Negli ultimi 20 anni l’industria dei servizi dedicati ai grandi patrimoni è mutata radicalmente, di pari passo con il profilo degli investitori.
Gli hnwi vengono trattati alla stregua di operatori istituzionali, con implicazioni rilevanti sulle decisioni d’investimento.
Non esistono più i clienti di una volta. “20 anni fa, agli uffici del private banking bussavano quasi esclusivamente uomini, ultra 60enni, focalizzati su investimenti obbligazionari, per almeno due terzi o anche tre quarti del portafoglio. Non si andava oltre la relazione one-to-one con il banker. E andava bene così”. E oggi? “La clientela è decisamente più diversificata: ci sono molte donne, ma anche millennial, under40 e persino under30. Anche le loro richieste sono cambiate radicalmente. Al punto che si è resa necessaria un’evoluzione del modello organizzativo”.
Un nuovo modello di wealth management
Alessandra Losito è dal primo gennaio alla guida di
Pictet wealth management, dove ha raccolto il testimone di
Luca Toniutti, rimasto in azienda con il ruolo di chairman. La sua carriera inizia in Pwc, prima di approdare in Borsa Italiana.
Nel 2000 Losito è in Citi private banking. Cinque anni più tardi entra nella divisione Wm di Pictet, di cui oggi è al timone. A conti fatti, ha attraversato due decenni nell’industria dei servizi dedicati ai grandi patrimoni.
A We Wealth racconta cosa è cambiato nel private, partendo da un piccolo aneddoto. “Ieri mattina alle 9:30 ero in collegamento con un cliente e il nostro Cio per l’Asia, basato a Singapore, per valutare un’opportunità d’investimento nella regione. Si è parlato di singoli Paesi, di Cina, ma anche Corea del Sud. 10-15 anni fa era sufficiente la sintesi riportata dal banker.
Di fatto i clienti erano considerati retail con un patrimonio più importante. Oggi sono molto più sofisticati. Il banker è rimasto il punto di riferimento nella relazione, ma è affiancato dagli specialisti di prodotto e dalla piattaforma internazionale di analisti, economisti e gestori. I nostri private sono ormai ritenuti a tutti gli effetti clienti istituzionali. Anche per le implicazioni a livello di portafoglio”.
I portafogli
Lo scenario di mercato, a sua volta è mutato in modo sostanziale. Una larga porzione dei titoli a reddito fisso offre ritorni negativi o vicini a zero. “Diciamolo la verità: prima era più facile consegnare rendimenti interessanti. Oggi è quasi indispensabile guardare ai mercati privati. Si va verso un modello di asset allocation tipico delle fondazioni che gestiscono il patrimonio delle grandi università americane, come Harvard e Yale: un terzo azioni, un terzo bond, un terzo asset alternativi e private market. Parlo di un limite massimo, ma è molto frequente che questa componente valga il 10 o il 20% dei portafogli”.
Private market
Dipende ovviamente anche dalla portata degli asset finanziari: clienti da due milioni di euro – la soglia minima per accedere al wealth management di Pictet, avranno giocoforza un’esposizione limitata ai mercati privati, in ragione di soglie di accesso piuttosto elevate. In ogni caso, è essenziale che l’investitore comprenda bene il funzionamento di questi strumenti. I private market sono illiquidi, occorre mettere in conto un orizzonte di 7, 8, 10 anni. “D’altra parte, i rendimenti potenziali sono sicuramente allettanti. Uno degli aspetti più interessanti è che su questa componente di portafoglio i clienti tendono a coinvolgere anche gli eredi. L’investimento illiquido, non di rado, viene collocato in una cornice transgenerazionale”.
La sostenibilità
Questo è uno dei canali attraverso i quali i banker di Pictet Wm iniziano a interloquire con clienti millennial. Vale la pena ricordare che ci troviamo agli albori di un macroscopico trasferimento di ricchezza: “Si calcola che nei prossimi 10/15 anni passeranno di mano asset per circa 4mila miliardi, su un patrimonio totale di 10mila miliardi di euro disponibili oggi in Italia”.
È l’argomento – serissimo e spesso poco dibattuto – che ha spinto la divisione wealth del gruppo svizzero a cooptare anche consulenti più giovani: “Su 30 banker, cinque sono under30. Ovviamente sono affiancati da professionisti più senior”. Del resto, se è vero che la clientela è molto più diversificata, “occorre dotarsi di una squadra che possa valorizzare la diversità di pensiero, accogliendo teste differenti per età, genere, background ed esperienze pregresse. Il 20% dei nostri banker è donna”.
Il focus di Pictet WM rimane comunque sulla gestione del portafoglio, senza incursioni in aree della corporate advisory o dell’investment banking. “La gestione patrimoniale rimane il nostro fiore all’occhiello. Stiamo rafforzando l’advisory perché molti clienti vogliono essere coinvolti nelle decisioni d’investimento. E poi siamo sempre più attenti alla sostenibilità. Ci sono clienti che chiedono un portafoglio al 100% Esg”. Sarà sempre più frequente nei clienti di domani.
Negli ultimi 20 anni l’industria dei servizi dedicati ai grandi patrimoni è mutata radicalmente, di pari passo con il profilo degli investitori.Gli hnwi vengono trattati alla stregua di operatori istituzionali, con implicazioni rilevanti sulle decisioni d’investimento.
Non esistono più i client…