In Italia, nel mondo professionale, c’è un timore serpeggiante nei confronti di un qualche inasprimento delle imposte di successione. Secondo Cerrato e Allena non si tratta, però, di un rischio così imminente, perché “il gettito procurato sarebbe assai limitato rispetto a quello atteso”
Proprio perché l’imposta di successione è assai bassa rispetto agli altri Paesi europei, questo si traduce in un fattore di alta competitività per l’Italia sotto il profilo dell’attrattività di high net worth individual e di patrimoni
Ma entriamo più nel dettaglio dei singoli strumenti o enti.
1 – Il trust
“Nell’ultimo periodo, il trust è uscito da quell’aura di strumento straniero un po’ ignoto e borderline che aveva fino a poco tempo fa nel nostro Paese, e ha iniziato a essere concepito per quello che è, ossia uno strumento di protezione e trasmissione del patrimonio che serve per creare un’entità diversa rispetto al disponente”, ha spiegato Allena, precisando che “uno dei vantaggi è sicuramente la versatilità, perché il trust si può prestare agli utilizzi più diversi: dalla protezione di un minore o di un soggetto debole, alla trasmissione del patrimonio tout court, fino alla tutela dell’integrità aziendale, o ancora alla trasmissione di collezioni d’arte per evitarne la dispersione”. In pratica, questo veicolo ha un utilizzo a tutto campo.
“È veramente l’istituto a più ampia copertura, e, nello stesso tempo, non ha neanche vantaggi fiscali, tanto più in un Paese, come il nostro, nel quale l’imposta di successione è la più bassa tra i grandi Paesi europei”, ha aggiunto Allena.
Un tema tecnico riguarda proprio l’imposta sulle successioni e donazioni.
In Italia, da ormai diversi anni, c’è sempre un timore serpeggiante nel mondo professionale nei confronti di un qualche inasprimento delle imposte di successione. Secondo i due professionisti non si tratta, però, di un rischio così imminente, perché “il gettito procurato sarebbe assai limitato rispetto a quello atteso”. Va poi considerato che, rispetto agli altri Paesi europei, proprio perché in Italia l’imposta di successione è assai bassa, questo si traduce in un fattore di alta competitività per l’Italia sotto il profilo dell’attrattività di high net worth individual e di patrimoni.
“In una previsione dell’incremento delle aliquote nel lungo periodo, il trust è stato considerato da molti come un istituto idoneo a cristallizzare le aliquote attuali”, ha poi illustrato Cerrato, che ha spiegato che, fino a oggi, l’Agenzia delle Entrate ha sempre ritenuto che l’imposta di successione si paghi al momento dell’apporto degli asset nel trust (generalmente coincidente con la sua costituzione), e non quando c’è l’attribuzione al beneficiario.
Qualcosa però è cambiato, o sta cambiando. “Negli ultimissimi anni, la Cassazione ha assunto una posizione diametralmente opposta rispetto a quella dell’Agenzia delle Entrate, ritenendo che il momento dell’apporto non sia rilevante ai fini dell’imposta sulle donazioni, mentre l’evento che veramente manifesta una capacità contributiva ai fini del tributo sia quello successivo, della distribuzione ai beneficiari”, ha proseguito Cerrato. Il grosso punto di domanda allora è capire se e quando l’Agenzia delle Entrate cambierà ufficialmente posizione. In una risoluzione recente, infatti, l’Agenzia sembra aver recepito questo orientamento, e ora tutti si aspettano un “big bang” in cui dirà che d’ora in poi le uscite dal trust saranno tassate, mentre le entrate no.
Cambierà, di conseguenza, la filosofia di fondo di questo veicolo, perché lo strumento non si presterà più a una funzione di cristallizzazione delle aliquote, ma diventerà appealing per altri soggetti, ad esempio per coloro che fino ad ora erano stati frenati dall’idea di dover pagare subito l’imposta sulle donazioni. “L’unico deterrente che crea ancora un minimo di sospetto verso questo strumento è che, mentre la parte fiscale è ormai ben delineata, il trust è regolato da una legge estera sebbene riconoscibile in Italia al verificarsi di alcune condizioni fissate dalla Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985 sul trust. Questo significa che se, per esempio, dovesse esserci un contenzioso, il giudice italiano dovrà applicare una legge straniera”, hanno spiegato i due esperti.
