Biennale Architettura 2021: ricominciare dalla Terra

21.5.2021
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Nell'anno in cui l'ammontare degli edifici umani ha superato il numero di esseri viventi, prende il via la prima manifestazione “in presenza” della nuova normalità. Fra bio-architetture militanti ed economia della bellezza
Più cemento che vita. Nel 2020 il volume totale delle costruzioni umane ha superato la biomassa, la realtà naturale organica presente sulla superficie terrestre. E forse non è un caso che il sorpasso sia arrivato nell'anno del grande stop. «Lo status quo non è un'opzione, non possiamo più evitare di cambiare. Questo è il messaggio: l'economia del pianeta è sbilanciata, e tutto quello che succederà potrà avere un impatto negativo sulla nostra sopravvivenza». A parlare è Alessandro Melis, architetto e accademico, curatore del Padiglione Italia alla XVII Biennale di Architettura a Venezia. L'evento, di qui a novembre, è il primo “in presenza” nella nuova normalità. Posticipato di un anno, ha beneficiato di questo tempo dilatato, maturando una maggiore consapevolezza.

Foto Teresa Scarale
La visione di Melis alberga perfettamente nell'alveo creato dal curatore generale della kermesse, Hashim Sarkis. L'architetto libanese del resto, nel formulare la sua visionaria (era il gennaio 2018) domanda, How will we live together, elaborava la questione urgente di un modus vivendi nuovo e comunitario su questo pianeta. Da qui in poi.
Sarkis supera il dibattimento socio-politico per destinarlo alla sua essenza: lo spazio.
Sarkis supera il dibattimento socio-politico per destinarlo alla sua essenza: lo spazio.

Foto Teresa Scarale
Le norme sociali sono cambiate, la politica si è polarizzata e non è in grado di dare risposte a domande sempre più impellenti. Il momento riflessivo di Sarkis parte da questo, dal cambiamento climatico, dal «crescente divario tra lavoro e capitale», istanze che ci obbligano «a mettere lo spazio al primo posto e, forse come Aristotele, a guardare al modo in cui l'architettura plasma l'abitazione per immaginare potenziali modelli di come potremmo vivere insieme». In questo senso, l'architettura dà risposte che altri adesso non sono in grado di dare. «La nostra professione ha il compito di progettare spazi migliori per una vita migliore. La nostra sfida non è essere ottimisti o meno, in questo senso non abbiamo scelta».

Foto Teresa Scarale
La kermesse non celebra il “ritorno alla normalità”, perché era proprio la vecchia normalità ad essere il problema. Agli occhi del visitatore, i Giardini e il Padiglione centrale costituiscono grosso modo la pars destruens, la critica serrata alle contraddizioni dell'abitare attuale. L'Arsenale e le Gaggiadre sono invece la pars costruens, con il loro florilegio di nuove prospettive e proposte. La Biennale Architettura 2021 è un laboratorio di idee per progettare una nuova Terra, ma soprattutto una nuova coabitazione, che privilegi le forme piuttosto che la quantità di spazio occupato, mai perdendo di vista il radicamento biologico con il pianeta che ci ha dato la vita.

Foto Teresa Scarale
“The economy of bellezza”
“Bellezza” non è traducibile con “beauty”: è un nome che rappresenta tutto il patrimonio, l'identità dell'Italia. Di quel patrimonio usufruiscono ogni anno 128 milioni di persone. E il sistema economico della bellezza contribuisce al pil italiano per il 17,2%. 341mila sono le imprese coinvolte (agroalimentare, automotive e altri mezzi di trasporto, cosmesi, meccanica e altra manifattura, cosmetica, moda, orologeria e gioielleria, sistema casa e artigianato artistico), per un fatturato di oltre 682 miliardi di euro. Sono i risultati del Market Watch di Banca Ifis, per la prima volta gold partner del Padiglione Venezia.
“Bellezza” non è traducibile con “beauty”: è un nome che rappresenta tutto il patrimonio, l'identità dell'Italia. Di quel patrimonio usufruiscono ogni anno 128 milioni di persone. E il sistema economico della bellezza contribuisce al pil italiano per il 17,2%. 341mila sono le imprese coinvolte (agroalimentare, automotive e altri mezzi di trasporto, cosmesi, meccanica e altra manifattura, cosmetica, moda, orologeria e gioielleria, sistema casa e artigianato artistico), per un fatturato di oltre 682 miliardi di euro. Sono i risultati del Market Watch di Banca Ifis, per la prima volta gold partner del Padiglione Venezia.

Foto Teresa Scarale
Un territorio che sviluppa e sostiene bellezza genera valore economico, imprenditoriale e sociale. Il rapporto esamina le tre dimensioni che compongono l'ecosistema italiano della bellezza. La prima è quella del patrimonio storico-artistico e culturale in sé, con quello naturalistico e paesaggistico (questa voce da sola vale il 6% del pil). Vi sono poi i servizi collegati (trasporti, ospitalità). Infine, tutto il made in Italy dei settori estetico-funzionali (design, moda).

Foto Teresa Scarale
«Banca Ifis crede nella cultura e nell'arte come asset strategici di crescita economica e sociale del Paese. La ricerca evidenzia la ricchezza del nostro patrimonio non solo culturale e paesaggistico ma anche imprenditoriale. Un patrimonio in grado di generare un rilevante valore economico e sociale, da preservare e sostenere», spiega Ernesto Fürstenberg Fassio, vice presidente della banca.

I risultati dello studio sono stati creativamente composti in un'installazione di Maria e Susanna Sent presso il Padiglione Venezia. Al centro della struttura, ispirato alle education stations dei De Lucchi, ci sono quattro “saperi” (il nostro patrimonio materiale, immateriale, la natura, noi stessi) che connettono gli spazi e le persone. Come afferma il giornalista (e in questo caso curatore) Emilio Casalini, «i nostri saperi si connettono dentro a un'armonia della complessità (e cos'è l'architettura se non gestione della complessità?). E più ci connettiamo, più il tutto diventa complesso da gestire». La mescolanza è la nostra economia della bellezza, che «può portare nuovi lavori e persino democrazia». Un percorso che dobbiamo iniziare a intraprendere: potrebbe condurci alla valorizzazione della nostra identità, che è il nostro patrimonio.

Hashim Sarkis. Foto Jacopo Salvi, courtesy La Biennale di Venezia