Tali soggetti sono infatti tenuti a: i) comunicare i dati del contratto stipulati tra locatore e conduttore; ii) operare una ritenuta del 21% sul relativo canone o corrispettivo nel caso in cui lo incassino direttamente o intervengano nel relativo pagamento.
Per i soggetti non residenti tali obblighi dovranno essere adempiuti tramite una eventuale stabile organizzazione presente in Italia ovvero, nel caso in cui questa non vi sia, mediante la nomina di apposito rappresentate fiscale.
Ulteriore intervento normativo in materia a livello nazionale si è avuto con l’introduzione dell’art. 13 del D.L. n. 34/2019 (cd. “Decreto Crescita”). Tale norma è stata introdotta con lo scopo di contrastare il fenomeno elusivo ed evasivo in materia di IVA legato alle vendite a distanza di beni sia importati che interni all’Unione Europea.
Si prevedono infatti puntuali obblighi informativi in capo ai soggetti che facilitano mediante piattaforme digitali le cessioni di beni a distanza di beni importati (extra-UE), nonché le vendite a distanza all’interno dell’UE (intra-UE). Il soggetto che gestisce tali piattaforme è tenuto a trasmettere trimestralmente all’Agenzia delle Entrate per ciascun venditore professionale presente sulla piattaforma:
- la denominazioneo i dati anagrafici completi, la residenza o il domicilio, il codice identificativo fiscale ove esistente e l’indirizzo di posta elettronica;
- il numero totale delle unità vendute in Italia;
- per le unità vendute in Italia l’ammontare totale dei prezzi di vendita o, in alternativa, il prezzo medio di vendita.
La carenza di informazioni o l’omessa trasmissione dei dati rende il gestore responsabile per il tributo non assolto dal venditore, introducendo in sostanza una nuova forma di solidarietà d’imposta.
Tale disposizione è stata introdotta con valenza transitoria e cesserà di avere effetti quando entreranno in vigore le norme di prevenzione e contrasto dell’evasione nel settore del commercio elettronico previste dalla Direttiva 2017/2455/Ue, che modifica il regime di imposizione Iva nel commercio digitale.
Il processo avviato in ambito nazionale è quindi strettamente connesso ad un’evoluzione già prevista in ambito comunitario, considerando che anche la Commissione Europea ha individuato nelle piattaforme i soggetti meglio posizionati per garantire la corretta tassazione delle operazioni online.
Si consideri, in particolare, la già citata Direttiva 2017/2455/Ue che, con particolare riguardo alle vendite a distanza intracomunitarie di beni e alle vendite a distanza di beni importati di valore superiore ad Euro 150, effettuate mediante un’interfaccia elettronica, ha previsto un regime speciale applicabile dal 1 luglio 2021. Il soggetto passivo che facilita, tramite l’uso dell’interfaccia elettronica, tali operazioni, verrà infatti considerato, sulla base di una “fictio iuris”, come acquirente e venditore in proprio dei beni, con conseguente richiesta di applicazione dell’Iva sull’operazione di vendita.
La proposta di direttiva DAC 7
Ulteriore passo avanti è stato fatto in ambito comunitario con la proposta di direttiva DAC 7 che modifica ulteriormente la Direttiva n. 2011/16/UE avente ad oggetto la cooperazione amministrativa tra Stati membri nonché lo scambio automatico di informazioni fiscali.
La proposta rientra nell’ambito del cd. “Package for fair and simple taxation”, un progetto promosso dalla Commissione Europea la cui finalità è quella di realizzare un sistema di tassazione maggiormente equo, efficiente e sostenibile.
La proposta di direttiva in parola prevede l’introduzione dell’obbligo, per i gestori delle piattaforme (definiti “Reporting Platform Operators”), di comunicare periodicamente alle amministrazioni fiscali europee i dati degli operatori (c.d. “Reportable Sellers”) che svolgono tramite la piattaforma un’attività effettuata dietro corrispettivo (“Relevant Activity”) che preveda:
- la locazione di proprietà immobiliari, sia residenziali che commerciali, nonché ogni altro bene immobile ovvero spazi di parcheggio;
- la prestazione di servizi che implicano lo svolgimento di un incarico per una certa durata ovvero l’espletamento di specifici compiti da parte di una o più persone, che operano in modo indipendente o per conto di terzi (società di capitali o di persone, ovvero trust, fondazioni e simili), su richiesta di un utente. Il predetto servizio può essere fornito online ovvero fisicamente offline dopo la facilitazione del contatto tramite la piattaforma;
- vendita di beni fisici;
- il noleggio di qualunque tipologia di mezzi di trasporto.
Più precisamente, i gestori delle piattaforme saranno chiamati a raccogliere e verificare l’identità dei soggetti (siano essi persone fisiche o giuridiche) che utilizzano la piattaforma per lo svolgimento delle attività rilevanti sopra citate ed a comunicare tali dati unitamente all’importo del reddito percepito dai Reportable Sellers in relazione alle attività intermediate dalla piattaforma. Nel caso in cui l’attività rilevante riguardi la locazione di immobili la piattaforma sarà anche tenuta a raccogliere l’indirizzo di ubicazione degli stessi ed i relativi dati catastali, nonché il numero di giorni in cui l’immobile è stato locato nel periodo di riferimento e la sua tipologia.
Sotto un profilo pratico, i gestori delle piattaforme tenuti alla comunicazione delle informazioni sopra indicate dovranno essere registrati presso uno Stato membro e dovranno effettuare le loro comunicazioni alle autorità fiscali di tale Paese. A loro volta le amministrazioni fiscali competenti dovranno comunicare automaticamente i dati ricevuti alle autorità fiscali degli altri Stati membri interessati, in considerazione della residenza di ciascun venditore o dell’ubicazione dell’immobile in caso di locazioni.
Va necessariamente segnalato che gli obblighi introdotti dalla bozza di direttiva in commento si applicano sia alle piattaforme che dispongono di una presenza fisica nel territorio comunitario, sia a piattaforme che non ne dispongono. Il criterio di collegamento individuato dalla bozza di direttiva è, infatti, legato alla residenza dei Reportable Sellers all’interno dell’UE ovvero alla presenza degli immobili nel territorio comunitario, e non al luogo di stabilimento della piattaforma.
La bozza di direttiva prevede che gli Stati membri debbano procedere alla sua implementazione entro il 31 dicembre 2022 e che le disposizioni in essa previste divengano applicabili dal 1° gennaio 2023.
In conclusione, dunque, appare evidente il ruolo attribuito alle piattaforme al fine di migliorare la trasparenza delle operazioni on line e consentire un miglior contrasto dei fenomeni di potenziale evasione fiscale e di frode Iva in tali settori. Tale ruolo richiede alle piattaforme un notevole impegno al fine di implementare sistemi di adeguata verifica dell’identità degli utenti impegno che richiederà notevoli investimenti e che si contrappone al modello di business strutturato della “Digital economy”, sino ad ora basato su di un accesso libero da parte degli utenti del sistema, scevro da controlli relativi i soggetti operanti nel settore.