2 – Il patto di famiglia
“Il patto di famiglia ha come fine ultimo la trasmissione del compendio aziendale, in modo da preservarne l’unicità. Questo strumento ha quindi un obiettivo ben preciso, evitare quel fenomeno di dispersione dei compendi aziendali, che si traduceva poi in liti nella gestione dell’azienda di famiglia”, ha indicato Allena, che ha spiegato che si tratta di uno strumento “fortemente incentivato dalla disciplina fiscale, perché consente – laddove si realizzino una serie di condizioni – l’esenzione totale delle imposte sui trasferimenti e prevede un accordo complessivo tra i potenziali eredi.”. Cerrato ha poi proseguito osservando che questa normativa, soprattutto quella fiscale, è stata favorita dall’Unione Europea, perché ci si era resi conto che in molti Paesi, tra cui l’Italia, in presenza di imposte di successione con aliquote rilevanti, si rischiava di smembrare il patrimonio imprenditoriale al verificarsi di un evento successorio, perché gli eredi dovevano spesso vendere l’azienda o pacchetti azionari rilevanti (se non la stessa maggioranza ), per pagare le imposte di successione.
3 – La società semplice
“La società semplice è uno strumento molto utilizzato, che il codice civile limita a un’attività di detenzione passiva dei beni e non a un’attività imprenditoriale”, ha spiegato Cerrato, precisando che può servire per detenere passivamente degli immobili, dei portafogli o anche delle catene societarie. “Dal punto di vista fiscale – ha poi aggiunto – è uno strumento completamente trasparente, quindi è come se non esistesse, ma il vantaggio (e quindi il motivo per cui è molto utilizzato) è che si presta a essere molto flessibile dal punto di vista dei patti tra i soci, consentendo di disciplinare situazioni che altri strumenti non sarebbero in grado di realizzare, salvo quanto si è detto prima sul trust”.
4 – Le fiduciarie
“Infine, c’è la fiduciaria, che è l’istituto più “anziano” di tutti; ha più di 80 anni e ormai è davvero radicato nell’ordinamento. Si dimostra molto flessibile, perché si presta oggi a utilizzi nuovi e inimmaginabili nei decenni precedenti”, ha detto Allena, soffermandosi proprio sulla versatilità del veicolo e prima ancora sulla riservatezza che lo stesso è capace di garantire. Ad esempio, può avere una finalità di tipo industriale o commerciale: in particolare, se un imprenditore che opera in un certo settore non vuole far sapere che investe in un altro comparto, può farlo attraverso una fiduciaria, la quale garantisce d’altra parte una totale compliance fiscale e normativa. “Affidarsi a una gestione professionale ha effetti benefici sia dal punto di vista della compliance fiscale, sia dal punto di vista della corretta gestione”, ha detto Allena, perché da una parte il fiduciante non deve più pensare a nulla, ed è sicuro che tutto verrà gestito bene al 100%, mentre dall’altro, in un Paese in cui l’educazione finanziaria è molto bassa, il fatto di affidarsi in maniera generale a un soggetto professionale non può che avere effetti positivi.
Tutti questi veicoli, e molto di più, verranno affrontati nel nuovo corso di alta formazione sulla “Protezione, trasmissione e gestione dei patrimoni familiari”, promosso dall’Università Cattolica del Sacro Cuore, Facoltà di Economia e Giurisprudenza, insieme a Step Italy, dedicato (previa iscrizione entro il 26 maggio), a giovani neolaureati, professionisti operanti nel settore civile e tributario, private banker, broker assicurativi e professionisti del mondo della filantropia e dell’arte.
Per informazioni sul programma completo si rinvia alla brochure digitale.