft in tezos. Questo è un esperimento che è iniziato da qualche mese, ed è partito molto bene. In occasione di ArteFiera a Bologna, in uno dei nostri Booth abbiamo organizzato una mostra dove abbiamo presentato artisti nft di Generative Art, tra cui Stefano Contiero, Ben Kovach e Jeff ippsketch, con i loro nft digitali e alcuni loro nft stampati, in dialogo con opere di herman de vries, con lo scopo di creare un dialogo tra l’arte generativa nft e gli artisti del dopoguerra che hanno lavorato con l’arte programmata, cinetica e randomizzata negli ultimi 60 anni. Stiamo organizzando un’altra mostra a Milano in galleria il 7 luglio 2022, in cui riproporremmo il modello di Bologna, ovvero: saranno esposti nft solo digitali comprabili sulla piattaforma cverso.io, ma ci saranno anche delle opere fisiche di nft stampati ad alta qualità. In occasione della Design Week abbiamo presentato un progetto nft nella mostra “meta_WASTE”, organizzata da RoGUILTLESSPLASTIC e Rossana Orlandi, in cui abbiamo esposto opere di Generative Art di due grandi artisti contemporanei: Anna Lucia e ALT+ESC, durante la quale si poteva andare su cverso.io per comprare gli nft”.
La tua galleria come si relaziona con gli artisti digitali?
L.C.: “Gli artisti digitali hanno un importante background artistico, ma anche informatico, infatti, quando collaboro con loro per organizzare delle mostre o dei progetti comunico principalmente in maniera totalmente digitale attraverso Twitter e Discord, in questo modo la comunicazione è molto veloce e istantanea. Sono tutti artisti tra i venticinque e quarant’anni che hanno molta voglia di lavorare e far vedere e conoscere la loro arte, soprattutto perché fino a qualche tempo fa non avevano un mercato e un grande pubblico che seguiva la loro arte; infatti, sono molto interessati ad entrare in contatto con una galleria e con realtà fisiche e quindi non solo alla vendita online. Questa idea di fare una mostra fisica supportata con la vendita di nft, gli piace molto come modello comunicativo. Abbiamo un profilo della galleria su Discord, con dentro tutti gli artisti con cui collaboriamo. A differenza dell’arte contemporanea tradizionale, dove il gallerista normalmente chiede quasi sempre un’esclusiva all’artista per un determinato tempo, firmando anche dei contratti di esclusiva, questi artisti non vogliono fare nessuna esclusiva e io non l’ho mai proposto perché non esistono questi tipi di accordi nel mondo degli nft e nella criptoarte. Una meccanica nuova è che questi artisti possono aiutare molto la galleria perché hanno un seguito di collezionisti online molto ampio. Le meccaniche di collaborazione quindi sono cambiate, la non necessità dell’esclusiva rende tutto molto flessibile e veloce”.
I collezionisti d’arte contemporanea sono interessati agli nft? Come guidate i collezionisti nelle acquisizioni?
L.C.: “Molti collezionisti hanno interesse nel capire cosa sta succedendo, cosa c’è dietro, come funzionano gli nft, questo perché negli ultimi anni se ne è parlato molto. Alcuni rimangono scettici, soprattutto perché non c’è quell’oggetto fisico che gli rimane nella collezione, questa mentalità è completamente diversa rispetto a quella dei collezionisti di nft che hanno il loro asset digitale. Nonostante questo, devo dire che ho visto molta apertura mentale da parte di quasi tutti i nostri collezionisti; poi magari quelli che finalizzano l’acquisizione di un nft, non sono ancora tantissimi, però quasi tutti vogliono capire, iniziano a vedere e riconoscere un valore artistico negli nft, ed è quello che interessa maggiormente a noi come galleria. I collezionisti più esperti che già conoscevano questo mondo, non per forza hanno bisogno del supporto della galleria, perché hanno esplorato questo mondo da soli, mentre la maggior parte, che magari non conoscono la Blockchain, non hanno voglia di aprirsi un wallet o comparsi le cryptocurrency, allora si rivolgono alla galleria, e noi cerchiamo di guidarli, proponendogli degli artisti contemporanei che fanno arte digitale, che per noi hanno un valore sia artistico ma anche di investimento per il futuro, esattamente come succede nell’arte contemporanea tradizionale”.
Installation view, meta_WASTE, Milano Design Week 2022, foto di Andrea Ceriani